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Specchio, specchio delle mie brame…

Per 83 giorni d’inverno il sole a Viganella non si vede, ma grazie all’intraprendenza dei suoi amministratori e a un grande specchio piazzato in alto sulla montagna, la piazza del paese può godere della luce riflessa

  • Gian Franco Midali
  • dicembre 2010
  • Venerdì, 3 Dicembre 2010

La cosa che più colpisce l’occhio del visitatore che giunge a Viganella, è la bellezza del suo centro storico, aggrappato a un dosso roccioso compreso tra due piccoli corsi d’acqua, non ancora contaminato da interventi edilizi in odore di modernità. Uno dei rii sopracitati forma una cascata, con quattro salti d’acqua che in alcuni periodi dell’anno offre uno spettacolo degno di nota, dove oggi si pratica il canyoning. Fino all’inizio dell’Ottocento questo territorio era denominato semplicemente “Comune di Mezza Valle”, e solo recentemente ha assunto la denominazione di Viganella, che per alcuni è toponimo che sta a indicare il pascolo del vicinale, per altri proviene dall’antico appellativo “Ulcanella” per la presenza dei numerosi forni fusori per la lavorazione del ferro, simili a piccoli vulcani, attivi sul territorio. L’architettura rurale è, infatti, tipica di una comunità di minatori, carbonai e fabbri, e le origini della storia del ferro in Piemonte non possono prescindere dalla storia di questa comunità, come precisato nel documento che risale al 21 luglio 1217 conservato nell’archivio storico di Torino. Espressiva anche la definizione “Squadra del Forno Ossola Superiore” presente sulle mappe Teresiane del 1722, riferita alle frazioni Prato, Porta, Trezo Fuori, Ruginenta e Isella, che stabiliva con inequivocabile precisione una delle più antiche sedi di lavorazione del ferro nell’Ossola in epoca antica. Un altro documento, che risale al 1291, certifica che i valichi alpini erano sicuramente più frequentati e percorribili rispetto ai giorni nostri, ed erano percorsi non solo da pastori e da greggi, ma anche da minatori e mercanti. La Valle Antrona divenne così un importante centro minerario e lo rimase fino al secondo dopoguerra, grazie all’attività del fabbro ferraio Pietro Maria Ceretti che continuò l’antica attività estrattiva utilizzando il minerale nelle fabbriche di sua proprietà, costruite a Villadossola. Nel 1921 una piena del Torrente Ovesca disseppelliva nei pressi dell’antico abitato d’Isella un altoforno e un maglio, e nel 1967 i resti di uno splendido crogiuolo rinvenuto a Porta furono portati a Villadossola davanti alla nuova Chiesa divenendo il “monumento al lavoro” inaugurato alla presenza dell’allora onorevole Aldo Moro. La chiesa parrocchiale dedicata a Maria Nascente del 1614 è senza dubbio l’edificio storico di maggior interesse, al cui interno sono presenti sculture e pitture di pregio tra le quali spiccano le opere di Giulio e Paolo Guaglio, Giuseppe Mattia Borgnis e Giacomo Del Zoppo. Di notevole rilevanza anche l’edificio storico denominato “Casa Vanni”, con il pregevole colonnato seicentesco, l’antica torretta medievale, la “casa forte” del XVI secolo, cappelle e oratori sparsi qua e là lungo tutto il territorio e ancora fontane in sasso, ponti romanici in pietra, forni, macine, frantoio per la spremitura delle noci, incisioni rupestri e le famose cisterne della Colma. Degna di nota anche l’archeologia, che riporta le origini di Viganella in epoca lontanissima grazie alla presenza sul territorio di nicchie e grotte a falsa cupola risalenti al megalitico, simili a quelle rinvenute a Varchignoli, e una necropoli romana nella frazione Rivera dove furono rinvenute olpe e coppe in terracotta e monete bronzee risalenti al 156 d.C. In tempi moderni, Viganella è diventata famosa per la costruzione dello specchio solare, capace di riflettere sul centro storico i raggi del sole durante il periodo invernale, quando per effetto di una dorsale alpina questi non raggiungono il territorio comunale. Simpatica la coincidenza dell’assenza di sole con due date del calendario Gregoriano, che ha reso più affascinante la storia del sole riconquistato. Il sole illumina infatti Viganella per l’ultima volta l’11 novembre, il giorno dell’estate di San Martino, e vi ritorna solamente il 2 febbraio, festa della Candelora. Ottantatré lunghi giorni di buio invernale al quale hanno posto rimedio due amici ferrovieri, un Capo deposito laureato in architettura, e un Macchinista eletto Sindaco del paese. Un progetto che ha entusiasmato l’opinione pubblica mondiale per l’originalità e l’innovazione, e che ha consentito al piccolo paese di balzare agli onori della cronaca. Quaranta metri quadrati d’acciaio traslucido, issati sul versante nord della montagna, all’alpe Scagiola, azionati da un sistema oleodinamico computerizzato in grado di seguire il movimento della terra attorno al sole, di catturare i raggi di quest’ultimo e di “bloccarli” sulla piazza del paese per un periodo di sei-otto ore giornaliere. Un miracolo moderno frutto della tecnologia abbinata al calcolo astronomico. Nel piccolo paese della Valle Antrona, per celebrare l’avvenimento sono salite le più importanti televisioni nazionali e internazionali. Simpatico anche il gemellaggio che ha unito Viganella alla città di Huelva in Andalusia, e che ha fatto fiorire il turismo tra due località apparentemente lontane. Tra le tradizioni più belle della comunità di Viganella, vi è senza dubbio “la Candelora”, che si celebra ogni anno il 2 febbraio per celebrare il ritorno della luce. In quel giorno, infatti, tutti gli abitanti del luogo, a titolo di ringraziamento, dopo la lunga assenza solare invernale, portano solennemente in chiesa la “Pescia”, un abete carico di doni nel corso di una festa dalle chiare origini pagane, ma molto significativa e folcloristca. Un’altra tradizione della comunità che merita di essere ricordata, è l’Autani dell’Alpe Cavallo, che si celebra la prima domenica d’agosto. Si tratta di una processione alpina d’origine antichissima, che partendo dal centro del paese raggiunge l’alpeggio – zona di monticazione estiva denominato “Cavallo” per la caratteristica forma che assomiglia a un equino – attraversando quasi totalmente il territorio comunale. Una processione propiziatoria, lunga diverse ore di cammino intercalato da canti e giaculatorie, secondo un preciso rituale dalle origini agro pastorali e precristiane. La parola “Autani” altro non è che una corruzione dialettale della parola “litanie”, in pratica le stesse invocazioni e preghiere che si cantano durante il percorso. Nel panorama alpino si trovano testimonianze di queste camminate rituali un po’ ovunque in tutte le vallate, dal Piemonte al Trentino Alto Adige. Di quella di Viganella troviamo le prime tracce scritte nell’archivio parrocchiale del Seicento, dove già si fa riferimento a tradizioni del passato, a testimonianza di come le sue origini si perdano nel tempo. Dai documenti antichi si desume come gli abitanti fossero quasi tenuti ad attraversare in processione gli alpeggi del comune per invocare l’intercessione divina sulla campagna, i raccolti, la riproduzione del bestiame, e per scongiurare le calamità naturali. La particolarità che rende esclusiva l’Autani dell’Alpe Cavallo rispetto a tutte le altre processioni di questo tipo, è rappresentata dal fatto che dal 1945, l’anno della Liberazione e della fine della Seconda guerra mondiale, è l’unica che ai tradizionali motivi propiziatori ha affiancato momenti di particolare ricordo per i partigiani, le vittime di guerra della Valle Antrona, celebrando i valori di libertà di democrazia e di pace scaturiti alla Resistenza. Giova ancora ricordare come le frazioni alte Bordo e Cheggio, immerse nel verde del bosco, siano divenute luogo di meditazione per un gruppo mitteleuropeo appartenente alla religione buddista.Info utili: Centro d’osservazione del territorio di Viganella. Tel. 0324 56002 oppure 3357654386. Sono altresì consultabili i sitiwww.comune.viganella.vb.it;www.casavanniviganella.it

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