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Il lupo? Un problema politico

C'è davvero una nuova emergenza lupo in Piemonte? Realmente gli allevatori e gli agricoltori nostrani rischiano di rimanere in ginocchio per le razzìe di pecore e capre? Ed è giustificato auspicare l'eliminazione del lupo dalle nostre montagne?

  • Mauro Pianta
  • aprile 2010
  • Giovedì, 15 Aprile 2010

Che succede? Il lupo piemontese fa di nuovo paura? I dati contenuti nell'ultimo rapporto annuale elaborato dai tecnici della Regione Piemonte nell'ambito del "Progetto Lupo" (nato nel 1999 per monitorare la specie e promuovere la convivenza) sembrano ridimensionare il problema. Vediamoli, allora. Nel corso del 2009 sul territorio regionale ci sono stati 142 attacchi a opera di canidi (lupi o cani vaganti) che hanno causato la morte o il ferimento di 376 animali domestici (per lo più ovini e caprini). Incursioni che l'ente regionale ha risarcito con 74mila euro. La più colpita è stata senz'altro la Provincia "Granda" con 264 capi di bestiame persi, frutto di 95 attacchi costati alla Regione 57mila euro di indennizzi. Diamo un'occhiata ai report degli anni passati. Nel 2007 gli attacchi eseguiti da canidi in tutto il Piemonte sono stati più numerosi (153) di quelli riferiti al 2009, con 448 bestie colpite. L'anno successivo, poi, le predazioni sono risultate sostanzialmente identiche a quelle registrate nel 2009 (141 a fronte di 142), ma le perdite si sono attestate su una quota maggiore: 454. E veniamo alla zona del Cuneese: qui nel 2007 vengono segnalati 70 attacchi (sono stati 95 nel 2009) costati 172 capi. Nel 2008, invece, a fronte di 73 incursioni si sono verificate 268 perdite (264 nel 2009). «In pratica – osserva Francesca Marucco, responsabile scientifica del Progetto Lupo – l'analisi dei dati a livello regionale evidenzia come la situazione si presenti tendenzialmente stabile. Ciò significa che gli allevatori, grazie allo sviluppo di misure sostenute dalla Regione quali il maggior controllo delle greggi, l'utilizzo di reti elettrificate mobili e di cani da guardiania, hanno risposto con efficacia al ritorno del lupo nelle Alpi. I problemi – prosegue Marucco – persistono nelle zone di più recente occupazione da parte del carnivoro, come le Valli Grana e Maira, e per quegli alpeggi i cui conduttori non hanno ritenuto opportuno dotarsi di sistemi di protezione. Un dato eloquente per la "Granda", per esempio, è la concentrazione dei danni a carico di sole tre aziende che, trovandosi in aree in cui la ricolonizzazione del lupo è recentissima, non hanno ancora adottato interventi di protezione adeguati». Insomma secondo Marucco, a livello di territorio regionale, non è corretto parlare di un «conflitto uomo-lupo» perché «la convivenza ormai funziona». Funziona anche grazie a strategie varate dalla Regione quali il Premio di Pascolo Gestito, un premio in denaro ai pastori che fanno uso di buone pratiche di alpeggio. «Certo – precisa ancora la responsabile – esistono casi isolati, situazioni in alcune zone del Cuneese nelle quali occorre lavorare sulla prevenzione e sul dialogo». Il Cuneese, dunque, resta l'area più problematica anche perché ospita il numero maggiore di lupi presenti in Piemonte: nove branchi su una popolazione complessiva stimata in cinquanta capi. Una popolazione, conviene ricordarlo, che in termini assoluti, al termine dell'inverno 2008-2009, è diminuita. I motivi? Gli avvelenamenti e gli investimenti da parte di treni e automobili.
«Però – si domanda Nanni Villani, responsabile comunicazione del Parco Alpi Marittine all'interno del quale opera il "Centro Grandi Carnivori" – che senso ha parlare, come ha fatto qualche politico, di 52mila predazioni avvenute nella provincia di Cuneo durante il 2009? Evidentemente – conclude Villani – hanno prevalso le fibrillazioni elettorali: si è trattato di un modo per ingraziarsi i pastori. Ma non è eliminando il lupo che scompaiono i guai della montagna». Chiamato in causa, il consigliere e capogruppo regionale del Pdl, William Casoni, replica: «Il dato delle 52mila predazioni ci era stato fornito dalla Coldiretti ma presumo si sia verificato un fraintendimento. In ogni caso la mia posizione al riguardo è quella di ridurre i finanziamenti dedicati allo studio del fenomeno e incrementare invece i rimborsi agli allevatori...». Sulla questione interviene Giuseppe Canavese, responsabile gestionale del Progetto Lupo: «I contributi al monitoraggio hanno già subito delle riduzioni. Ma non si può azzerare la ricerca. Come facciamo a fare una prevenzione mirata, nell'interesse stesso dei pastori, se poi non sappiamo dove si trovano i lupi?». «Il lupo – ricordano le associazioni ambientaliste della Granda – non è stato reintrodotto nel Cuneese, ma vi è giunto spontaneamente, dall'Appennino, come dimostrano tutte le evidenze scientifiche. L'attacco al lupo, dunque, sembra demagogico, appare orientato a lasciar le cose come stanno per non intaccare gli interessi dei grandi allevatori. In questo modo – concludono – si trova un capro espiatorio, il "lupo cattivo" appunto, per nascondere le mancanze della politica nell'affrontare i problemi della pastorizia e della montagna. Il ritorno del lupo, per altro, è avvenuto in un momento in cui la pastorizia era già in crisi». Della «necessità di trovare un equilibrio tra natura e uomo» parla, in una nota, la Coldiretti di Cuneo (40 mila iscritti). «Ormai – si legge – non è più possibile lasciare gli animali in alpeggio allo stato brado e spesso cani e reti elettriche non bastano. Sappiamo bene che i lupi sono una specie protetta dalle normative europee e nazionali, ma viste le difficoltà è indispensabile contenere il predatore per non arrivare all'abbandono della pratica dell'alpeggio. Un abbandono che rappresenterebbe una perdita per tutta la comunità poiché l'opera dei pastori conserva e valorizza la montagna».
In effetti la richiesta di valutare l'opportunità di una deroga alla legislazione comunitaria e nazionale per un abbattimento controllato dei lupi era stata inoltrata al ministero dell'Ambiente, nell'ottobre scorso, dall'assessorato regionale all'Agricoltura. L'abbattimento del singolo esemplare, secondo l'assessorato, si poneva come extrema ratio, dopo aver verificato che tutte le misure preventive possibili fossero state messe in atto e si fossero dimostrate inefficaci, compreso lo sparo "a salve". A febbraio, però, era arrivato il no del Ministero. Secondo i tecnici ministeriali «interventi di contenimento del lupo in Italia sono prematuri e per il momento i conflitti tra l'uomo e il predatore vanno affrontati con politiche di prevenzione e compensazione dei danni». Il parere tecnico esprimeva poi apprezzamento per gli interventi messi in campo dalla Regione Piemonte che, su questo fronte, si segnala quale «modello di riferimento particolarmente avanzato». Eppure c'è chi, pur facendo il mestiere di pastore, ha una posizione contro-corrente. È il caso di Michele Baracco, 60 anni e un gregge da portare in alpeggio sui 2mila metri del Mondolè. «Credo – dice – sia giusto lasciare libera la pratica del pascolo incustodito ma, in quel caso, le perdite non dovrebbero essere risarcite. Detto questo, non illudiamoci che la custodia, di per sé, significhi zero attacchi. Il pastore sparerà sempre per difendere il proprio lavoro. Forse sarebbe saggio dotare i pastori di dissuasori che sparino proiettili di gomma. Ciò indurrebbe il lupo a rivolgersi alla fauna selvatica e a ritrovare una sana paura degli insediamenti umani. D'altronde – conclude – l'autentico spirito di tutela deve riguardare la specie nel suo complesso e non può concentrarsi in modo sdolcinato sul singolo animale».


I costi del Progetto Lupo nel 2009

Costo attività due veterinari per accertamenti e supporto pastori: 76.000 €
Costo collaboratore estivo: 5.000 €
Spese per reti e cani: 17.000 €
Spese per indennizzi: 74.146 €
Spese per Premio Pascolo
•Gestito: 81.645 €
•Spese Postali: 741€
Totale costi di prevenzione e indennizzi: 254.532 €
Spese attività di monitoraggio:(ricercatori e coordinamento scientifico) 100.500 €
TOTALE SPESA 2009: 355.032 €

Una cifra finanziata dall'assessorato regionale all'Agricoltura (per 204mila €),
dall'assessorato all'Ambiente- settore parchi (120mila €)
e dal Museo regionale di Scienze naturali (31mila €).

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