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La ronda degli avvoltoi sulla Val di Susa

Il territorio protetto dall'Ente di gestione delle Aree naturali delle Alpi Cozie visto dal cielo, grazie alla perlustrazione di un avvoltoio. 

  • Luca Giunti
  • Ottobre 2020
Martedì, 15 Settembre 2020
Brunetta di Susa | Foto di un drone Brunetta di Susa | Foto di un drone

Da qualche anno le montagne piemontesi si sono arricchite di nuovi animali: gli avvoltoi. Nuovi significa che sono tornati dopo quasi un secolo di assenza provocata dallo sterminio causato dall'uomo. Il miglioramento delle condizioni ambientali, la maggior disponibilità di carcasse, i progetti internazionali di reintroduzione hanno permesso la loro diffusione al di qua e al di là delle Alpi. Proprio il tema dei confini può essere affrontato, anche storicamente, usando le loro grandi ali. La loro abilità di veleggiare permette di perlustrare territori vastissimi con poca fatica.

Un gipeto, un grifone, talvolta il più raro avvoltoio monaco che, provenendo da ovest, si affacciassero alle alte Valli Chisone e Susa e decidessero di esplorarle seguendone le creste, sorvolerebbero tante testimonianze di confini antichi e di moderne aree protette.

Per quattro secoli i territori su cui insistono i Parchi Val Troncea, Gran Bosco e Orsiera-Rocciavré hanno assistito alla costruzione e alla distruzione di fortificazioni. Opere sempre più robuste man mano che aumentava la potenza delle armi da fuoco, anche se la maggior parte è rappresentata da manufatti modesti: muretti, terrapieni o palizzate situati in punti strategici e suggestivi, quali colli, creste e valichi di alta montagna. Dentro la protezione regionale è compreso anche il più grande complesso mai costruito sulle Alpi: il Forte di Fenestrelle. Insieme al Forte di Exilles e alla Brunetta di Susa aveva il compito di sbarrare la via a eventuali truppe francesi dirette su Torino e il Piemonte da valichi del Monginevro e del Moncenisio. Fino al 1713 l'Alta Valle Susa e la Valle Chisone facevano parte del Regno di Francia, mentre la Bassa Valle di Susa, la Val Cenischia e la Val Sangone erano territorio dei Savoia. Sono trascorsi 300 anni eppure le differenze si rivelano ancora oggi nel dialetto, nei particolari delle architetture, nella fede religiosa.

In perlustrazione

Il nostro avvoltoio scavalca le casermette della Valle del Fréjus, di Pian delle Stelle, del Gran Vallone sopra Rochemolles, della Pelouse, della cima del Monte Jafferau, la tornantosa strada della Melmise e il Forte Bramafam posto a vigilare Bardonecchia, poi si affaccia sui vasti pianori attraversati dalla strada militare dell'Assietta. Sorvola la Batteria Gran Costa, costruita ai tempi della Triplice Alleanza (1882) mentre altri trinceramenti a forma di stella risalgono alla prima metà del 1700. Della stessa epoca è la batteria del Gran Serin. Si tratta di una postazione per cannoni riparata da un terrapieno con relative opere accessorie (polveriera, ricoveri, magazzini), munita di fossati e feritoie per poter essere difesa da un eventuale attacco di fanteria. Oggi ospita un pastore e le sue greggi.

Poco lontano vede un grande casermaggio che serviva da ricovero alle truppe e ai servizi. Le opere più recenti si sovrappongono a quelle più antiche cancellandone talvolta del tutto le tracce. Accade soprattutto nei luoghi che si prestano particolarmente a essere fortificati per le loro caratteristiche naturali (creste, valichi, speroni rocciosi, ecc.). Procedendo verso est incontra la Cima delle Vallette, isolata tra due valichi in altri tempi transitabili con bestie da soma. Da qui segue lo spettacolare percorso di cresta della strada militare che collegava il Colle delle Finestre al Gran Serin, un'opera di ingegneria ammirevole, con pendenze costanti, attraversamenti per le acque, pietre miliari dalla calligrafia perfetta. Seguendola scopre, vicino alla punta Mezzodì, un edificio particolare: la stazione del telegrafo ottico, centro di una rete visiva che permetteva di comunicare con l'intero complesso dei forti, dal Pampalù al Moncenisio, dal Serre Marie al Col Clapier. Oggi la strada, chiusa al transito motorizzato, è diventata una comoda passeggiata panoramica. Purtroppo la scarsa manutenzione favorisce qualche smottamento che costringe i numerosi escursionisti a deviazioni antipatiche.

Un po' di riposo...

Al Colle delle Finestre l'avvoltoio si riposa un poco sul forte situato su un rialzo roccioso con la facciata rivolta verso la Valle di Susa. I suoi muri robusti non sono altro,ormai, che pareti rocciose ricche di ripari e anfratti. Molti uccelli hanno trovato in questo e in altri forti un luogo quieto e sicuro per nidificare. Oltre all'armamento leggero possedeva due bocche da fuoco situate in torrette metalliche che potevano essere abbassate sotto il livello del terreno. Il Forte attuale, come si può facilmente desumere dall'impiego del calcestruzzo, è abbastanza recente (1891), ma sorge su un rialzo del terreno fortificato da secoli. La piazzola dell'artiglieria mobile è oggi nascosta da una moderna via crucis di dubbio gusto che ricorda l'impresa del ciclista Danilo Di Luca che scollinò per primo durante il Giro d'Italia del 2005. Segni più evidenti rimangono sulla cresta che sale verso il Monte Pintas, collegato fin dal 1700 con un sistema ininterrotto di trinceramenti visibili con luce radente perché il loro profilo è stato ricoperto dalla cotica erbosa. A queste opere, in epoche diverse, hanno lavorato migliaia di uomini, reclutate in un primo tempo tra le milizie paesane e in seguito dal Regio Esercito. Uomini che talora hanno inciso la roccia con nomi e date nelle pause di un lavoro faticoso fatto di badile, piccone, tante carriole e zaini pesanti.

Il nostro amico riprende il volo verso est e si inoltra nel cuore del massiccio dell'Orsiera. La cresta, fino a qui lineare e poco aspra, si spezza ora in mille conche, forcelle, valichi separati da cime rocciose. Il Colle dell'Orsiera era, nei tempi in cui non esistevano i motori, un'importante via di transito tra Valle di Susa e Val Chisone. Vi corre un muro in pietra alto circa un metro e spesso altrettanto, lungo 350 m con punte e rientranze che seguono la morfologia del terreno. È citato già alla fine del 1500, ma è stato ricostruito in epoca più recente come protezione da eventuali attacchi che sarebbero potuti avvenire, da monte, al Forte di Fenestrelle. Ancora più a est si trova il Colle del Sabbione, una ampia sella pianeggiante. Antichi documenti testimoniano una fortificazione come quella precedente della quale oggi non rimane traccia. Non ci sono fortificazioni, invece, nei pressi del Monte Rocciavré in quanto, come per la zona del Monte Orsiera, le cLe Arreste rocciose e impervie bastavano a precludere il passaggio delle truppe ed era sufficiente una piccola guarnigione di sentinelle.

Dal Monte Robinet lo spartiacque non segna più il confine tra la Val Susa e la Val Chisone, ma tra quest'ultima e la Val Sangone. Per tutto il tratto in cui la cresta punta a sud verso il Lago Rouen le asperità naturali sostituiscono le fortificazioni, ma, appena si abbassa per affacciarsi al Colle della Roussa, ricominciano gli interventi dell'uomo. Si tratta infatti di un'ampia sella attraversata da una comoda mulattiera che andava in qualche modo difesa. Oggi gli escursionisti vedono solo la cappelletta votiva, ma all'occhio acuto dell'avvoltoio non sfuggono, su un rialzo del terreno, i resti di una ridotta con muri in pietra a secco e alcune trincee. Il punto principale di difesa del colle si trova però più in basso, verso la Val Sangone. Si tratta del Forte di San Moritio edificato nel 1626 su una altura che domina tutto il vallone. Il corpo centrale con forma a stella è costituito da terrapieni ai quali erano appoggiati i ricoveri. Esternamente si rinvengono i resti di muri a secco dal caratteristico andamento a linea spezzata.

Davanti al nostro amico si apre ormai la pianura di Torino, oltre le colline moreniche di Giaveno, di Rivoli e dei Laghi di Avigliana (il quarto Parco Naturale delle Alpi Cozie). Il suo volo pacifico sulle opere della guerra infinita degli uomini e della storia finisce qui. Gira due volte lentamente, sale di quota, prende una termica e inverte la rotta. Se potesse riflettere, certamente scrollerebbe la testa pensando a tanto ingegno e a tanta stupidità umana.

Maggiori informazioni sul sito del Parchi delle Alpi Cozie e in particolare nei calendari del 1994 e del 2001, disponibili liberamente a questo link: https://www.parchialpicozie.it/page/view/calendari/ 

 

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