Negli ultimi anni il turismo alpino è molto cambiato, per caratteristiche e numeri di chi lo pratica: con la proliferazione di nuove attività ricreative e sportive sono in aumento gli appassionati che raggiungono gli angoli più remoti delle nostre montagne.
Trekking e trail running, mountain bike, sci alpinismo, escursionismo con le racchette da neve, sono soltanto alcune delle attività che vengono praticate d'estate o d'inverno da un numero crescente di persone.
Tra le cause di questo "boom" vi è sicuramente lo sviluppo dell'industria dell'outdoor che mette a disposizione degli amanti della montagna materiali e attrezzature in costante evoluzione tecnologica, come e-bikes o sci da alpinismo sempre più leggeri e performanti, che permettono anche ai neofiti l'accesso a luoghi un tempo appannaggio dei soli atleti o degli escursionisti più allenati.
Si tratta di un fenomeno che presenta una serie di vantaggi e svantaggi: tra i primi vi è sicuramente lo sviluppo di tutte le attività economiche legate alla montagna, tra i secondi un crescente impatto negativo su flora e fauna selvatici.
Animali in pericolo?
La presenza umana è sempre percepita dagli animali selvatici come un pericolo. In periodi dell'anno particolarmente "stressanti" come l'inverno, ciò comporta un maggior dispendio energetico per l'animale che, alla lunga, può veder peggiorare le proprie condizioni di salute, diminuire le sue capacità riproduttive e, nello scenario peggiore, essere costretto ad abbandonare il suo habitat, per sfuggire al disturbo arrecatogli dall'uomo.
Affrontare gli impatti negativi delle attività ricreative sulle specie che vivono nelle aree protette è un compito importante e difficile, che presuppone una strategia integrata cui partecipino tutti i portatori di interesse coinvolti nella filiera turistica locale, dai fruitori agli operatori economici che vivono in montagna. Servono quindi informazioni adeguate per i turisti, ma anche percorsi di formazione per chi in montagna lavora e adeguati strumenti di gestione per le aree protette.
E' per questi motivi e con queste finalità che nasce il progetto RESICETS, acronimo di Resilienza ambientale delle attività ricreative nelle Aree protette dell'Ossola, sorto grazie alla Carta Europea per il Turismo Sostenibile.
Il progetto RESICETS
La resilienza, recita il dizionario, consiste nella "capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà", in altre parole adattamento alle avversità. In questo caso, dunque, si tratta di favorire la resilienza dell'ambiente naturale nel suo complesso allo stress indotto, seppur involontariamente, dalla presenza dell'uomo.
Unico nel suo genere in Italia, il progetto RESICETS nasce dalla collaborazione fra la CIPRA Italia e l'Ente di Gestione delle Aree Protette dell'Ossola, ed è sostenuto dalla Fondazione Cariplo. CIPRA (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi) è una organizzazione non governativa con sede in Liechtenstein e comitati in otto Paesi alpini (l'ufficio italiano si trova a Torino) che propone modelli di sviluppo alpino sostenibile ed è stata promotrice della Convenzione delle Alpi, trattato internazionale vincolante firmato dagli Stati alpini nel 1991.
Il progetto RESICETS ha una durata di tre anni - cominciato nel 2018 terminerà nell'anno in corso - ed è collegato all'iniziativa Be Part of the Mountain, un progetto di cooperazione internazionale che intende creare sinergie tra le aree protette, le ONG, gli enti pubblici e tutti i soggetti attivi sull'arco alpino ed è coordinato da ALPARC, Rete delle aree Protette Alpine.
"Si tratta di una serie di azioni collegate fra loro" ci spiega Daniele Piazza, componente di CIPRA italia e coordinatore di RESICETS. "Partiamo da una campagna di comunicazione, rivolta tanto ai turisti quanto agli operatori locali e condotta tramite social media, internet, articoli sulla stampa locale, e con la realizzazione di brochures informative. Vi è poi un'attività di formazione che si rivolge a chi in montagna lavora: produttori, ristoratori e albergatori, guide e accompagnatori, gestori di rifugi e di attività ricettive che si impegnano a fianco dell'Ente parco per la gestione e la riduzione degli impatti delle attività ricreative e turistiche e conseguono una certificazione in tal senso.
A tal fine quest'inverno sono stati organizzati dei workshop "sul campo" con la collaborazione delle guide alpine, che hanno portato gli operatori sui sentieri innevati, con sci e racchette, per sperimentare concretamente una serie di azioni pratiche. In questo modo gli operatori coinvolti si impegnano a rispettare e far rispettare le azioni previste dalla Carta europea per il turismo sostenibile. Come ulteriore "step" verranno individuate nelle aree comprese in Rete Natura 2000 degli itinerari e delle zone "di quiete" ove sia possibile praticare il turismo alpino con un impatto negativo ridotto al minimo".
"L'Ossola è il primo ente italiano che porta avanti il progetto – prosegue Daniele Piazza - ma speriamo che alla sua conclusione, nel 2020, sia possibile allargare la collaborazione anche ad altre aree protette"
Come comportarsi in montagna?
La resilienza degli habitat naturali, della flora e della fauna è favorita da una serie di comportamenti virtuosi che noi tutti possiamo (e dovremmo) osservare.
L'Ente di gestione delle aree protette dell'Ossola ha pubblicato sul proprio sito internet una serie di indicazioni e consigli pratici afferenti al progetto RESICETS, come la pagina "muoversi consapevolmente" dove vengono spiegate regole via via più precise, anche in base al periodo dell'anno in cui ci si trova a frequentare la montagna.
In inverno, alcuni animali (come camosci e stambecchi) tendono a rimanere il più lungo possibile in zone riparate, soleggiate e con disponibilità di cibo come i margini del bosco, le creste e le dorsali con scarsa copertura nevosa. Altri animali (come il fagiano di monte) si preparano invece delle tane nella neve.
Per questo, quando ci si muove a piedi, con gli sci o con le ciaspole, occorre evitare queste tipologie di zone (soprattutto nelle prime ore del mattino e all'imbrunire) e possibilmente seguire tracce già esistenti, sentieri e piste forestali, evitando di lasciare un segno del nostro passaggio al di fuori di queste aree. E' interessante, a proposito, il grafico riportato dal sito dell'Ossola che illustra la "teoria dell'imbuto" e cioè la direzione che è meglio prendere mano a mano che dalla cima si scende a valle, e viceversa.
Infine, se individuiamo durante il nostro tragitto degli animali selvatici, cerchiamo di tenerci a debita distanza ed aggirarli o, se questo non è possibile, di manifestare la nostra presenza già da lontano, in modo che si possano allontanare con relativa calma e anticipo.
In estate, vi sono poi una serie di indicazioni aggiuntive in presenza di animali come il fagiano di monte e la pernice bianca che nidificano e covano a terra fra gli arbusti. Occorre quindi massima attenzione se ci si muove in tali contesti, magari alla ricerca di frutti come mirtilli e lamponi selvatici.
Si tratta quindi di una sfida, anche culturale che - come sottolinea anche il parco – ci impone di passare dall'essere "ospiti" all'essere "parte attiva" della tutela degli ambienti che frequentiamo.
Per informazioni e approfondimenti:
Sito dell'ente di gestione delle aree protette dell'Ossola - progetto RESICETS