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Alchemilla: l'erba amica delle Donne

Pianta molto cara agli alchimisti di un tempo, prezioso ricettacolo della rugiada mattutina, per le sue virtù medicinali può rappresentare un valido aiuto nei disturbi femminili, ad ogni età.

  • Loredana Matonti
  • novembre 2012
  • Venerdì, 30 Novembre 2012

Passi silenziosi a piedi nudi, nell'erba. Si arrestano all'alba di un giorno in montagna, quando una sottile nebbiolina ci avvolge nel suo umido abbraccio. Un prezioso velo di gocce di rugiada ricama il particolare fogliame sottostante. Esaltati da un merletto di gocce scintillanti, i bordi fogliari brillano e mostrano la loro dentellatura uniforme e perfetta. Eccola, l'alchemilla.

Le foglie di queste erba medicinale e commestibile sono proprio di una finezza e grazia incantevoli; sembrano fatte più per essere ammirate che mangiate. Come delicate ampolle vegetali, si prestano a raccogliere la rugiada, ritenuta popolarmente lacrima del cielo e portatrice di vita. Peculiarità che le ha fatto guadagnare la fama di simbolo della fecondità, della bellezza e dell'armonia femminile. Le foglie spuntano pieghettate, quindi si aprono proprio come un ventaglio (da cui il nome volgare di ventaglina), conservando lieve traccia delle pieghe primitive. Altri suggestivi nomi le sono stati attribuiti nel corso dei secoli come acqua del cielo, erba stella o pianta del parto perché le donne gravide bevevano ogni giorno due boccali di decotto di alchemilla; in questo modo si assicuravano un parto facile e anche una buona montata lattea.

Il suo nome dialettale piemontese "plota 'd liun", lo deve invece alla forma della foglia, che ricorda appunto una "zampa di leone". Presso le popolazioni del nord Europa era ritenuta un potente talismano contro maledizioni, malefici e stregonerie. Da questa credenza era nato uno dei nomi popolari tedeschi di questa pianta ,"Nimm mir nichts" (non prendermi nulla), una formula di scongiuro per proteggersi dai furti e dalle perdite di beni, di bestiame o di felicità. Molto evocativo anche il nome comune inglese: Lady´s Mantle, ovvero il mantello della Vergine Maria.

Erba perenne, appartenente alla famiglia delle Rosacee, il genere è diviso in due gruppi principali, a sua volta classificati in vari sottogruppi e caratterizzati da una riproduzione quasi sempre asessuata. Quello dell'Alchemilla gr. vulgaris, normalmente utilizzata nella medicina popolare, comprende una settantina di specie, molto simili tra loro.

Cresce in cespi ed è molto comune nei luoghi umidi delle zone montane, dai 600 ai 2.000 m. circa. Le foglie basali, dal lungo picciolo, sono disposte in rosetta, hanno forma a ventaglio e sono parzialmente divise in 7-11 lobi arrotondati, dentellati e coperte di peli sulla pagina inferiore, con la onnipresente "goccia di rugiada" nel bel mezzo, un aspetto decorativo apprezzato nei giardini botanici dove viene coltivata. I fiori, privi di corolla, sono piccoli e stellati, giallo paglierino o più intensi nelle varietà selezionate, riuniti in ombrelle ramificate e sbocciano, simili a vaporose nuvole, a fine primavera e inizio estate.

Un altro gruppo molto utilizzato a livello fitoterapico è l'Alchemilla gr. alpina, che si differenzia nettamente dal primo soprattutto perché le foglie basali sono divise e seghettate all'apice e hanno la pagina inferiore ricoperta da una peluria bianco argentea, molto resistente alle temperature gelide.

Ricercate con avidità dagli erbivori, sono buone foraggere per il bestiame, migliorando la qualità e la quantità del latte, oltre a fornire aroma e gusto sopraffino e prelibato al formaggio e burro.Per questo, in passato, una manciata di foglie secche, bollite nell'acqua, sostituiva egregiamente l'abituale beveraggio ricavato dalla decozione di semi oleosi o panelli per bovini. Nei giardini botanici invece, è spesso possibile ammirare una specie ornamentale, dalle grandi foglie a ventaglio, spesso ammantate di rugiada: l'Alchemilla mollis (Buser) Rothm, di origine sud europea.

Il nome del genere viene dalla lingua di quel popolo che più di altri ha trasmesso autentici tesori della scienza alchemica all'Europa: l'arabo. Veniva chiamata alkemelych che ha due significati:"acqua del cielo" e "ciò che serve all'alchimista", in quanto si riteneva contenesse l'abilità di tradurre le sue formule e fosse uno degli ingredienti per ricavare l'oro. La rugiada, acqua purissima, impregnata dal respiro notturno di tutti gli astri del firmamento e baciata dal primo raggio di sole, non poteva non essere infatti, secondo la tradizione e i dettami dell'antica "Arte della Trasmutazione", un ingrediente assai prezioso.

Si narra che, in particolare nella settimana prima di Pasqua, gli alchimisti uscissero all'alba per raccogliere, entro preziose ampolle, quella contenuta nel calice delle foglie a sette magici lobi, utilizzandola poi per confezionare "l'elisir di lunga vita" o per l'infaticabile ricerca della pietra filosofale. Gli antichi la usavano sia in forma di decotto che ad uso esterno in cataplasma per "saldare le ferite, tanto interiori quanto esteriori". Nel XVII secolo si pensava che la pianta, nobile nell'aspetto quanto nello spirito, legata al pianeta Venere, valesse anche a sanare le "sconciature" ma che, per esplicare questa proprietà, dovesse essere raccolta sotto il segno dei gemelli e del cancro.

Ecco quindi che Castore Durante nel 1600, nel suo Herbario Novo, la raccomandava per restituire la verginita' perduta e rassodare i seni: " l'acqua lambiccata bevuta e applicata fa parere di essere vergini...bagnate le pezze di tela nella sua acqua e applicate sulle mammelle, le fa ritirare in modo che diventino rotonde e dure", ma anche per curare tutte le patologie femminili e la sterilità.

L'intera pianta viene raccolta in giugno e in luglio, quando è in fiore e quando le foglie sono rigogliose, lucenti e quasi secche. Anche le radici, a volte, vengono utilizzate, generalmente fresche. Grazie alla ricchezza in fitosteroli, gomme mucillaginose, flavonoidi e tannini, possiede proprietà astringenti, cicatrizzanti, antidiarroiche, digestive e sedative, antalgiche, galattogoghe (promuove la produzione di latte).

Aiuta a ristabilire il normale flusso mestruale, ma è anche utile come astringente uterino in caso di emorragie e per guarire eventuali lesioni dopo il parto. Sembra inoltre avere un ruolo, in associazione con altri rimedi, nella riduzione della sintomatologia della menopausa. Nella medicina popolare piemontese era largamente utilizzata, soprattutto per frenare le emorragie interne ed esterne e nelle affezioni della fonazione come raucedine e mal di gola. ll decotto era considerato anche diuretico e dimagrante, depurativo del fegato, prezioso dopo un'intensa terapia antibiotica, nonché tonico nervoso in caso di esaurimento e affaticamento neuro psichico. L'infuso della radice invece era impiegato come antidiarroico e per trattare l'atonia gastrica.

All'esterno le preparazioni di alchemilla, fresca o secca, erano applicate come impacco vulnerario sopra ferite e piaghe. Il succo, invece, pressato veniva usato come risolvente per favorire la guarigione delle lesioni della pelle come in caso di acne, scottature e come cicatrizzanti ed antiemorragiche in caso di tagli, piaghe ed emorroidi. Un leggero decotto, imbibito in compresse oculari di lino o cotone, era il rimedio per il trattamento della congiuntivite, mentre in presenza di raffreddori le stesse si applicavano sul naso, per una mezz'ora. Un curioso impiego rituale era quello contro il mal di pancia: si raccoglievano le foglie al mattino presto, con la rugiada all'interno e venivano poste sull'ombelico dei bambini.

Altrettanto interessanti gli usi domestici: con le foglie raccolte prima della fioritura, si ricavava una tintura vegetale di color verde per la lana. In campo estetico ancor oggi trova alcune interessanti applicazioni: il suo decotto o le foglie applicate in cataplasma per uso esterno, fatte rinvenire in acqua, al momento del bisogno, aiutano ad elasticizzare la pelle e sono un ottimo rimedio contro le smagliature. Grazie alle sue proprietà nutritive si è guadagnata un posto anche in cucina, ma, data una certa astringenza di tutta la pianta (dovuta ai tannini) si deve consumare con moderazione.

Le foglie tenere e giovani, dal leggero gusto amarognolo, sole o miste ad altre verdure, si possono aggiungere alle insalate, oppure possono essere utilizzate per dare un tocco di originalità a minestre e risotti, aggiungendole al momento di servire in tavola. Le possiamo anche adoperare per insaporire e aromatizzare salse a base di formaggi freschi e di yogurth. L'infuso molto diluito delle foglie può poi costituire un succedaneo del tè e anche commercialmente infatti, entra a far parte del "thè svizzero".

Dalla medicina alla cucina, l'erba degli alchimisti si rivela ancor oggi, come un tempo, una preziosa alleata del femminile.

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