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Mons Fortis Sulle tracce dei ‘puri’

Un enigma irrisolto nelle terre della Bassa Langa, sepolto nell'oscurità del Basso Medioevo...

  • Matteo marasco
  • agosto 2014
  • Mercoledì, 1 Settembre 2010

Monforte, a 528 m s.l.m. in cima a una collina non lontano da Alba, è comunemente ricordato per la sua gastronomia e per far parte di quel ristretto gruppo di comuni da cui proviene il "re dei vini", il prezioso Barolo. Ma curiosando in modo un po' più indiscreto scopriremmo che segretamente Monforte è coinvolto in un mistero, una storia che non è affatto leggenda ma cronaca antica, che risale ai tempi in cui i dolci pendii delle Langhe non erano certo conosciuti per le vigne e i noccioleti, ma coperti di boschi, attraversati da sentieri poco sicuri, territori ostili e scarsamente popolati: "deserta langarum"per l' appunto. Dopo l'ultima curva della strada provinciale, prima che appaia il campanile della Chiesa di Sant'Agostino, abituati a tanti altri paesi di Langa non ci sorprenderebbe scorgere in cima alla collina arroccato sulla sommità della sua parte vecchia la cupa presenza di un castello da difesa. Il castello una volta c'era per davvero come raccontano le cronache, ora però è scomparso senza lasciare evidenti tracce. Probabilmente, date le misure limitate della piazzetta di Monforte Alta, un solo torrione a base quadrata che guarda verso sud e verso Dogliani, avrebbe testimoniato la necessità, in quei secoli bui, di preparasi alle invasioni saracene che arrivavano dal mare. Eppure, i drammatici assedi che ne hanno portato alla distruzione e che dimostrano con quanto timore fosse percepita la sua presenza, non vedono coinvolti né i pirati, né i mori. L'antica e documentata esistenza di signori feudali - segnalata oltretutto dall'origine del toponimo Mons Fortis, villaggio fortificato in cima ad un monte - è indissolubilmente legata ai Càtari (dal greco katharòs, puro) o meglio ai protocàtari, così come verrebbero definiti da alcuni storici. Si tratta degli antesignani di quelle comunità eretiche che nei due secoli successivi fecero proseliti in molte zone d'Europa e che nella Francia meridionale, dove la cultura trovadorica aveva predisposto genti e signori a una visione più pacata e poetica della vita, trovò la sua terra di elezione. Ma si sa, mettere in discussione l'ordine costituito può essere pericoloso. Così che i re di Francia, desiderosi di impadronirsi delle ricche e troppo disinvolte terre d'occitania, appoggiarono incondizionatamente la Crociata voluta da Innocenzo III (XIII secolo) e condotta dalle truppe francesi al comando di Simone di Monfort che portò agli assedi delle città di Béziers nel 1209 e di Tolosa, conclusisi con feroci massacri. In proposito giova ricordare l'anedotto secondo il quale alla domanda dei suoi ufficiali su come si potesse distinguere tra i prigionieri un eretico da un buon cristiano, il Monfort rispondesse di ucciderli comunque tutti perché a distinguere i Suoi dagli Altri ci avrebbe pensato dio. Con la presa di Montségur, nido d'aquila nell'Ariège (Pirenei francesi) e il rogo di oltre 200 catari nel 1244, l'eresia iniziò a declinare fino a essere completamente estirpata. Mentre nel Languedoc l'integrazione nel contesto sociale dei Càtari − altrimenti conosciuti come Albigesi (dalla città di Albì dove erano particolarmente numerosi) − fu più capillare, e interessò città e province intere, quello attestato a Monforte è più limitato, e si tratterebbe comunque del primo caso di persecuzione perpetrata dalla Chiesa per motivi religiosi, quando l'idea di crociata era ancora lontana e la macchina dell'Inquisizione non ancora predisposta. Per quanto ci riguarda le scarne cronache raccontano di come negli anni '20 intorno al 'Mille Mons Fortis appartenesse alla diocesi di Asti. Gli abitanti del borgo, dai contadini alla principessa, non erano sudditi comuni, e per questo motivo, forse solo apparente, attirarono l'attenzione dei signori di Asti, che tentarono più volte e senza successo di espugnare la fortezza. Fu Ariberto d'Intimiano, Arcivescovo di Milano, con il proprio esercito a devastare il castello, deportare gli eretici prigionieri a Milano e dopo il processo per eresia a bruciarli sul rogo nei pressi di un quartiere che ancora oggi porta le tracce dello sterminio nel nome di Corso Monforte e di Borgo Monforte. Il catarismo è un movimento eretico che partendo dal cristianesimo lo rielabora in senso fortemente dualista e costituisce una propria chiesa alternativa con propri vescovi e un unico sacramento, il consolamentum, che i perfetti, i ministri della comunità, dispensavano con l'imposizione delle mani solamente al momento prossimo al trapasso. Molti fedeli si abbandonavano all'"enduro", la morte per inedia, con la quale si distaccavano dal mondo materiale corrotto, per raggiungere il dio buono spirituale. I catari pur definendosi a modo loro cristiani, non si riconoscevano nel Pontefice di Roma ed erano vegetariani. I lunghi digiuni e la castità assoluta (la riproduzione era esecrata) erano richiesti però solo ai perfetti, l'élite spirituale, mentre i semplici fedeli, vivevano in condizioni di normalità. Colpisce come al tempo, essendo l'eresia càtara ancora praticamente sconosciuta e poco diffusa, non rappresentando quindi un pericolo e una minaccia come sarà nei secoli successivi per la Chiesa di Roma, Alrico, Vescovo di Asti, e Ariberto si siano prodigati a cancellarne ogni traccia. Quello di Monforte è comunque un "caso" considerato periferico e sinora poco studiato, che attende ancora una risposta definitiva. Dalla piazza del paese, seguendo le indicazioni, si può salire tra le viuzze della parte vecchia di Monforte con le case aggrappate alla collina sino alla sommità della stessa. Dopo un tortuoso percorso che attraversa la piazzetta della "Saracca" (dove un tempo si aprivano botteghe) e laboratori artigianali segnalati con la croce catara, attraverso un basso passaggio si raggiunge la spianata sommitale dove presumibilmente si trovava il castello e dove i catari si rifugiarono per resistere alle soldataglie vescovili. Da qualche parte, sotto l'anfiteatro o il campanile, è possibile ci siano ancora i ruderi dell'antico castello. Il piccolo anfiteatro ha un'acustica perfetta ed è utilizzato nel periodo estivo per rassegne musicali e proiezioni cinematografiche. Nella cartoleria del paese si può acquistare per pochi euro una mappa dei "Sette sentieri catari per Monforte" contenente dettagliate descrizioni e tutte le informazioni per visitare il paese e i suoi dintorni. Attenzione: i sentieri sono segnalati ma in qualche caso hanno subito delle variazioni e non sempre è facile seguirli.

I castelli dei Catari
Monforte non è il solo paese del Piemonte a conservare memoria e a fare riproposta storica della presenza dell'eresia catara, anche Roccavione organizza una sua manifestazione. Dal paese della Val Vermenagna, luogo di transito dei fuggiaschi provenienti dal sud della Francia, sarebbe partito il leggendario Marcus, il primo vescovo della chiesa càtara italiana che partecipò al Concilio di Saint Félix de Lauragais. Dove però sono più forti la memoria e le testimonianze del catarismo è nel sud della Francia. Il giro dei Castelli Catari, saggiamente promosso è diventato uno dei più frequentati e interessanti percorsi turistici del "midì". Queribus, Peyrafurada, Montsegur... Visite non sempre banali perché talvolta bisogna come gli eretici di un tempo salire a piedi in cima alle montagne.


Per saperne di più
M. Rosso, Il castello dei Catari, Araba Fenice, Boves, 2003
D. Garelli, I Càtari di Monforte, edizione a cura del Comune, 1975
J. Roux-Perino, A. Brenon, Les Cathares, Msm, Vic-en-Bigorre, 2000
D. Bosca, I paesi senza storia – costume e vita medioevale nella langa contadina, Ediz. Gribaudo, Cavallermaggiore, 1981

AlMo

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