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Sci e biodiversità

  • Claudia Bordese
  • luglio 2010
  • Sabato, 3 Luglio 2010

Tutte le forme di trasporto che utilizziamo, su gomma o su rotaia, per mare o per via aerea, non sono una dotazione della nostra specie ma un frutto delle nostre capacità intellettuali e tecnologiche, che ci hanno permesso di migliorare i nostri spostamenti fin dalla realizzazione delle prime piroghe. Questa condizione di viaggiatori privilegiati non deve però farci dimenticare che ogni qualvolta marchiamo il territorio con un nuovo tracciato, creiamo un ostacolo a tutte quelle specie animali obbligate dall'evoluzione a far affidamento unicamente sulle loro zampe. E se binari ferroviari e reti autostradali sono un ben noto fattore di disagio e morte per numerose specie di vertebrati di piccola taglia, aumentando l'ingrandimento scopriamo che le piste da sci dell'arco alpino - migliaia di chilometri di semplice divertimento - mettono pesantemente a rischio la biodiversità degli artropodi montani, soprattutto di quei gruppi - coleotteri atteri, ragni e cavallette - privi della capacità di spiccare il volo. Un'interessante ricerca condotta da Matteo Negro del dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo dell'Università di Torino sotto la supervisione di Antonio Rolando, ha esaminato le popolazioni di coleotteri carabidi atteri, ragni e cavallette nelle aree montane superiori al limite della vegetazione arborea e attraversate da piste per la pratica dello sci alpino. La realizzazione e il mantenimento delle piste prevede continui interventi di livellamento e ripulitura delle aree interessate dagli impianti, con la creazione di ampie fasce brulle di terreno - vere barriere ecologiche per molti organismi a ridotta mobilità - con conseguente impoverimento del suolo che perde le caratteristiche di habitat idoneo alla sopravvivenza di molte specie animali e vegetali. Per quelli che accolgono la notizia con un'alzata di spalle, precisiamo che molte delle specie di artropodi coinvolte sono endemiche del versante italiano delle Alpi, e che la loro scomparsa assesterebbe un duro colpo agli ecosistemi alpini, già duramente provati dal danneggiamento del suolo e delle distese erbose. Questi artropodi, quasi tutti predatori, giocano infatti un ruolo chiave nella stabilità dell'ecosistema, nutrendosi di invertebrati del terreno e fungendo da preda per salamandre, piccoli mammiferi e uccelli, e andando a influenzare gli equilibri minerali del terreno e i cicli del carbonio e dell'azoto. Un ecosistema povero in specie differenti sarà meno efficiente, meno produttivo, meno stabile, e quindi più facilmente soggetto a subire i rischi di improvvise variazioni ambientali, che si tratti di mutamenti climatici o invasioni da parte di altre specie. Non si chiede certo di imporre uno stop allo sci alpino, ma piuttosto di avere un occhio di riguardo per chi su quei terreni deve sopravvivere tutto l'anno, garantendo con la propria presenza la biodiversità delle nostre montagne. Le soluzioni esistono: ridurre l'eccessivo livellamento delle piste e la rimozione del terreno originale, per prevenire l'impoverimento e l'erosione del suolo e permettere il mantenimento della vegetazione originaria.

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