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La cicogna bianca

Un grande uccello che sorride, che vive sui tetti e annuncia primavera, fedele e dedito alla famiglia: non c'è da stupirsi se la cicogna fa parte da millenni della cultura umana

 

  • Vitantonio dell’Orto, Chiara Spadetti
  • maggio 2010
  • Mercoledì, 12 Maggio 2010

Forse è la dedizione con cui la coppia si lega per la vita, o l'impegno verso la prole, a colpire la sensibilità umana. Certo è che la cicogna è uno degli uccelli più noti. Il latino ciconia pare derivi da un'antica forma sumera indicante "colui che protegge la prole", per l'abitudine delle cicogne di ombreggiare i pulcini con le ali se il caldo è feroce. Forse è l'aspetto, aggraziato ed elegante, una sagoma in cui il bianco (la purezza) è il colore principale, o il ciglio nero e la linea alla base del becco, che le donano una sorta di sorriso perenne. Oppure la regolarità con cui, anno dopo anno, torna sulle case dei villaggi. Eppure la storia odierna della cicogna è la storia di un rapido declino, per la quale non si intravede un lieto fine.
È un uccello che supera il metro di altezza per un'apertura alare di quasi due. Le grandi ali le consentono di veleggiare senza batterle attivamente, il che la mette in grado di risparmiare energie nei tragitti migratori, e di sfruttare le correnti ascensionali per superare montagne o bracci di mare.
Il suo habitat è vario: dai boschi mediterranei alle praterie sino alle zone umide; non disdegna aree più degradate, considerando la sua attitudine a nidificare su case e tralicci. Lo spettro alimentare è vasto, e comprende insetti e pesci, anfibi e piccoli rettili, e sporadicamente piccoli roditori. È un'opportunista: può seguire i trattori per cibarsi dei lombrichi nella terra appena smossa, e in Africa accorre presso gli incendi di savana, camminando lungo il fronte di fuoco per cibarsi dei piccoli animali che scappano dalle fiamme.

Il nido è un grande ammasso di sterpi intrecciate, rivestito internamente con frasche e penne, posto alla sommità di campanili, sui tetti delle case, su tralicci elettrici, persino su statue o pali del telefono. Misura circa un metro e mezzo di diametro per mezzo metro di spessore ma, essendo riutilizzato anno dopo anno, può essere più imponente: anche due metri per due. Nelle aree in cui è più disturbata dall'uomo (di solito accolta a fucilate) può colonizzare grandi alberi o roccioni. Dove è numerosa tende a nidificare in modo gregario, con più coppie che si riproducono a distanza ravvicinata.
Sono uccelli silenziosi, che tuttavia hanno sviluppato una rumorosa quanto pittoresca "cerimonia di saluto", messa in atto ogni volta che gli adulti si incontrano sul nido in preparazione, per poi calare d'intensità dopo la deposizione e sparire del tutto con il crescere della prole. Il collo è slanciato all'indietro e inarcato sul dorso, il becco sbattuto velocemente in una sequenza di schiocchi rumorosi. La funzione è rassicurante e ed è sincrona tra i due partner nella delicata fase del corteggiamento e della riproduzione.

La stagione riproduttiva va da fine marzo a inizio maggio, secondo la latitudine. C'è solo una covata l'anno, di quattro o cinque uova. Durante la deposizione il maschio è prodigo di attenzioni per la femmina, le sta accanto e la incoraggia con tocchi del becco; la cova dura circa un mese. I pulcini sono curati da entrambi i genitori per un paio di mesi; dopo aver lasciato il nido sono seguiti e alimentati per altre due settimane. La crescita è velocissima: nei primi dieci giorni i pulcini aumentano il peso di quattro volte. Una volta sviluppati sono identici agli adulti, ma con becco e gambe nerastri anziché rossi. Le cicogne sono fedeli al sito di nidificazione, tornando a utilizzarlo anno dopo anno; anche i giovani tendono a riprodursi nella stessa zona, dando così inizio a parziali processi di colonizzazione locale.
È un tipico animale migratore: le popolazioni orientali migrano attraverso Siria e Medio Oriente verso l'Africa Orientale e Meridionale, mentre quelle occidentali passano per Gibilterra e svernano nell'Africa sub-sahariana, dove conducono vita nomade seguendo gli stormi di locuste da cui in buona parte dipendono. La carenza di insetti per la siccità può provocare forti oscillazioni numeriche nelle popolazioni degli uccelli. Il passaggio delle cicogne sul Bosforo, durante il quale centinaia di migliaia di esemplari oscurano il cielo intorno a Instanbul, è ormai un appuntamento fisso per appassionati birdwatcher.
Un tempo ben diffusa in tutto il continente europeo, la cicogna bianca ha registrato un drastico calo delle nidificazioni negli ultimi decenni. Le cause? Sparizione degli habitat naturali e dei siti adatti, impatto con linee elettriche, trasformazione dell'agricoltura in monocolture estensive che eliminano gli ambienti agresti tradizionali, fondamentali per la cicogna come per molti altri animali. Zone boschive, cespugli e siepi, corsi d'acqua liberi, prati umidi e paludi: una biodiversità che sosteneva una ricca microfauna. I problemi non sono solo in Europa: in Africa desertificazione, caccia a scopo alimentare (la cicogna è commestibile, i Romani la consideravano una prelibatezza), inquinamento e stravolgimento agricolo delle aree sub-sahariane, hanno portato a un tale calo che in molti paesi europei è nato uno sforzo comune per tentare di salvare la cicogna.

Nascono così i "Centri cicogna", per far riprodurre in cattività degli esemplari e legarli al territorio, così che fungano da richiamo ed esempio per gli esemplari di passaggio, per indurli a fermarsi e nidificare. Il primo centro di questo tipo nasce negli anni '40 in Svizzera, ad Altreu, per opera di Max Bloesch, da allora esempio e ispirazione per tutti gli altri, che ne hanno mutuato le metodologie d'intervento. Il futuro della cicogna in Europa non sembra tuttavia particolarmente roseo.
L'erosione degli habitat, l'industrializzazione delle campagne e l'eliminazione delle architetture tradizionali non si fermano a dispetto delle campagne informative sulla biodiversità: se il modello di sviluppo non cambierà la sorte della cicogna, e non solo la sua, appare tristemente segnata.

Alfaro, il paese delle cicogne
Nel cielo di Racconigi le cicogne sono una presenza costante da una ventina d'anni e alcune coppie nidificano in pieno paese suscitando regolarmente lo stupore dei visitatori della seicentesca residenza sabauda.
Viene da chiedersi quale spettacolo possa regalare allora la presenza non di pochi esemplari, ma centinaia di questi grandi uccelli sui tetti di un piccolo centro abitato: è quanto si verifica nel paese spagnolo di Alfaro, che sorge nella Valle dell'Ebro a un centinaio di chilometri da Pamplona. A fronte di una popolazione umana numericamente simile a quella di Racconigi (circa 9500 abitanti), Alfaro vanta il primato della densità di cicogne bianche più alta d'Europa, con oltre 120 coppie nidificanti: considerando che ciascuna di esse alleva mediamente 3 pulli, al momento dell'involo il cielo di Alfaro si popola di oltre 500 cicogne, con grande orgoglio degli abitanti.
A tale densità, di per sé già straordinaria, si aggiunge (caso unico in Europa) l'eccezionale concentrazione di nidi su un singolo edificio, la chiesa di San Michele Arcangelo (XVI-XVII sec.), pregevole esempio di barocco aragonese: con le numerose cupole, cornici e pinnacoli, l'edificio più importante di Alfaro rappresenta agli occhi delle cicogne il sito ideale per la costruzione del nido, tanto che si calcola che la superficie occupata dagli uccelli si aggiri ormai intorno ai 2000 mq.
Alfaro piace talmente alle cicogne da ospitarle persino nel periodo invernale, che solitamente questa specie trascorre nell'Africa sub-sahariana. Ricordando le antiche credenze popolari che legano la presenza delle cicogne alla nascita dei bambini, viene inevitabilmente da chiedersi se l'elevata percentuale di parti gemellari che si verificano ad Alfaro rispetto al resto della Spagna non sia tutt'altro che casuale.
(C. S.)

 

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