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Il futuro delle collezioni scientifiche

Dal nostro archivio di carta, già nel 1999 mettevamo a tacere l'infondato dubbio sull'utilità (o meno) delle collezioni scientifiche. Dubbio definitivamente sconfessato anche in tempi più recenti, a seguito dell'avvento della Pandemia

  • Giovanni B. Delmastro
  • Venerdì, 1 Ottobre 1999
Foto Pixabay Foto Pixabay

 

Con i tempi che corrono affrontare l'argomento "collezioni naturalistiche", in particolare quelle biologiche, potrebbe sembrare decisamente anacronistico o, peggio ancora, addirittura di cattivo gusto. A qualcuno (considero anche le persone un po' sprovvedute, e quelle decisamente faziose) il foglio d'erbario, la classica collezione di farfalle o l'esemplare impagliato potrebbero solamente evocare fatti che egli relega al tempo passato, in periodi bui e incivili in cui l'erba veniva sradicata dal sottobosco per pressarla tra fogli di carta assorbente, il retino imprigionava la farfalla, lo spillo infilzava il coleottero, lo sparo echeggiava nella valle, il tassidermista scuoiava e scarnificava nel suo laboratorio. 
Ritengo che il vero dramma sarebbe fermarsi a queste ed altre "orribili" visioni, senza riflettere sull'enorme ruolo che le collezioni naturalistiche hanno sin qui avuto nello studio e nella conoscenza della natura.

L'importanza delle collezioni scientifiche

Senza queste raccolte, e senza il presunto sacrificio di questi viventi, le nostre lacune conoscitive sarebbero enormi: gli esempi che potremmo citare per spiegare l'insostituibile loro funzione risulterebbero pressoché infiniti, ma qui non si vuole tanto provare l'importanza che ebbero nel passato, quanto ribadire con forza la loro attualità, e intuire l'eccezionale futuro che le attende. Mi preme subito sottolineare che la raccolta scientifica e la successiva conservazione di piante e animali non equivale assolutamente a un feroce, casuale e incondizionato sterminio di creature: questo lo producono ad esempio gli autoveicoli che corrono veloci sulle nostre strade, o le sostanze tossiche che immettiamo nei corsi d'acqua; l'entomologo, al contrario, sa perfettamente cosa, dove, quando e come sopprimere gli insetti che studierà, senza che questi corrano alcun rischio di subire pericolose diminuzioni o addirittura la scomparsa a causa della sua azione "predatrice". In altre parole, il prelievo che viene fatto dal ricercatore non è mai fatto casuale, ma deve sempre rispondere a certi inderogabili criteri, anche di carattere etico e conservazionistico.
E' pur vero che esiste un collezionismo fine a se stesso, che talvolta ha creato qualche problema alle specie più ambite e ricercate, ma che non va assolutamente confuso con le raccolte scientifiche, che sono ben altra cosa; le recenti normative internazionali, così come la rigida legislazione di molti paesi, sono state proprio promulgate per combattere i traffici di specie a rischio, e quindi anche il fenomeno del puro ed inutile collezionismo. Ieri come oggi le collezioni scientifiche di reperti naturalistici rappresentano il fondamento dei musei di storia naturale; ciascun campione, più o meno raro che sia, ha avuto una sua storia unica e irripetibile, che testimonia anche il lavoro di coloro che lo hanno raccolto, conservato e studiato. Anche le raccolte private, se munite di certi requisiti tecnici, verranno prima o poi acquisite dalle istituzioni pubbliche, contribuendo ad arricchire l'enorme patrimonio storico e scientifico custodito in questi enti.

Un archivio di biodiversità

Per la corretta conservazione di questi materiali facilmente deteriorabili, e soprattutto in riferimento alle collezioni storiche, sono necessarie grandi risorse umane, professionali e finanziarie; tutte queste attenzioni sono pienamente giustificate dal fatto che su questi preziosi oggetti si svolge, direttamente o indirettamente, tutta l'attività che il personale del museo ed altri ricercatori esterni producono, e che, in estrema sintesi, può essere ripartita nei tradizionali campi della divulgazione e della ricerca di base ed applicata. Negli spazi espositivi la gente può facilmente rendersi conto dell'uso delle collezioni nell'allestimento di mostre temporanee ed esposizioni permanenti, così come nelle aule e nei laboratori, dove studenti sono coinvolti nelle emozionanti esercitazioni pratiche. Durante la visita al museo molti di noi sono stati rapiti dai luccichio di un cristallo, dai colori di una farfalla tropicale o dalle strane forme di un pesce abissale; ben poche di queste persone avrebbero avuto la fortuna, o l'avranno, di goderne lo spettacolo nello scenario naturale. In genere il profano non può tuttavia immaginare l'enorme mole di lavoro specialistico che i ricercatori svolgono proprio sulle collezioni scientifiche, quelle che in genere non vengono mai esposte, ma che permettono ricerche di grande interesse, anche sotto l'aspetto applicativo. Infatti è con l'ausilio di ricche collezioni, vero e proprio archivio di biodiversità, che si possono effettuare confronti per dare un nome e collocare in un opportuno sistema di classificazione rocce, piante ed animali; le stesse sono in grado di documentare la realtà geo-logica, floristica e faunistica del territorio e i cambiamenti succedutisi nel tempo.

Consideriamo fra i tantissimi e più macroscopici esempi la ricca collezione di vertebrati custodita dai Museo Regionale di Torino: vi troviamo esemplari piemontesi di gipeto, gallo cedrone, lince e lupo, che testimoniano la regolare presenza di queste specie sulle Al-pi occidentali fino ai primi anni del 1900. Gli indispensabili dati di raccolta che devono sempre accompagnare il singolo campione favoriscono anche la costitu-zione di banche dati che permettono e stimolano lo svolgimento di nuove investigazioni, in natura come in laboratorio.
Questi archivi, meglio se informatizzati, permettono una conoscenza sempre più approfondita del nostro territorio e, da un punto di vista più pratico, assumono anche un ruolo di fondamentale importanza per la definizione e la difesa delle aree biologicamente più ricche. Da sempre le illustrazioni dei testi che consentono l'identificazione delle specie si basano in prima istanza proprio sugli esemplari conservati nei Musei, mentre questi ultimi rappresentano una eccezionale risorsa per le più raffinate e moderne tecniche di indagine, come lo studio del DNA; la ricerca sistematica si baserà sempre più spesso sull'analisi molecolare, ed è molto facile prevedere che la tanto discussa industria biotecnologica sarà tra i principali fruitori delle collezioni biologiche.

E' sorprendente constatare come nel corso del solo ultimo decennio in recenti raccolte di materiale proveniente dal Piemonte, una tra le regioni più studiate e conosciute, siano state individuate qualcosa come alcune decine di specie sconosciute alla scienza: certe sono già state descritte (ad esempio due specie fossili, un genere e una specie di Diplopode, un Pseudoscorpione, alcune farfalline legate agli ambienti alpini d'alta quota, insetti Coleotteri, Ditteri e Imenotteri), molte altre, ancora più numerose delle prime, attendono di essere ufficializzate con il loro battesimo su qualche rivista scientifica; questa è un ulteriore conferma della indiscutibile attualità delle collezioni naturalistiche.
Se questo accade nella realtà italiana, a maggior ragione coinvolge quegli organismi provenienti da regioni tropicali ed equatoriali: scienziati e istituti che si interessano di queste aree, dove si concentra la massima diversità biologica, ma dove da anni si stanno annientando le foreste pluviali con ritmo impressionante, lavorano freneticamente per conoscere le comunità vegetali ed animali prima che scompaiano per sempre. Già oggigiorno prestigiosi enti internazionali stanno realizzando numerose spedizioni in quelle terre lontane, e nel futuro più prossimo le raccolte non potranno che essere ulteriormente intensificate. I nostri figli non saranno certo consolati nel vedere che molte migliaia di specie non "sopravviveranno" che nei musei di storia naturale, ma almeno si avrà la percezione più esatta di ciò che siamo stati capaci di distruggere. E non è detto che in un fantascientifico futuro qualcuno non riesca a far rivivere questi esseri da un pelo o una piuma di un "orribile" e tanto detestato esemplare impagliato; certamente riuscirà a far germogliare i semi di moltissime piante rare o estinte in natura, che qualche tecnico sconosciuto sta tenendo con tanta cura nelle teche di certi orti botanici e musei naturalistici.

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