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Gli artropodi:piccoli,ciclopici costruttori

I condomini delle termiti, alti 10 metri e con l'"aria condizionata". Le fortezze costruite da formiche unite tra loro e appoggiate a tronchi. Alveari dalle perfette forme geometriche. Viaggio tra le meraviglie architettoniche degli insetti

  • Francesco Tomasinelli
  • novembre 2010
  • Giovedì, 2 Settembre 2010

Non sono in molti a farci caso, ma i piccoli animali costruiscono nidi, rifugi e strutture che spesso modificano l'ambiente in modo molto più profondo di quanto si possa pensare. C'è un esempio che vale più di qualunque altro: le termiti nel paesaggio africano. Termiti ed elefanti sono i più importanti agenti modificatori delle savane: i grandi mammiferi danneggiano gli alberi nutrendosi di ogni parte della pianta (corteccia compresa, nei periodi più poveri) le termiti, dal canto loro, riciclano i residui vegetali e gli alberi morti, forti del numero e della stupefacente struttura delle loro case, i termitai. Quelli più estesi, che si incontrano in gran parte dell'Africa sub-sahariana, sfiorano i 10 metri d'altezza. Più spesso si aggirano sui 2-3 metri, ma sono considerati la più grande opera costruita da un animale sulla terraferma. Si tratta di un traguardo notevole se si pensa che l'artefice è un insetto lungo meno di un centimetro, la termite del genere Macrotermes. La struttura a piramide di fango rigidamente indurito, dall'esterno così semplice e rozza, è in realtà un edificio complesso con migliaia di camere, gallerie di collegamento e un raffinato sistema di aria condizionata, ancora oggi non del tutto compreso. ll nido vero e proprio si trova sotto il livello del suolo, ed è una massa globulare di più di un metro di diametro, mantenuta in salute dall'impianto di ventilazione dove si trova il fulcro della colonia. La parte alta del termitaio, costituita dal camino di terra che si solleva in alto ben oltre il terreno, funziona come un polmone mantenuto in funzione dal vento. Senza questa circolazione forzata i milioni di insetti che affollano il grande termitaio non avrebbero abbastanza aria da respirare, visto che il consumo di aria di una colonia di un milione di individui è simile a quello di una mucca. Per sbarazzarsi dell'anidride carbonica in eccesso e controllare le temperature, le termiti sfruttano il camino centrale punteggiato da migliaia di microscopiche condotte laterali, che possono essere controllate come piccole valvole dalle operaie. Quando sono tenute aperte il termitaio consente l'emissione dei gas e del calore in eccesso con l'aiuto del vento che corre sulla grande piramide e fornisce aria fresca dall'esterno. Il risultato, oltre al ricircolo di aria, è che il termitaio tende ad avere una temperatura costante, attorno ai 30°C, ideale per la crescita della colonia. Viene da chiedersi da dove provenga il fango raccolto per costruire, ampliare e migliorare continuamente una struttura così complessa. Al di fuori della stagione delle piogge le termiti lo raccolgono in profondità nelle falde acquifere sottostanti, scavando canali che si inabissano per decine di metri nel sottosuolo. Poi lo mescolano con la propria saliva e con le feci e ne foderano le strutture. Le termiti sono costruttori instancabili. Non tollerano la luce del sole ma lavorano giorno e notte, alla continua ricerca di materiale vegetale. Il bottino raccolto, reso assimilabile da un fungo simbionte che vive in grandi camere nel profondo del termitaio (Termitomyces), diventerà il cibo della colonia. Per salire su un albero morto e distruggerlo rapidamente le termiti costruiscono infiniti tunnel di argilla, che come tentacoli avvolgono l'albero e consentono alle operaie di lavorare costantemente sul posto e al coperto dal sole e da molti predatori. Alcune termiti costruiscono strutture ancora più curiose. Sono le "compass termites" del Nord dell'Australia ("termiti bussola", genere Amitermes), che hanno un sistema di controllo della temperatura meno sofisticato della Macrotermes, ma suppliscono con una conformazione e una disposizione dei termitai assolutamente unica. Si tratta infatti di una stele alta fino a 5 metri, larga 2-3 metri e spessa circa 1 metro alla base, allineata rigorosamente in direzione nord-sud. L'orientamento consente agli insetti di scaldare il termitaio con il sole del mattino e della sera. A mezzogiorno, invece, quando le temperature sono troppo alte, i raggi del sole provenienti dall'alto colpiscono una superficie molto ridotta, contenendo il surriscaldamento. Inoltre, e questa non è affatto una funzione secondaria in una regione con fenomeni temporaleschi "esplosivi", la forma del termitaio consente di far defluire rapidamente l'acqua e un rapido asciugamento dopo le piogge. Le termiti sono i grandi architetti tra gli artropodi terrestri. Ma anche le formiche non scherzano. La maggior parte delle specie costruisce formicai più o meno complessi, che brillano per versatilità. C'è anche chi ha dimostrato di poter vivere senza un vero e proprio formicaio. Le formiche legionarie del genere Eciton per esempio, che si trovano nelle foreste tropicali del Sud America, non hanno una dimora fissa, ma quando si fermano costruiscono anch'esse un nido. Solo che si tratta di una struttura vivente, realizzata dai corpi di decine di migliaia di operaie unite tra loro e appoggiate a un tronco d'albero. Rimangono attaccate grazie ai tarsi (ultimo segmento delle zampe) muniti di robusti uncini che si incastrano tra le zampe delle compagne. Al centro della fortezza di corpi, che può sfiorare il metro cubo di volume, sostano per la notte la regina e le larve, difese da cinture di operaie e soldati dalle grandi mandibole. La mattina presto la struttura si disgrega e l'esercito si rimette in marcia, per razziare un altro tratto di foresta.
Indipendentemente dalla forma e dalle dimensioni, la maggior parte dei nidi serve a proteggere i giovani della specie. Alcune di queste strutture sono particolarmente interessanti, se non altro per il macabro ruolo che svolgono. Le vespe solitarie della famiglia Sphecidae e Pompilidae, per esempio, si nutrono del polline dei fiori ma vanno anche a caccia di ragni, bruchi o di cavallette. Le prede catturate saranno il primo pasto della futura prole. Vengono immobilizzate con l'aiuto di un particolare veleno, iniettato con il pungiglione, e poi trascinate in un foro nel terreno o in un piccolo ricovero di fango. In questo caso si tratta di una costruzione assai semplice, di forma globulare, con un piccolo foro di entrata, che la femmina costruisce con grande abilità raccogliendo il fango dalle zone umide. La vespa depone un uovo sulla preda all'interno del ricovero e poi sigilla per bene l'entrata del nido. La larva che nasce potrà così nutrirsi dell'insetto immobilizzato, ma ancora vivo (proprio come accade allo sventurato astronauta nel film Alien, in parte ispirato alla vita di questi insetti) e quindi non deperibile. Dopo qualche settimana dalla tana uscirà una vespa, uguale in tutto e per tutto alla propria madre. Alcuni insetti ricorrono addirittura a perfette forme geometriche. Basti pensare ai favi degli alveari delle api. Li costruiscono le operaie con la cera secreta dal loro organismo e divenuta malleabile con la temperatura. Non è un lavoro rapido: ogni celletta, dalla sofisticata forma esagonale e adibita a contenere il miele o le giovani larve, richiede il lavoro combinato e la manutenzione di decine di api. Perché proprio un esagono? Probabilmente perché questa sagoma consente la creazione di un reticolo di celle efficiente, che impiega la minor quantità di materiali da costruzione. Anche molte specie di vespe e calabroni realizzano strutture simili impiegando materiale legnoso masticato e rielaborato con la saliva. Perciò non è raro vedere questi insetti staccare piccoli pezzi di legno dagli alberi morti o dalle travi delle nostre abitazioni: sarà il cemento per i loro nidi.
Nonostante la sorprendente complessità, le costruzioni degli Artropodi non sono espressione di precedenti esperienze e di una vera e propria cultura. In parole povere questi animali non imparano dai loro genitori a costruire strutture così elaborate. Semplicemente, e in maniera analoga a quanto accade per molti altri animali, l'abilità fa parte del loro bagaglio genetico. I ragnetti di un Araneus o di un Argiope si disperdono subito dopo la nascita lontano dalla madre. Sfruttano un lungo filo di seta che funziona come una vela (o un paracadute in miniatura). Appena toccano di nuovo terra individuano un punto adatto su una pianta e cominciano a costruire la loro ragnatela, versione miniaturizzata di quella degli adulti. Si tratta della tela classica, circolare e perfettamente regolare, con una trama complessa fatta di cerchi concentrici e cavi di rinforzi. Nessuno ha insegnato niente al piccolo ragno. Non c'è bisogno di un grande cervello o di un apparato sensoriale troppo elaborato; basta avere le "istruzioni per la vita" caricate nel DNA. Nonostante i vantaggi immediati questo sistema ha anche un limite, perché il semplice apparato nervoso di cui gli Artropodi sono dotati impedisce loro di apprendere nozioni complesse, come invece accade per moltissimi vertebrati.

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