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Barlia robertiana, l'orchidea venuta dal Sud

Senza tema di smentita, l'Orchidea gigante Barlia robertiana o Himantoglossum robertianum si può definire l'orchidea dai molti record. Vi spieghiamo il perchè. 

  • Amalita Isaja
  • Marzo 2024
  • Giovedì, 7 Marzo 2024
Barlia nella neve   Foto Paolo Rizzola Barlia nella neve Foto Paolo Rizzola

Sicuramente è la più vistosa e imponente tra le orchidee selvatiche europee: può raggiungere i 90 centimetri di altezza e la sua spiga è composta da decine di fiori rosa-violacei molto grandi e profumati. Stiamo parlando di Barlia robertiana (Himantoglossum robertianum), speciale anche nella fenologia, dato che è la prima orchidea a fiorire, addirittura a dicembre nel Sud Italia, e per la sua precocità ha veramente pochi competitori nel mondo vegetale, fatto che gioca a suo favore anche nell'attirare l'attenzione dei primi insetti impollinatori.

Una incredibile ascesa

Ma il record assoluto, la Barlia robertiana lo raggiunge nella sua dimostrata capacità di espandersi in modo sensazionale: dalle colline di Toulon affacciate sul Mediterraneo, dove fu descritta per la prima volta nel 1807 dal medico e botanico francese Jean-Louis-Auguste Loiseleur Deslongchamps, nel giro di poco più di 200 anni ha intrapreso una lunga marcia di colonizzazione verso Nord e verso Est, raggiungendo le coste normanne attraverso il corridoio ecologico del Fiume Rodano quindi l'Olanda e il Regno Unito (oggi naturalizzata ma frutto di un'introduzione di 15 anni fa), a Est la Bulgaria e nel 2023 lo Stato di Israele.

Tra i numerosi record della specie c'è anche quello legato ai cambi di nome: per primo l'aveva citata nel 1806 il botanico siciliano Antonino Bivona Bernardi chiamandola Orchis longibracteata (Sicularum plantarum centuria prima, Palermo, Apud Philippum Barravecchia, 1806). Nel 1807 Loiseleur Deslongchamps la dedica al suo amico botanico Gaspard Nicolas Robert nominandola Orchis robertiana (Flora Gallica 606. 1807). Successivamente il botanico palermitano Filippo Parlatore dedica il genere al collega nizzardo Jean Baptiste Barla, direttore del Museo di Scienze naturali di Nizza, e la descrive nel 1858 come Barlia longibracteata (Due Nuovi Generi di Piante Monocotiledoni 6. 1858). Nel 1967, il botanico svizzero Werner Greuter rinnova la prima definizione e la nomina Barlia robertiana (Boissiera 13: 192. 1967). Infine, il belga Pierre Delforge nel 1999 inserisce la specie nel genere Himantoglossum chiamandola Himantoglossum robertianum (Naturalistes Belges, 1999).

La sua diffusione

La Barlia è una pianta simbolo del bacino del Mediterraneo: fiorisce lungo le sue coste, dalla Spagna alla Turchia, dall'Italia alla Libia; legata alla cosiddetta area dell'Ulivo, per espandersi ha beneficiato di alcuni fattori favorevoli: in primo luogo il riscaldamento del clima, che ha favorito tante specie sia vegetali sia animali che si rinvengono a quote sempre più elevate.

In Italia è presente in tutte le regioni esclusa la Valle d'Aosta, sebbene sia più diffusa al Sud.

Per quanto riguarda il Piemonte, ecco i numeri della Barlia ad inizio 2024.

Anno 1984: prima segnalazione di Mario Carrega a Voltaggio (Appennino ligure-piemontese orientale), forse lungo il corridoio ecologico della Val di Lemme e Polcevera che attraverso il Passo della Bocchetta arriva a Genova.

  • 423: le segnalazioni della specie georeferenziate nel database, tra banca dati regionale, osservazioni degli appassionati e ricercatori e dati pubblicati su diverse piattaforme.
  • 100: i rilevatori, numero per difetto.
  • 64: i quadranti a maglia 10 x 10 km in cui è presente.
  • 144: i Comuni dove vegeta, talvolta in centinaia di esemplari come a Pecetto di Valenza (Al); da Nord: Giaglione (To) a Sud: Alto (Cn), da Est: Cabella Ligure (Al) a Ovest: Valdieri (Cuneo).
  • 140 m: quota più bassa conosciuta (Viarigi, At).
  • 1230 m: quota più alta conosciuta (Caprauna, Valle Tanaro).

Dalla carta di distribuzione nella regione, si può cogliere l'avanzata della specie in quarant'anni dalla prima osservazione. La marcia non è stata lineare: molti fattori hanno concorso alle nuove segnalazioni, ad esempio l'intensificarsi della ricerca sul campo, la partecipazione alla raccolta dati di moltissimi appassionati e non soltanto botanici come in passato.

La straordinaria comparsa della specie in Val di Susa, vero scrigno di biodiversità, segna una ulteriore risalita nel sito al momento più settentrionale del Piemonte.

Alcune curiosità

Questa orchidea fascinosa è strettamente legata al nome dell'eminente botanico Jean Baptiste Barla, e in particolare al prolifico e talentuoso illustratore naturalista Vincent Fossat (1822-1891) che in 36 anni di collaborazione con Barla realizzò 6350 acquerelli di piante e funghi della Provenza, tra i quali la magnifica tavola litografata della Barlia per l'opera "Flore illustrée de Nice et des Alpes-Maritimes: iconographie des orchidées" uscita nel 1868.

Un altro fattore importante per la sua diffusione è la sua notevole plasticità per quanto riguarda l'impollinazione. A differenza di altre congeneri, ad esempio Himantoglossum adriaticum - legato al suo esclusivo e specifico insetto pronubo del genere Colletes - la Barlia si avvale di un ampio spettro di impollinatori: Apoidea come Bombus sp., Xylocopa violacea e Apis mellifera, Megachilidae come Osmia cornuta e, come recentemente appurato in Sardegna, anche Coleotteri come le Cetonie. Sebbene infatti non abbia alcuna ricompensa da offrire agli insetti che la visitano, essendo sprovvista di nettare, li attrae con l'inganno visivo per l'aspetto e il profumo dei fiori, con un'illusoria promessa di cibo. In compenso ospita numerose colonie dell'afide Dysaphis tulipae, la cui melata si accumula nello sperone dei fiori, fungendo da attrattiva per gli insetti.

Infine, come un abile chimico, Barlia robertiana è in grado di elaborare fino a una settantina di composti differenti che concorrono a darle il "profumo", che tuttavia varia considerevolmente a seconda dell'area geografica: ad esempio i composti rilevati in Spagna non compaiono in Sardegna, che a loro volta differiscono totalmente da quelli testati in Basilicata. Sorprendentemente il mix di composti è anche diverso per ogni pianta: molti studi hanno evidenziato come l'estrema variabilità nelle emissioni odorose di questa specie non gratificante può rappresentare una strategia efficace per evitare che gli insetti imparino ad associare l'odore floreale alla mancanza di nettare.

 

 

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