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Anche le grotte hanno un clima

Si dice “clima” e si pensa a cieli nuvolosi, “astronomia” e si pensa a cieli stellati. Ma anche le grotte hanno un clima, e la disciplina che lo studia è la “climatologia sotterranea”

  • Federico Magrì
  • dicembre 2009
  • Mercoledì, 30 Dicembre 2009

Climatologia sotterranea è un termine che pare bizzarro quanto quello di “astronomia sotterranea”, scienza che studia i neutrini d’origine cosmica e per farlo deve andare sottoterra, perché per rivelare quelle elusive particelle bisogna schermarsi dalla radiazione esterna con chilometri di roccia; ma anche il clima sotterraneo è un interessante soggetto di studio, ha un comportamento fisico molto complesso e ancora poco compreso.
Inutili entrambe? No, la climatologia sotterranea ha un’utilità davvero immensa: crediamo che basti ampiamente far notare che vino, formaggi e salumi maturano in ambienti sotterranei; la conservazione e la maturazione degli alimenti tradizionali si basa sulle peculiarità del clima e, di conseguenza, della vita microscopica che si forma in ambienti chiusi ed “immutabili”. L’astronomia neutrinica non può reggere il confronto...
Gli studi di questi microclimi naturali sono però abbastanza recenti, e solo da poco si è riusciti a capirne la fenomenologia di massima. Il motivo c’è, si tratta di problemi d’estrema complessità.
L’isolamento di questi ambienti, che si può protrarre per milioni d’anni nel caso di cavità naturali (grotte) o molte migliaia nel caso d’artificiali, fa sì che anche effetti fisici che all’esterno sarebbero trascurabili là sotto non lo siano, perché il loro effetto va valutato su tempi lunghissimi. “Gutta cavat lapidem”, e si lascia dietro, appunto, una piccola grotta.
Cantine e grotte: le prime si possono considerare grotte molto piccole, male isolate e con scarsa corrente d’aria. Entrambe, in generale, hanno una temperatura molto costante perché la capacità termica del sistema termicamente a contatto con l’atmosfera interna, la roccia in cui sono scavate, è molto maggiore di quella dell’aria racchiusa. La temperatura è dunque costante, ma quanto vale? Vediamo.
La differenza essenziale fra le montagne carsificate e quelle che non lo sono, è che le prime sono state attraversate, anche nelle loro profondità, da ingenti masse d’acqua, mentre nelle seconde le acque nel nucleo sono quasi immobili e tutti gli scorrimenti avvengono nelle decine di metri più superficiali.
La montagna con grotte è stata quindi attraversata nei millenni da masse d’acqua ben maggiori della sua stessa massa e ha finito per assumere, circa, la temperatura media dell’acqua che vi è scorsa, che a sua volta è, circa, la temperatura media della località ove cade. Ma il clima cambia, la temperatura media pure... Infatti le grotte reagiscono con ritardo ai cambiamenti climatici, si ricordano del clima di epoche passate, e questo è un bel punto d’interesse per la climatologia ipogea, tuttora non studiato. Possiamo aggiungere altre complicazioni: la temperatura media delle precipitazioni non è esattamente quella del luogo, ma un po’ più bassa, l’aria che circola nelle grandi grotte può partecipare agli scambi termici, perturbandoli... Insomma, sotto a quei “circa”, e a molti altri che abbiamo omesso, c’è da studiare per decenni. Per ora accontentiamoci di questo: le grotte, soprattutto se sono piccole come cantine, hanno circa la temperatura media annuale del luogo ove si aprono.
Questo rende conto anche di un fatto bizzarro: le grotte sono fredde, mentre le miniere sono assai calde. È vero? In genere sì. Le grotte sono fredde nel senso che hanno la temperatura media dei luoghi ove sono: 14°C sul Mar Ligure, 13°C a Torino, 6°C a Courmayeur, 2°C al Sestriere. Le miniere, invece, in genere risultano scavate in rocce con acque immobili e quindi, ottimi isolanti termici come sono, il piccolo calore che sale dalle profondità della terra è bastato a scaldarle. L’interno delle montagne senza circolazioni d’acqua è infatti a una temperatura che cresce di circa 30°C ogni chilometro di profondità.
Anche questa particolarità del clima sotterraneo in cavità artificiali ha una sua utilità: nello scavo dei tunnel alpini. Il modo principale per essere preavvertiti dell’avvicinarsi del fronte di scavo a una grande infiltrazione d’acqua, un’eventualità sempre terrificante, è quello di misurare la temperatura della roccia; se essa cresce regolarmente con la profondità si può scavare senza troppa paura, ma se comincia a scendere si sa per certo che si preparano guai seri, esattamente come avvenne nel ’61 al traforo del Monte Bianco.
Naturalmente nella definizione del clima sotterraneo intervengono molti altri fattori; ad esempio, le temperature delle acque e arie entranti variano con le stagioni (e con le ere...) che quindi giungono molto attutite nel profondo delle montagne, ma giungono. Poi ci sono complessi processi di condensazione, aerosol che purificano in modo estremo l’aria delle grotte (su questo è basata la speleoterapia), correnti d’aria dovute ad effetto “camino”, altre dovute alle variazioni della pressione atmosferica, rilasci d’anidride carbonica d’acqua sovrassatura, rilasci di radon... Insomma, possiamo dire in generale che la presenza di un reticolo di grotte permette alla montagna di venire a essere termodinamicamente inclusa nell’atmosfera, ma dobbiamo aggiungere anche che quest’inclusione avviene attraverso un poderoso filtro termico che smorza gli effetti più evidenti e pone problemi di fisica veramente difficili.
Uno dei fattori che più recentemente ha iniziato a perturbare il clima del profondo delle montagne è l’uomo, che si è messo in testa di esplorarne le vie profonde e a volte persino di renderle turistiche. Un vero guaio. Ognuno di noi, oltre a essere un buon produttore d’anidride carbonica e vapor d’acqua, è pure una stufetta di almeno 100 W di potenza a 37°C ed è accompagnato da un invisibile pennacchio di polveri e vapori. Di quest’ultimo si accorgono facilmente sia i cani, che lo usano per riconoscerci, che le grotte più delicate, che a forza di passaggi umani si scaldano, erodono, rovinano, sporcano. Per questo le ricerche sul clima sotterraneo stanno assumendo un’importanza strategica per la protezione delle grotte turistiche, una realtà da 2 milioni di visitatori l’anno solo in Italia, e difatti le prime ricerche in questa direzione sono state realizzate proprio dall’International Show Cave Association.
Con un’ottica più generale la Società Speleologica Italiana, in accordo con le organizzazioni locali di speleologia e diverse università italiane, ha intrapreso ricerche sistematiche volte a capire la sensibilità delle grotte all’impatto umano.
In questo quadro è entrata recentemente in funzione una nuova stazione di misure endoclimatiche nella grotta di Rio Martino, nei pressi di Crissolo, ai piedi del Monviso, che si aggiunge alla preesistente stazione per le misure idrogeologiche. Si tratta di strutture realizzate dall’Associazione Gruppi Speleologici Piemontesi su finanziamento della Regione Piemonte, in collaborazione con il GS Valli Pinerolesi, il Dip. di Fisica Generale dell’Università e il Dip. di Georisorse del Politecnico.
È una stazione che permetterà di studiare i processi climatici in una grotta di tipo alpino, con torrente, forti correnti d’aria, in una zona spesso innevata, ma che è soprattutto finalizzata a sviluppare una nuova generazione di strumenti e metodologie di misura che permettano di seguire in dettaglio gli scambi termici che avvengono nelle grotte.
Per poterlo fare occorre migliorare almeno di un fattore dieci le tradizionali misure di temperatura e velocità dell’aria, e di mille quelle dell’umidità, ma già nell’attuale stadio di sviluppo quella di Rio Martino è la stazione di misure sotterranee più avanzata al mondo.

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