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Baraggia atipica brughiera

La fascia pedemontana alpina nord-occidentale è caratterizzata dalla presenza di un particolare habitat, risultato dell'azione congiunta dell'uomo e della natura, che rischia di scomparire.
"... in realtà l'unicità di questo ambiente dovrebbe costituire da sola un motivo di riflessione dal momento che non si tratta più di valutare l'impatto di una bonifica sull'ambiente, ma di considerare la totale scomparsa di un paesaggio unico in Europa." (Don Luigi Leto, personaggio simbolo delle azioni per la protezione della Baraggia)
Dalla Biblioteca delle Aree protette: Regione Piemonte, La rete natura 2.000 in Piemonte, i Siti di Importanza Comunitaria Fabrizio Battelli, Roberto Vanzi, Baraggia guida alla natura, Grafica Sanhianese editrice.

  • Filippo Ceragioli
  • novembre 2012
  • Lunedì, 5 Novembre 2012

Vauda (Canavese), Baraggia (Biellese, Vercellese), Gerbido (Torinese), Groane (Milanese) sono altrettante denominazioni locali usate per indicare realtà geografiche simili, di transizione tra gli ultimi rilievi alpini e la pianura padana. Si tratta in sintesi delle grandi conoidi depositate dai torrenti post-glaciali pleistocenici, pianalti detritico-argillosi che gli stessi fiumi hanno successivamente inciso. Tra i terrazzi più antichi risalenti al Mindel (uno dei periodi glaciali canonici) ci sono quelli della Bessa, di Castellengo e di Pian Rosa. Poveri di humus e poco fertili hanno suoli che presentano un alto grado di acidità e sono ricoperti da una vegetazione arborea pioniera. Queste aree scarseggiano di sorgenti e sono difficilmente irrigabili perché l'acqua scorre più in basso, e che anche per questo motivo sono rimaste per molto tempo ai margini dello sviluppo urbanistico e dello sfruttamento agricolo. Utilizzate soprattutto per il pascolo brado e la pastorizia, hanno evoluto un particolare habitat caratterizzato da vaste distese di ericacee e da una rada copertura arborea, principalmente betulle dalla bianca corteccia che danno al paesaggio caratteristiche del tutto particolari. Botanicamente possono essere definite "brughiere a Calluna atipiche" e sono "profondamente diverse, come caratteri flogistici, climatici e podologici, da quelle del Nord Europa", come rilevava già nel 1972 il botanico Gimingham. Soprattutto in autunno, quando il colore degli alberi vira verso il dorato, le suggestioni esotiche si fanno più forti tanto che le zone paesaggisticamente più particolari sono state definite "savana di casa nostra". Non a torto: aggirandosi per il Baraggione di Bellavista ci si aspetterebbe davvero di imbattersi in un leone o in un rinoceronte, anche se in passato l'incontro più probabile era con un "Leopard" - inteso come carro-armato, essendo parte di quella zona destinata alle esercitazioni militari. Tutto questo però non ha impedito che lo sfruttamento economico negli ultimi decenni si sia accanito anche contro baragge e groane. Bonifiche, infrastrutture, autostrade, aree industriali, discariche e le onnipresenti villette hanno drasticamente ridotto la loro estensione. Se alcune zone si sono salvate è poi dovuto anche alla presenza delle già citate servitù militari. Nel milanese non sopravvivono che pochi lembi interstiziali protetti dal parco Regionale delle Groane. In Piemonte è la Riserva delle Baragge a tutelare i frammenti residui, prossimi tra loro ma non contigui. Una ulteriore minaccia alla conservazione di questo habitat è l'abbandono delle attività pastorali tradizionali. Infatti senza più sfalci, con la riduzione del pascolamento (oggi ridotto a poche greggi di pecore) e l'abbandono della pratica del debbio (che prevede l'abbruciamento della vegetazione residua secca al suolo per rinnovare le formazioni erbacee) la brughiera evolverebbe in un bosco misto con la perdita di molte delle caratteristiche che ne fanno un importante riserva di biodiversità. L'area baraggiva più nota e frequentata è senz'altro quella situata nel Biellese a est di Candelo, il paese del Ricetto medievale e dell'ecomuseo del vino. Altre zone sono quelle di Verrone, di Rovasenda (a Masserano esiste anche una piccola oasi del WWF) e, in sinistra idrografica della Sesia, quelle di Bellinzago (altra oasi WWF) e di Pian Rosa. Quest'ultima area, poco conosciuta e frequentata dagli stessi locali, è invece battuta dai cercatori di funghi essendo ricca di porcinelli (Boletus rufus). Si estende dalle ultime propaggini montuose che circondano lo scoglio calcareo del Monfenera alla dorsale collinare che si protende verso Novara e dove vengono prodotti gli ottimi vini DOC Fara, Sizzano e Ghemme. Al centro è tagliata dall'autostrada Voltri-Sempione, ed è proprio percorrendo quest'ultima che, dopo la galleria di Gemme, si può avere una frettolosa e fugace idea delle caratteristiche del territorio. Lo stesso toponimo, " Piano Rosa", può essere ricondotto al panorama che nelle limpide giornate invernali ha come quinta l'imponente massiccio del Monte Rosa appunto. Piano Rosa, ai sensi della direttiva Habitat recepita dalla Regione Piemonte, è oggi un Sito di Importanza Comunitaria (SCI) esteso su una superficie di quasi 12 Kmq. L'area è per lo più pianeggiante, con incisioni scavate dai modesti corsi d'acqua che la solcano. La copertura forestale a querco-carpineto è qui prevalente rispetto ad altre zone baraggive. Sono pure presenti estesi coltivi abbandonati che si stanno naturalmente rimboschendo e piantamenti artificiali di conifere e querce rosse. Modesta è invece l'estensione della brughiera, qui come altrove dominata da Calluna vulgaris, dalle molinie e dalle festuche. Il territorio è poi punteggiato di betulle, piante pioniere per eccellenza. Di ridotte dimensioni ma importantissime da un punto di vista naturalistico sono le zone umide, che ospitano specie rare o poco comuni come Gladiolus palustris o Genziana pnemonanthe. Insolite presenze a queste quote sono l'arnica e il velenoso veratro. Ricchissima è l'avifauna (e i fotografi naturalisti hanno di che sbizzarrirsi) che conta oltre 80 specie segnalate fino ad ora, tra le quali 54 nidificanti. Picchi, codirossi, luì sono comuni e non è improbabile l'incontro con il succiacapre, l'averla e l'ortolano, un uccello nidificante e sedentario tipico delle regioni più meridionali ma decisamente inusuale da queste parti. La zona è anche frequentata dal nibbio bruno e dalla rara cicogna nera, provenienti dal vicino monte Fenera. Non mancano infine gli anfibi (tritone e pelobate) e, tra gli insetti, rare farfalle e coleotteri. La fruizione turistico.naturalistica della baraggia è ancora da promuovere. La zona escursionisticamente più interessante è quella tra cascina Strona, Poianino e San Germano e si presta bene a escursioni a cavallo o a passeggiate in bicicletta. Gli accessi principali sono lungo la strada che da Romagnano conduce a Borgomanero o quella che da Ghemme va a Cavaglio d'Agogna. I pannelli informativi posti all'imbocco delle vie secondarie suggeriscono i percorsi più interessanti. E per passeggiare in compagnia e conoscere meglio la zona l'Ente Parco e i comuni della zona organizzano il piacevole evento "6 in baraggia", che si conclude nel cuore della riserva con un rustico pranzo e esibizioni varie (nel 2012 erano presenti i falconieri di Varese) La gestione della riserva di Pian Rosa e del relativo SIC, dopo la revisione degli Enti di gestione operata dalla Regione, è stata affidata all'"Ente di gestione delle Riserve pedemontane e delle terre d'Acque", con sede a Albano Vercellese (Lame di Sesia) .

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