Stampa questa pagina

Il Grande Masso

I ghiacciai del quaternario, nella fase di massima espansione, sono scesi sino alle porte di Torino lasciando a testimonianza di quei lontani eventi geologici innumerevoli massi erratici

  • Aldo Molino
  • aprile 2015
  • Martedì, 7 Aprile 2015
il masso Gastaldi foto A.Molino il masso Gastaldi foto A.Molino

Ai margini del centro storico di Pianezza, importante cittadina della conurbazione torinese si trova uno dei più grandi e enigmatici massi erratici tra quelli trasportati dall' enorme ghiacciaio che a partire da 400.000 anni fa (Mindel) sino all'ultima delle glaciazioni quaternarie 10.000 anni indietro (Wurm) occupava, con spessori che arrivarono anche a 600 metri, l'intera Valle di Susa.
La "Pera Mora" , pietra scura era chiamata dai pianezzesi quel fastidioso affioramento roccioso, battezzato più tardi, e oggi così conosciuto, "Masso Gastaldi", in onore del grande geologo e naturalista che per primo ne intuì e teorizzò l'origine. Luogo di culto pagano, successivamente cristianizzato con la costruzione sulla cima di una cappella dedicata a San Michele Arcangelo, negli anni del boom edilizio molto materiali e poco spirituali, troppo grande per essere demolito, è stato letteralmente soffocato dalle urbanizzazioni che arrivano addirittura ad inglobarne una parte e che di fatto impediscono di individuarne la presenza se non quando ci sei sotto. Un monumento geologico unico nel suo genere che meriterebbe invece altra attenzione e maggiore valorizzazione. Fortunatamente ad occuparsene e la sezione CAI di Pianezza, che cura le visite, la manutenzione e la palestra di roccia attrezzata per le scuole, realizzata sulla faccia più alpinistica alta una quindicina di metri.
Alla cima si accede percorrendo una scalinata (chiusa da cancello) scavata nella roccia che si arrampica alla spianata sommitale. Lo stesso percorso utilizzato molto probabilmente da Amedeo II di Savoia e da suo cugino il Principe Eugenio comandante delle truppe austriache la vigilia della grande battaglia di Torino che pose fine dopo 114 giorni all'assedio francese del 1706.
Dell'antica cappella non resta che un tempietto sconsacrato ricostruito dopo la rovina della precedente chiesetta, il panorama si estende a tutta l'area Ovest della conurbazione torinese, interessante la flora rupicola in parte spontanea in parte residuo di un pregresso giardino roccioso.
Il "Roc" è un blocco di eufotide, roccia basaltica intrusiva, distaccatosi e precipitato sul ghiacciaio che lo ha trasportato dalle ultime pendici della valle di Susa. Il masso misura 26 metri di lunghezza , 16 di larghezza e 14 in altezza. Ha un perimetro di 65 metri e un volume di duemila metri cubi.
La sua importanza sta nel fatto di essere stato al centro della disputa accademica a metà dell'ottocento circa l'origine del dei massi erratici. C'era chi postulava teorie scomodando nientemeno Noè, ( i diluvionisti), chi propendeva fossero stati i torrenti impetuosi a operare il trasporto (torrentisti), chi infine intuì correttamente osservando quanto continuava a succedere sulle montagne che il responsabile dovesse essere l'antico ghiacciaio (in particolare Bartolomeo Gastaldi). La disputa tra il Prof. Angelo Sismonda rappresentante della geologia ufficiale e il Gastaldi vide infine pienamente riconosciute (Sismonda non le volle comunque mai accettare) le teorie di quest'ultimo. Poco dopo la sua scomparsa il masso gli venne ufficialmente intitolato con una solenne cerimonia il 21 dicembre 1884.

Accesso:
Il masso lo si raggiunge a piedi in pochi minuti dal centro di Pianezza seguendo le indicazioni o percorrendo via Maiolo o via Gariglietti. Per accedere alla cima ci si può rivolgere alla Sezione CAI di Pianezza o all'Ufficio Cultura del comune tel.011.9670204. In autobus da Torino la linea GTT è la 32

 

Potrebbe interessarti anche...

I parchi piemontesi, oltre a una natura incontaminata, offrono importanti testimonianze storiche ...
Il Lago Pistono, immerso nella cornice della Serra di Ivrea, già meta di itinerari natur ...
Si è conclusa la nona campagna di scavi archeologici sul Monte Fenera (Borgosesia). Le r ...

Dai siti megalitici alle vestigia romane del Piccolo San Bernardo