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Il mare dietro e dentro l'orizzonte

La conoscenza delle Langhe inizia attraverso la prosa e la poesia, e nel tempo si arricchisce di nuove scoperte.

  • Gianni Boschis
  • marzo 2012
  • Venerdì, 23 Marzo 2012



GEOLOGIA & TURISMO IN PROVINCIA DI CUNEO. Informazioni e materiali su: www.imeridiani.net/geologiaeturismocn/langhe.htm - la distribuzione delle guide geoturistiche, riservata alle scuole, è a cura della Provincia di Cuneo (assessorato alla Montagna). La Guida su Langhe e Roero è stata resa possibile grazie alla fondamentale collaborazione di Oreste Cavallo e Edmondo Bonelli a nome del Museo Eusebio di Alba, oltre che dalla prezioso lavoro redazionale e grafico di Erik Gillo e Pietro Pozza. Contributi di Giancarlo Carosso, Piero Damarco, Valentina Giorio, Donatella Murtas, Olga Scarsi; un sentito ricordo alla compianta collega dell'Associazione Italiana di Geologia & Turismo, Lucilia Gregori, autrice di un approfondimento su vini e paesaggi, recentemente scomparsa.

Bambini che si rincorrono fra filari di noccioli, che giocano spensierati, i grandi intenti a chiacchiere rese liete e più leggere da un bicchiere di vino. I miei primi ricordi delle Langhe sono legati ad una domenica d'estate di tanti anni fa, passata chissà su quale collina dalle parti di Alba, per me piccolo cittadino, sconfinato orizzonte dove lo sguardo poteva finalmente correre a perdita d'occhio, una volta tanto libero dai cortili chiusi e dal paesaggio artificiale di Torino. Eppure, anche se distratto dai nostri giochi, la cornice verde a volte dolcemente ondulata, a volte squarciata da ripide scarpate di quelle terre ha lasciato la sua immagine sulla pellicola della memoria: una immagine dai contorni sfumati, in bianco e nero, ma viva e ricca ancor oggi di suggestione. C'è voluto il liceo per comprendere meglio che quelle impressioni fotografiche avevano ispirato una generazione di scrittori: autori come Pavese, Fenoglio, Arpino o Revelli parlavano, con lo stesso cuore di quel bambino, il linguaggio universale di un'arte capace di raccontare l'estetica e la malinconia della "Langa", il mondo della loro infanzia o della lotta partigiana. La conoscenza di quelle terre, iniziata così attraverso la prosa e la poesia, nel tempo si è arricchita di nuove scoperte: ricordo con stupore quella delle prime conchiglie marine; ma come? A dispetto di quanto la geografia mi aveva insegnato, il Piemonte affondava le sue radici in fondali marini! Il dubbio che l'amore delle sue genti per l'acciuga risalga alle sue salmastre origini mi accompagna ancora ogni volta che raccolgo un pesciolino fossile, e non d'acqua dolce, dalle rive del Tanaro o sento parlare di Tersilla, la balenottera estratta dalle sabbie "astigiane" nel 19931. Un richiamo marino che riporta alla mente la poesia musicale di "Genova per noi", in cui Paolo Conte riassume la nostalgia, tutta tipicamente piemontese, di chi "sta in fondo alla campagna" per "quel mare scuro che si muove anche di notte e non sta fermo mai". D'altra parte, prima dell'avvento dell'autostrada, la via da Torino a Savona passava proprio attraverso queste colline, dove "il sole è un lampo giallo al parabrise". Ma la personalità di questo territorio non si esaurisce all'aspetto letterario e naturalistico: per Claude Raffestin2 "la produzione del paesaggio in quanto immagine della realtà materiale, sia sul piano artistico sia su quello scientifico, obbedisce a diverse teorie che si possono definire come programmi di osservazione" in cui il paesaggio prende forma dalla "relazione che gli uomini hanno con la realtà materiale". Noccioleti, boschi di castagni, filari di nobili viti, preziosi tartufi, terrazzamenti curati da generazioni di contadini, pietre di Langa e gessi divenuti costruzioni e stucchi rivelano l'intimità di questa terra con la sua gente. Il territorio a sud del Tanaro manifesta le caratteristiche di un vero e proprio "parco culturale", un paesaggio modellato dalla natura e curato dall'uomo, dal forte valore emozionale ed evocativo. "Con gli occhi di Fenoglio" Gian Luigi Beccaria3 scrive di "Langhe fantastiche, trasfigurate, Langhe d'estate, con il sole che scivola da una parte e la notte che si alza dall'altra, con il buio che s'incorpora con la terra punteggiata di «chiari», e cade come un coperchio su quel mondo ondulato; e Langhe d'inverno con la neve nelle vigne che hanno i pali imperfetti ancora di castagno". Ma che cos'è in ultima analisi che ha dato origine a questo paesaggio? Si, l'uomo ha certamente contribuito al suo sviluppo, ma il primato è ancora indiscutibilmente naturale: una torre sulla sommità di un bricco, una successione di terrazzamenti, il nastro di una strada sono geometrie che non hanno alterato più di tanto l'orizzonte collinare. A guardarle da lontano, le linee sinuose delle colline sembrano suggerire la superficie ondulata del mare ed i borghi rurali paiono zattere galleggianti qua e là fra le onde che cambiano colore a seconda delle stagioni. Impressioni "marine" che emergono, non meno vive al tramonto, dalla penna di Beppe Fenoglio "A seguire il dito di Tito, la base era un paese bizzarramente foggiato a barca antica fissato sulla cresta di una eccelsa collina come sul maroso d'un mare procelloso fermato d'un colpo. Una ragnatela di serali vapori avvolgeva, vagolando, le sue case spente, ora impigliandosi al campanile ora sfumante nel cielo iscurentesi".4 L'accostamento con il mare non è affatto inopportuno. Ed è la geologia a dimostrarlo. Il mosaico di colline che circonda la valle del Tanaro è sorto infatti dal mare "solo" qualche milione d'anni fa! Frutti di quelle terre, viti e tartufi affondano le loro radici nelle marne e nelle sabbie che sanno, per così dire, ancora di sale. Un territorio inedito le cui vicende geologiche sono state recentemente raccontate dalla guida geo-turistica pubblicata nell'ambito del progetto "Geologia e Turismo in Provincia di Cuneo" che dedica alle Langhe tre dei suoi itinerari5. Circa 30 milioni d'anni fa, Alpi ed Appennini, ancora in turbolente sollevamento, delimitavano un esteso braccio di mare: quell'area che un giorno si sarebbe chiamata Pianura Padana era in realtà un golfo che si estendeva sino a lambire lo sbocco delle vallate alpine piemontesi. All'epoca Pinerolo, Saluzzo, Borgo San Dalmazzo e Mondovì avrebbero disegnato i contorni di un'ampia costa attorno ad una insenatura, dal suggestivo nome di "Golfo di Cuneo", in via di sprofondamento per effetto dei movimenti tettonici alpini. Ciò che i geologi chiamano il "Paleo-Adriatico" era un mare sub-tropicale come attestato da alcuni sedimenti corallini della formazione di Molare, formata per lo più da conglomerati e sabbie marnose che andavano depositandosi lungo le sponde del mare. Curiosa testimonianza di questi sedimenti è il "Fungo di Piana Crixia" spettacolare scultura d'erosione della Valle Bormida. In successione stratigrafica, da questi terreni più antichi si passa verso l'alto a marne e sabbie distinte in diverse formazioni (Cortemilia, Lequio, Sant'Agata Fossili...) che "coprono" un periodo molto lungo che va da circa 28 a 6 milioni d'anni fa, durante il quale il Golfo di Cuneo andò approfondendosi sino a raggiungere profondità di oltre 1000 m. L'alternanza degli strati più fangosi (le marne) con quelli sabbiosi documenta ancor oggi l'instabile natura dei suoi ripidi fondali, ciclicamente percorsi da impressionanti frane sottomarine (torbiditi). L'itinerario di Rocchetta Belbo consente di apprezzarne le caratteristiche sedimentarie lungo il solitario vallone del Rio Annunziata, dove non è raro imbattersi in curiosi fossili di paleodictyon. Al piacere di una passeggiata nella natura, percorsi come questo aggiungono anche il gusto per i prodotti genuini della terra (come la pasta fatta in casa ed il dolcetto d'Alba), anch'essi riflesso indiretto della geologia (acque, terroir...), da gustare nella semplice e linda trattoria del paese. Gli strati sabbiosi, resi più compatti da un cemento calcareo, sono passati alla storia come "Pietra di Langa", ottimo materiale da costruzione. Cortemilia ed i suoi deliziosi dintorni (come il borgo di Bergolo o la Pieve romanica di Santa Maria) permettono al turista di conoscere più da vicino questa risorsa geologica divenuta arte e architettura. Oltre al richiamo di un ecomuseo dedicato proprio agli umili ma preziosi terrazzamenti, suggeriamo l'assaggio della torta di nocciole, dolce specialità di queste colline. In seguito il racconto geologico annovera una "data" importante: circa 6 milioni di anni fa, epoca alla quale risalgono i gessi del Messiniano, che rappresentano un momento cruciale per la storia del Mare Padano e dell'intero Mediterraneo. All'epoca grandi movimenti tettonici provocarono infatti la chiusura dello Stretto di Gibilterra. Le acque del Mediterraneo, non più alimentate dall'Atlantico, subirono una rapida e forte evaporazione, accentuata da un clima caldo e secco, oltre che da un insufficiente apporto dei fiumi. In poco tempo il mare si trasformò in un lago via via più modesto e ipersalino, sino a scomparire quasi del tutto, lasciando sugli antichi fondali estese bancate di cristalli di gesso e di salgemma. Anche il Piemonte fu interessato dal fenomeno: gli strati di gesso affiorano proprio nel Cuneese. Oltre che lungo il Tanaro (poco a valle del ponte di Pollenzo), in particolare, essi emergono nei dintorni di San Bartolomeo di Cherasco. L'itinerario dedicato a questo spettacolare affioramento si snoda sul versante ovest della Collina di La Morra, in un contesto decisamente enologico con versanti pettinati da fitti filari di viti di Nebbiolo da Barolo e di Dolcetto. Semiricoperti dalla vegetazione, i gessi formano un imponente bancata dalla quale si staccano talvolta alcuni bei cristalli della varietà selenite. Anche qui il percorso ci invita a far tappa in uno dei tenti ristoranti o enoteche della zona, in omaggio al forte legame fra queste terre ed i loro splendidi vini, gustoso riflesso minerale e microclimatico. Circa 5 milioni di anni fa (nel Pliocene) la riapertura dello Stretto di Gibilterra favorì un rapido ritorno del mare: fu così che riprese la sedimentazione di marne note come Argille Azzurre, diffuse soprattutto nel Roero e nell'Astigiano. A causa della progressiva riduzione di profondità (dovuta a movimenti tettonici come a ingenti apporti detritici esito dell'erosione alpina), alle argille si sostituiscono poi le Sabbie di Asti, depositi litoranei sempre molto fossiliferi, preludio del definitivo prosciugamento marino: basta attraversare il Tanaro per accorgersene. Il Roero è infatti sostanzialmente costituito da terreni più recenti delle Langhe, una sorta di "passato prossimo" di questa storia geologica. Come un grande archivio di dati, i suoi strati hanno registrato le ultime fasi di vita marina ed il progressivo passaggio a condizioni continentali: sotto l'effetto di grandi cicli di erosione - fra cui le imponenti glaciazioni pleistoceniche (a partire da 2 milioni d'anni fa) - il paesaggio iniziava così a modellarsi nelle forme attuali. La Pianura Padana andava prendendo il sopravvento, respingendo il mare verso Est, il Piemonte si lasciava definitivamente alle spalle un passato marino. Con una bella immagine, fra i primi interpreti di una scienza divulgativa e letteraria, il grande geologo piemontese Federico Sacco definiva strati e fossili, "le pagine e le lettere alfabetiche del grande libro alpino"6. Gli strati delle Langhe assomigliano molto a queste pagine. Ed è stato proprio attraverso la lettura anche di queste pagine che la scienza moderna ha potuto ricostruire le origini marine di quelle terre che oggi sanno di Barolo e Barbaresco.

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