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Emergenza oro verde

  • Claudia Bordese
  • Agosto/Settembre 2012
  • Venerdì, 31 Agosto 2012

Conseguenza del turismo, dell'immigrazione, ma soprattutto della globalizzazione, con i continui spostamenti di persone, animali e merci viaggiano lungo le rotte del pianeta anche parassiti e patogeni che, raggiunti nuovi lidi vergini dei loro naturali competitori e non tenuti a freno dall'ecologia dell'ambiente in cui si sono evoluti, spadroneggiano mettendo a repentaglio la salute pubblica e quella di allevamenti e colture di importante interesse economico. Uno degli ultimi a farne le spese è il kiwi o, con il suo corretto nome scientifico, l'Actinidia chinensis. Di origine cinese, questo frutto dalla particolare polpa verde e buccia pelosa è sbarcato in Nuova Zelanda all'incirca un secolo fa, e da alcuni decenni è abitualmente presente sulle tavole italiane. I frutticoltori ne hanno immediatamente riconosciuto le potenzialità e, ricreando soprattutto in Piemonte e in Lazio le originarie condizioni ambientali, hanno portato l'Italia a essere il primo produttore al mondo – dopo la Cina – di questa preziosa fonte di vitamina C. In questa bella favola l'antagonista ha fatto la sua comparsa nella primavera del 2010, sotto le vesti della batteriosi dell'actinidia (Psa), pericolosa infezione causata da una varietà particolarmente virulenta dei batteri Pseudomonas syringae pv actinidiae. La patologia, che pareva essere stata frenata dalla calda e secca estate che era seguita, si è in realtà ripresentata nella primavera successiva, e sta ora mettendo a repentaglio – in sinergia con i danni delle gelate invernali – il prossimo raccolto. Presente da un periodo analogo anche in Nuova Zelanda, che per un certo tempo ha ipotizzato l'origine italiana della malattia, l'infezione pare invece arrivi dalla Cina, dove accurate indagini genetiche collocano il ceppo virulento che sta devastando i frutteti italiani. A Manta nel saluzzese, il Centro Ricerca e Sperimentazione per l'Ortofrutta (CRESO) in collaborazione con la torinese AGROINNOVA lavora con impegno a sperimentazioni mirate a combattere il batterio PSA e a contrastarne la virulenza e i danni, per salvare coltivazioni e raccolti. L'importanza di questi progetti di ricerca è evidenziata dal sostegno economico del Ministero delle Politiche agricole, in un piano che prevede la realizzazione di nuovi metodi diagnostici, l'identificazione di meccanismi di controllo dell'interazione tra pianta e batteri, e la creazione di un catasto internazionale per mappare e tracciare la diffusione della malattia. È inoltre di poche settimane fa l'arrivo a Manta di una delegazione dell'Università indiana del Tamil Nadu, interessata alle ricerche per combattere la batteriosi del kiwi, in quanto analoga alla patologia che colpisce in India i manghi. La PSA e i danni causati a molte specie da frutto stanno infatti divenendo un'emergenza mondiale, e la collaborazione tra diverse competenze non può che portare – è il caso di dirlo – buoni frutti. Ben venga che la globalizzazione sostenga anche la circolazione di idee.

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