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Rapaci, angeli sulla città

Non è inconsueto imbattersi in rapaci, anche nel centro città: simili ad angeli staccatisi da un affresco si aggirano in cerca di cibo fra suggestioni letterarie e cinematografiche

  • Carlo Grande
  • ottobre 2019
  • Venerdì, 18 Ottobre 2019
Astore  - Foto Pixabay Astore - Foto Pixabay

Un esercito di animali, come nelle fiabe, viene a trovarci in città: arrivano di soppiatto o sfacciatamente, portano un frisson di selvatico. Tra le specie nobilissime di uccelli - come i gufi, i barbagianni, le civette - i più affascinanti sono i rapaci, gli "angeli sopra la città".

Escludendo quelli che volano sopra l'aeroporto di Caselle per scongiurare gli impatti fra uccelli e aerei nel corso di decolli o atterraggi (l'arte secolare della falconeria sopravvive alle porte di Torino, tempio della tecnologia, al servizio dell'"agibilità aeroportuale") anche nel centro di una metropoli non è impossibile avvistarne.

Il falco pellegrino, ad esempio, può nidificare sugli antichi palazzi dei centri storici. A Torino se n'è visto qualche esemplare anche sulla Mole Antonelliana. Anche l'astore, falco che ama le foreste e i grandi alberi, a volte fa un'eccezione e visita la metropoli.

I rapaci sono letterari: capita che la Sunday Book Review del NYTimes apra con un libro di Helen Mcdonald dedicato a un falco, H Is for Hawk, un "goshawk", un astore.

Donne e rapaci sono una storia infinita, come Ladyhawke o l'ornitologa amata da John Belushi che studia le "bald eagles" sulle Montagne rocciose - il Parco ha ormai più di cent'anni - in Chiamami aquila. Al solito la traduzione italiana è riduttiva, l'originale è Continental divide, "spartiacque continentale", la linea di cresta dalla quale i fiumi cadono verso l'Oceano Pacifico o l'Atlantico, che nel film diventa spartiacque e scelta affettiva, esistenziale.

Lei dice: "Ti porto in un posto senza alberi", lui risponde: "Chicago?". No, è l'alta montagna, il regno delle rocce. Abbarbicato alle sue precarie sicurezze, lui non capisce che certe volte bisogna giocarsi il match point e scegliere: o di qua o di là. Il "continental divide" è sulle montagne, in un luogo aspro, difficile da raggiungere, che rende liberi. Un volo d'aquila lo può superare: l'incalito giornalista metropolitano Belushi, alla fine, capirà, e metterà le ali.

Questo è essere rapaci e volare alto: un bellissimo esemplare di astore ha pattugliato per qualche tempo le vie di Torino, vicino al Po, si aggirava per le vie del centro, in via Mazzini, Borgo Po e in altre zone della cittá, sollevando interrogativi. Una presenza strana, incredibile: come un albero nel deserto o un angelo dipinto sui muri di una cattedrale. Immaginate un miracolo, di vedere un Arcangelo lasciare l'affresco e volare per le navate.

La prima apparizione dell'astore tra i negozi del centro è stata una visione: un rapace marroncino-nocciola, apertura alare di un metro, planava sul cofano della nostra auto. Stentavamo a crederci, ma come? Un falco in pieno centro cittadino, che si perde acrobaticamente tra gli alberi di un cortile!

Era un giovane esemplare maschio di Accipiter gentilis, rapace che di solito vive tra i boschi. Vederlo in città è un evento rarissimo. Dev'essersi accorto che tra le vie della "ricca" metropoli c'è abbondanza di piccoli uccelli come i piccioni, e di scoiattoli, ad esempio. Gli animali, in genere, in città cercano cibo, quello che noi sprechiamo e buttiamo a chili, a quintali. Per questo si moltiplicano ratti, cornacchie, gabbiani, scarafaggi. I "visitors", inoltre, trovano le città accoglienti: più calde, soprattutto di notte e d'inverno (un paio di gradi in più rispetto alla campagna), relativamente libere da pesticidi, ricche di fontanelle e fontane per dissetarsi, d'estate.

Torniamo all'astore, guerrigliero da boscaglia e non da spazi aperti come il falco pellegrino. Come tutti i rapaci è una specie protetta, non deve essere disturbato. Il falco pellegrino si riconosce invece dalla silhouette più agile e compatta; le ali sono strette e a punta e non larghe e frangiate all'estremità, come quelle della poiana. Ha colpi d'ala veloci, vigorosi; i battiti dell'astore, come quelli della poiana, tendono ad essere più lenti.

Le ali dell'astore sono relativamente corte e larghe, ampie e arrotondate nelle punte, hanno battito potente e poco ingombrante. La coda è relativamente lunga, per timonare e dirigere il volo nelle foreste più intricate. Il nostro falchetto è predisposto non alle grandi velocità ma a una buona mobilità in spazi ristretti.

Vocalizza volentieri, un verso acuto, kiekiekié; gli astori comunicano fra loro, specie nelle foreste o durante il corteggiamento e la nidificazione, emettono vari suoni, quelli della femmina più profondi e più forti. E difendono il loro spazio ferocemente.

Ora aspettiamo la prossima visita, sui cieli di Torino. Forse ci apparirá in qualche parcheggio, durante un banale shopping o all'ora dell'aperitivo. In alto, nelle giornate limpide, possiamo vederne dalla collina, dove la visuale è più tersa. Starà quasi fermo lassù nell'aria, come uno spirito santo. Trattiamolo bene, è uno straniero, una specie di Dioniso che arriva a Tebe; non è stato invitato ma è arrivato lo stesso, senza permessi, timbri e passaporti. Ha i diritti della fame. Volerà sulle nostre teste lasciandoci stupefatti, commossi. Porterà con sé annunci, come ogni angelo, e interrogativi sull'umana natura e sulla natura selvaggia. "Ogni angelo è tremendo", dice Rilke.

 

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