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Plantasia, ovvero il canto delle foreste

Le foreste tropicali hanno la voce delle creature che abitano nelle profonde immensità verdi dei loro intrecci. E' una polifonia naturale di suoni e di versi che si accordano perfettamente e riproducono la struttura ritmica dell'universo: l'insieme di regole che sono alla base di tutto il cosmo e che vanno oltre alla percezione dei sensi degli esseri umani.

  • Laura Succi
  • Settembre 2019
  • Martedì, 13 Agosto 2019
Plantasia, ovvero il canto delle foreste

 

Un recente articolo de La Stampa riporta che in una foresta della contea di Võru in Estonia sono stati installati tre giganteschi megafoni in legno nei quali rifugiarsi a meditare e rilassarsi. Le strutture, chiamate "Ruup", si estendono su tre metri di diametro, offrendo a chi è seduto e sdraiato al loro interno un ampio spazio per leggere o riposare. La voce forte della natura non ha lasciato indifferenti nemmeno gli studenti di architettura d'interni dell'Accademia delle Arti estone che, con l'idea di amplificare a proprio beneficio i suoni più intimi della foresta - dai leggeri cinguettii al fruscio delle erbe - hanno coinvolto l'intera comunità.

La voce del mondo naturale

Nella voce del mondo naturale Bernard L. Krause, musicista ed ecologista americano che nel 1968 fondò Wild Santuary, un'organizzazione dedicata alla registrazione e alla raccolta di paesaggi sonori naturali, racconta la sua storia iniziata alla fine degli anni Sessanta: "Quando ho iniziato a registrare paesaggi sonori non sapevo che le formiche, le larve degli insetti, gli anemoni di mare e i virus creassero melodie. Ma lo fanno. Altrettanto fa ogni altra creatura selvatica al mondo, come la foresta pluviale in Amazzonia: ogni foresta pluviale, infatti, sia temperata che tropicale, crea una vibrante orchestra di animali, ovvero quell'espressione istantanea e organizzata di insetti, rettili, anfibi, uccelli e mammiferi, e ogni paesaggio sonoro creato da un habitat selvatico genera una melodia unica che contiene un'incredibile quantità di informazioni".

"Quando cominciai questo lavoro, i tradizionali metodi di registrazione si limitavano a catturare i suoni di particolari specie, soprattutto uccelli all'inizio, ma anche mammiferi e anfibi con il passare del tempo. Per me era come cercare di capire la magnificenza della Quinta Sinfonia di Beethoven estraendo il suono di un unico violino, portarlo fuori dal contesto dell'orchestra e ascoltare solo quella parte": fu così che Krause capì molto presto che ascoltare l'organizzazione armonica nel suo insieme fornisce i mezzi per poter valutare la salute di un habitat nel suo complesso.

Determinante fu l'esperienza di Lincoln Meadow: "Si trova a tre ore e mezza di macchina a est di San Francisco, nelle montagne della Sierra Nevada, a circa 2000 metri di altitudine: qui ho eseguito registrazioni per molti anni. Nel 1988, un'azienda addetta al disboscamento, convinse i residenti che non ci sarebbe stato alcun impatto ambientale applicando un nuovo metodo chiamato "disboscamento selettivo", cioè abbattere un albero qua e là, piuttosto che radere al suolo un'intera area. Ebbi il permesso di registrare suoni sia prima che dopo l'intera operazione. Mi piazzavo all'alba con la mia apparecchiatura per catturare i cori mattutini e seguendo un rigido protocollo calibravo le registrazioni: volevo degli ottimi dati da cui partire".

Krause creò lo spettrogramma del Lincoln Meadow, cioè l'illustrazione grafica di un suono prodotto da quell'ambiente prima del disboscamento selettivo. "Sono ritornato un anno dopo, racconta, utilizzando gli stessi protocolli e registrando nelle medesime condizioni. Ho registrato esempi degli stessi cori mattutini dopo l'intervento dell'uomo e sono tornato lì ben 15 volte nel corso degli ultimi 25 anni. Posso dirvi che la densità e la diversità di quella biofonia non è tornata a essere quella che era un tempo prima del disboscamento. Scattando una fotografia sembra che tutto sia in ordine, il che potrebbe confermare l'argomento utilizzato dall'azienda, ovvero che non c'è nessun impatto ambientale. Però, le nostre orecchie ci raccontano una storia differente".

"Vorrei concludere con una storia raccontata da un castoro, dice Krause. È una storia molto triste, ma dimostra come gli animali possano mostrare, a volte, emozioni: un tema molto controverso tra i biologi più anziani. Un mio collega stava registrando nell'America medio occidentale attorno a una pozza formata circa 16000 anni fa, alla fine dell'ultima Era glaciale. Era formata in parte anche da una diga di castori che da una parte teneva insieme l'intero ecosistema in un equilibrio molto delicato. Un pomeriggio, mentre stava registrando, apparvero dal nulla due guardacaccia che, senza motivazione apparente, calpestarono la diga dei castori, lanciarono un candelotto di dinamite e lo fecero saltare in aria uccidendo la femmina e i suoi cuccioli. Sconvolti, i miei colleghi rimasero dov'erano per registrare tutto ciò potevano per il resto del pomeriggio e, quella sera, immortalarono un evento incredibile: l'unico castoro maschio superstite nuotò lentamente in cerchio piangendo disperatamente per la morte della compagna e della prole. Questo è forse il suono più triste che io abbia mai udito provenire da un organismo, umano o meno".

Il grido delle foreste

Il grido di aiuto delle foreste è impresso nell'Arca dei suoni originari di David Monacchi (edito da Mondadori), docente di musica elettroacustica presso il conservatorio "Gioacchino Rossini" di Pesaro, membro del Global Sustainable Soundscape Network e dell'International Society of Ecoacoustics. Monacchi, anche lui musicista sensibile ai temi ambientali, ha sentito la necessità impellente di intervenire sul tema: "Sempre più insistentemente ho iniziato a pensare che avrei dovuto fare qualcosa di utile con la mia professione in uno scenario che cominciava a percepirsi serio e devastante e che contemplava deforestazione, cambiamenti climatici e riduzione drammatica degli habitat della biodiversità. Così è nato il progetto 'Fragments of extinction', l'idea di registrare e immagazzinare in Amazzonia, Borneo, Centro Africa, Equador e nelle più remote foreste pluviali del mondo pezzi sonori del sistema naturale per le future generazioni": un lavoro analizzato e pubblicato nei giorni scorsi nella prestigiosa rivista scientifica americana PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences - https://www.pnas.org/content/116/26/12580 ), una delle tre riviste scientifiche più importanti al mondo.

Tutta questa ricostruzione è diventata un film, Dusk chorus, il coro al crepuscolo (trailer) e narra la campagna di registrazione del 2016 avvenuta in Amazzonia, nello Parco nazionale dello Yasuni in Ecuador, in un'area ad altissima biodiversità, la più alta esistente sul pianeta. Monacchi in un'intervista su Youtube, insieme alla regista Nika Šaravanja, spiega: "La presenza degli umani è estranea a una foresta primordiale remota e profonda: sono habitat molto sensibili e sicuramente influenzano il sistema delicato nel quale si trovano. Ma durante le 24 ore di registrazione, la maggior parte dell'audio è puro, le apparecchiature sono state lasciate nella foresta e non tutto è stato registrato per il film: così abbiamo potuto essere trasparenti per l'ambiente".

 

Impegnato nella ricognizione sonora del mondo naturale in via di estinzione Monacchi ha creato presso il conservatorio di Pesaro SPACE (www.rossinispace.org), centro di ricerca e produzione musicale per le nuove tecnologie di spazializzazione 3D del suono in cui il visitatore è incanalato attraverso diverse fasi di ascolto, in modo tale che non solo partecipi percettivamente alla meraviglia del contesto, ma apprenda anche della sua organizzazione e del suo gusto l'esperienza estetica, aumentando il senso di connessione con la natura.

"Ogni sistema ha un proprio sistema di suoni organizzato, è un equilibrio. Chi sente questa musica percepisce un suono familiare, ma come può essere familiare il suono di una foresta remota? La familiarità deriva dal fatto che all'interno di questo ecosistema sonico ci sono precise regole di organizzazione dei suoni che entrano in risonanza con la nostra capacità di percepire ordine e equilibrio", afferma Monacchi.

"Si fece silenzio, e risuonarono i primi due accordi della Ciaccona di Bach. Di colpo, con assoluta certezza, seppi di aver trovato il collegamento con quel centro che mi mancava. (.......) Il limpido fraseggio della Ciaccona mi investiva come un vento freddo, spazzando via le nebbie e mostrandomi le gigantesche strutture che fino ad allora mi erano sempre state nascoste. La musica, la filosofia e la religione hanno sempre mostrato, oggi come ai tempi di Platone e di Bach, la via verso l'ordine centrale", scriveva Werner Heisenberg nella sua autobiografia: lui, tra i fondatori della meccanica quantistica e premio Nobel per la fisica nel 1932. Esattamente lo stesso ordine percepito da Krause e Monacchi.

 

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