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L'invulnerabile Achillea

Nel mio andar come Achille, mi credevo invincibile e inarrestabile, ma voltandomi, una freccia ha colpito il mio cuore, allora ho protetto le radici col mio stelo appassito. E, in attesa della rinascita, ho deposto le armi di Achille. Anomimo

  • Loredana Matonti
  • Agosto/Settembre 2012
  • Venerdì, 31 Agosto 2012

Quel famoso tallone di Achille, metafora della nostre più segrete vulnerabilità, punto in cui la nostra apparente forza vacilla...lo vorremmo tenere sempre ben segreto, eppure, nonostante i nostri sforzi, a volte viene fatalmente scoperto. E, come per il noto eroe greco, quando accade neanche la prodigiosa achillea può rimediarvi! La metafora deriva dalla leggenda secondo la quale Achille fu immerso da bambino nelle acque del fiume Stige dalla madre Teti, per renderlo invulnerabile. Per farlo però, dovette tenerlo dal tallone, che rimase così l'unica parte vulnerabile. Il giovane, divenuto guerriero, apprese dal centauro Chirone le portentose proprietà cicatrizzanti dell'achillea per curare le ferite riportate nelle battaglie, ma quando durante la guerra di Troia fu colpito da una freccia da Paride, proprio in quel segreto punto, neanche l'achillea potè salvarlo. Proprio per le sue proprietà emostatiche e vulnerarie fu usata in caso di ferite di guerre e chiamata herba militaris. Già il famoso medico greco Dioscoride, nel VI secolo d.C, affermava che la pianta " è molto utile contro le perdite di sangue, contro le piaghe recenti, vecchie e fistolose". Nacque così la sua reputazione come rimedio sovrano contro le ferite da arma bianca, ragione per la quale Linneo classificò questo genere botanico con il nome "Achillea". Effettivamente le note proprietà emostatiche e cicatrizzanti dell'Achillea gr. millefolium L, gli hanno fatto guadagnare anche popolarmente nomi volgari come erba del soldato o dei crociati, millefoglio, erba dei tagli, stagnasangue, sanguinella. Venne menzionata in vari antidotari fin dal secolo IX, e nel primo testo terapeutico gallese (XIII secolo), il "Physicians of Myddfai", si consigliava per "stranguria e pietra", cioè per edema di origine cardiaca e calcolosi renale, insieme alla sassifraga, nonché per uso esterno nel "distruggere i parassiti intestinali". Le sue proprietà medicamentose vennero abbondantemente descritte anche dal medico Castore Durante nel VI sec: "dassi con utilità grande il succo di millefoglio a bere negli sputi e vomiti del sangue e in tutte le rotture intrinseche delle ven,e come anche negli antichi flussi dei mestrui. Messa dentro il naso vi ristagna il flusso del sangue...mettesi ne i clisteri che si fanno per la dissenteria. La sua acqua, bevuta con latte di capra, ristagna negli uomini il flusso seminale" . Specie eurosiberiana, ampliamente diffusa in Europa, è una pianta erbacea perenne, ad elevata plasticità ecologica, riscontrabile in ambienti ruderali secchi, frutteti, prati e pascoli aridi. In Piemonte e sulle Alpi occidentali è notevolmente diffusa. Fiorisce da giugno a settembre con fiori che variano dal bianco al rosato, raggruppati in una graziosa infiorescenza ad ombrella. Le foglie alterne, finemente divise, somigliano a delle barbe di una piuma. Il loro aspetto "laciniato" è proprio quello che, secondo la Dottrina della Signatura, basata sul principio del simile, faceva pensare che potesse curare i tagli. La sua fama in tal senso era così avvalorata che nell'Ottocento la pianta era chiamata comunemente "erbe de charpentiers", ossia dei falegnami, perchè le foglie, bollite nell'olio d'oliva, venivano applicate calde sopra i tagli, ferite o contusioni da questi artigiani. In passato l'utilizzo del suo infuso fu utile anche per limitare le epidemie di morbillo, rosolia e scarlattina. Tra le altre specie diffuse ed utilizzate a scopo medicinale, con proprietà simili, ricordiamo Achillea herba-rota, Achillea moschata, Achillea nana, Achillea atrata, Achillea clavenae. Il nome di quest'ultima è legato al nome dello speziale Nicolò Chiavenna, che nel 1609 pubblicò l'opera Historia absinthii umbelliferi, in cui sosteneva di aver scoperto un'erba aromatica dalle interessanti proprietà medicamentose che assomigliava al comune assenzio. Egli la chiamò "assenzio ombrellifero", raccomandandola quale efficace rimedio contro i dolori dello stomaco ed i disturbi della digestione e sperimentandola su molti pazienti, anche illustri. Questi meriti ressero così celebre il Chiavenna che lo stesso Linneo, più di un secolo dopo, in suo onore la denominò col cognome dello speziale bellunese. Queste specie così aromatiche, talvolta chiamate erroneamente "genepì", entrano nella composizione di vermouth, aperitivi e digestivi come aromatizzanti. Proprio per questo, qualche secolo fa, l'achillea veniva usata in alcune regioni del Nord Europa al posto del luppolo, nella preparazione della birra, per impartire alla bevanda un maggior potere amaricante. Alla parte aerea dell'achillea sono riconosciute proprietà emostatiche, toniche, amare, stomachiche, antispasmodiche, antiemmorroidarie ed emmenagoghe (stimolanti del mestruo). Per quest'ultima proprietà, per motivi prudenziali, se ne sconsiglia l'uso in gravidanza e durante l'allattamento. È anche impiegata come analgesico-antinfiammatorio per coliche intestinali, crampi, spasmi e tensioni nervose, stati dolorosi, asma, palpitazioni. In cosmesi è molto apprezzata come rassodante e decongestionante e, sembra, anche schiarente delle macchie brune della pelle senescente. Siccome Achillea millefolium si riferisce ad un gruppo critico di specie, difficilmente identificabili tra di loro, nella medicina popolare si raccoglieva ed utilizzavano indistintamente tutte le somiglianti, sia a scopo alimentare e curativo. La medicina popolare piemontese veniva spesso chiamata erba dij taj, (erba dei tagli), nome rivelatorio dell'utilizzo esterno contro le emorragie, in particolare per ridurre le perdite di sangue causate da emorroidi e ferite. Per cicatrizzarle si sfregava sulla cute come emostatico o si facevano impacchi del decotto. Era considerata un presidio utilissimo in caso di traumi: in val di Susa ad esempio, per le contusioni, distorsioni, slogature ed edemi articolari, si faceva un unguento ottenuto pestando ed amalgamando le foglie con lardo rancido, oppure con l'albume d'uovo. Si adoperava anche in caso di scottature cutanee, applicando però un oleolito ottenuto dalle foglie fritte nell'olio. Nelle Valli di Lanzo le foglie si pestavano e si applicava sulla pelle in caso di foruncoli, pustole sulla pelle, arrossamenti con piaghe. Se poi si veniva colti dal mal di denti si masticavano le foglie e le radici. Per uso interno l'infuso di fiori e foglie era impiegato in tutte le valli come digestivo e tonico, eccitante, diuretico, emostatico, per la dissenteria, nonché per le malattie da raffreddamento come tosse, raffreddore, bronchite, polmonite, per abbassare la febbre e persino per curare il mal di testa. Un'altra specie, l'Achillea herba rota All., la cosiddetta "camomilla di montagna", utilizzata spesso nei vermouth e liquori, veniva usata in Val Sangone come diuretico e diaforetico (per far sudare), mentre l'Achillea nana, che cresce in alta montagna, si usava in decotto per le mestruazioni irregolari. Questa interessante pianta medicinale è conosciuta ed apprezzata anche in altri Paesi del mondo. I nativi americani la usavano in modo analogo in applicazioni topiche per ferite, abrasioni, ematomi, eczemi, dolori muscolari, eruzioni cutanee e mal d'orecchie. Ad uso interno nei disturbi della digestione e condizioni febbrili. In altre tradizioni la nostra specie si spingeva anche a sondare il futuro: in Cina era ritenuta sacra e la forma tradizionale di predizione dell'I Ching era praticata anticamente interpretando la posizione di ben 50 fusti secchi della pianta, lanciati sul tavolo. "Invulnerabile" e fiera, emblema della guerra, della combattività, ma anche della vulnerabilità e della guarigione, nel linguaggio dei fiori l'achillea rappresenta una personalità solare ma molto sensibile. Bella, dentro e fuori.

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