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1613: Canelli

Nel mese di giugno a Canelli si rievoca la vittoriosa resistenza agli odiati assedianti monferrini. Una ghiotta occasione per fare un tuffo nel XVII secolo e per scoprire i buoni piatti della tradizione.

  • Mino Lodola
  • maggio 2012
  • Mercoledì, 23 Maggio 2012

Borghese e un poco snob con il suo castello marchionale, Canelli è indubbiamente la capitale italiana delle bollicine: 150 anni fa negli stabilimenti Gancia nasceva il primo spumante italiano La cittadina continua essere sede di storiche case vinicole non solo l'Asti-spumante ma molti altri prestigiosi vini piemontesi sono di casa. Città di commerci e di enologia guarda più ad Asti che alle vicine Langhe e la separazione è ancora più netta di quella sancita dal confine provinciale. I pochi chilometri dello stradone che da Santo Stefano lungo il Belbo portano a Canelli, sono anche un percorso di vita. Le colline si addolciscono e non hanno più la misteriosa ruvidità delle Langhe, i falò si spengono e i portafogli si gonfiano. Vista dalle alte colline Canelli è la porta del mondo ambita temuta e guardata con circospezione: "I caffè di Canelli non sono osterie, non si beve vino ma bibite", "un'altra cosa che sentii ... fu che a Canelli c'era una carrozza che usciva ogni tanto con sopra tre donne, anche quattro, e queste donne facevano una passeggiata per le strade, andavano fino alla stazione, a Sant'Anna, su e giù per lo stradone, e prendevano la bibita in diversi posti tutto questo per farsi vedere, ..."scrive Pavese. Durante la resistenza era un'altrove pericoloso popolato da repubblichini, tedeschi e spie. "Sopra Canelli il cielo si infiamma. La San Marco fa Capodanno: le mitraglie e le mitragliere hanno avuto un supplemento di traccianti. I cannoni 88 dei tedeschi fanno i botti dal castello Gancia. Il cielo è pieno di fuochi" (A. Balbo, Quando inglesi arrivare noi tutti morti). Anche la sua storia si discosta dalle terre circostanti, aderendo molto presto alla causa dei Savoia contro i monferrini. Preesistente all'anno 1000, Canelli fu dapprima feudo dei Conti di Acqui, poi nel 1235 si sottomise alla repubblica di Asti. Infeudata alle potenti famiglie astigiane degli Asinari e degli Scarampi, venne eretta in marchesato diventando presto un avamposto contro le mire espansionistiche del Monferrato Tra gli innumerevoli episodi bellici di cui fu teatro il più ricordato è l'assedio di Carlo Gonzaga. È il 1613: mentre le milizie savoiarde sono impegnate a Nizza della paglia, Canelli è attaccata dall'esercito monferrino. Carlo Emanuele I duca di Savoia, figlio di Emanuele Filiberto, il vincitore di San Quintino e il restauratore dei domini sabaudi, continua la politica espansionistica del padre (ci metterà molto impegno, ma i risultati saranno scarsi). Goloso di Monferrato, il cui marchesato era nell'orbita dei Gonzaga di Mantova, accasa la figlia Margherita con Francesco IV Gonzaga, da cui nasce Maria, unica figlia del Duca. Quando Francesco IV muore, Carlo Emanuele non esita a schierarsi in favore della nipote (infante) contro il fratello del defunto, Ferdinando. È la prima guerra di successione del Monferrato. Carlo Emanuele attacca e occupa Trino, Moncalvo, Alba e assedia Nizza. Canelli, avamposto savoiardo che controllava le importanti strade che conducevano al porto di Vada, è presidiata solamente da pochi miliziani. Ne approfitta Carlo Gonzaga di Nevers per tentare di occuparla. Dopo uno scontro nei campi sottostanti il castello, dove i difensori hanno la peggio, i monferrini si dispongono all'assedio confidando in una facile conquista del borgo nel giorno successivo. Dopo una notte di trepidante attesa ha luogo lo scontro decisivo. Le truppe savoiarde, che nel frattempo hanno ricevuto rinforzi, con l'aiuto della popolazione locale respingono gli assalitori e cacciano i nemici. Carlo Emanuele I, per premiare i popolani di Canelli, li esentò, con apposito decreto, dal pagamento delle tasse per trent'anni. L'aver avuto questo importante privilegio, forse più che la vittoria ha fatto sì che quel fatto d'arme, ignorato dai più, sia rimasto ben impresso nella memoria dei canellesi. Ecco allora in un momento in cui, visto il gran proliferare di gruppi in costume le rievocazioni più o meno storiche riscuotono un grande interesse a Canelli, andare in scena l'assedio del 1613. Manifestazione davvero spettacolare e coinvolgente. Quasi tremila figuranti si danno convegno nei due giorni della manifestazione. Battaglie, con gran fragore di cannoni e moschetti, scontri all'arma bianca e cariche di cavalleria, con sapiente regia e epici commenti. Tra un combattimento e l'altro le vie del paese e quelle che salgono al Castello si trasformano in un angolo di Piemonte di inizio Seicento. Antichi mestieri, e soprattutto la ventina di osterie e taverne in stile d'epoca e menù corrispondenti, allietano il visitatore che deve munirsi di un apposito lasciapassare, il "tiletto", se non vuol rischiare di essere arrestato e finire il week-end in prigione. Più che le opere d'arte (il castello, le chiese barocche S. Tommaso, S. Rocco, S. Leonardo) a intrigare il visitatore è la città che non vedi. Nel sottosuolo cittadino si trova un' estesa rete di cantine scavate nella tenero tufo locale, dove grazie a particolari condizioni si affinano vini e spumanti pregiati. I tunnel si snodano per chilometri sotto l'abitato cittadino, sprofondando a volte per più piani nelle viscere delle colline. Si tratta di veri capolavori di ingegneria costruttiva realizzati a partire dal XVI secolo, ma che hanno conosciuto il periodo di maggiore espansione tra Ottocento e Novecento con l'affermazione dell'enologia e dei vini canellesi. In questi ambienti ipogei, i maestri cantinieri compiono il rito del "remuage", ossia la rotazione a mano delle bottiglie per favorire la maturazione del vino e l'eliminazione dei depositi che si formano. Le cantine fanno parte integrante del progetto per il riconoscimento Unesco dei "paesaggi viticoli del sud-Piemonte". Il miglior colpo d'occhio sulla sterminata teoria delle vigne si può godere dalla Torre dei Contini in frazione S. Antonio. Dall'antica torre, a guardia un tempo dei confini comunali, una panoramica a 360° spazia dalle Alpi agli Apennini. Il vitigno che la fa padrona da queste parti è il Moscato bianco di Canelli, di origini antichissime. Lo conoscevano già i romani, delicato e intensamente aromatico, dalla cui spremitura ogni anno si ricavano alcune decine di milioni di bottiglie di Asti spumante e di Moscato naturale d'Asti. La coltura della vite ebbe un forte impulso a partire dal XIII secolo, quando la coltivazione del moscato andò affermandosi. Già tra il XVII e il XVIII secolo Canelli esportava annualmente 20.000 brente (cioè 10.000 ettolitri). Aderendo all'iniziativa del Comune, sono numerose le aziende agricole sparse e nel dedalo delle colline che si possono visitare e dove si possono degustare i prodotti di questa terra unica. Le cantine, quelle cittadine, sono aperte per degustazioni e visite il terzo fine settimana di maggio, giugno e ottobre, il terzo e il quarto di settembre, il secondo e terzo di novembre.

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