Nel cuore del bosco, passeggiando lungo un sentiero ombroso, in una atmosfera tranquilla, una figura si muove con vigile tranquillità: è un camoscio. Apparentemente non si è ancora accorto della nostra presenza. Abbiamo così il tempo di piazzare il cavalletto con sopra la telecamera. Le riprese non sono nulla di eccezionale. La scena è quella che ci aspettiamo, girata in diverse occasioni: l'animale si aggira fra i rododendri e i larici, poi, come spesso accade, si nasconde alla nostra vista dietro ai tronchi e ai rami. Dopo un attimo di pazienza, eccolo ricomparire, ci guarda, noi ricambiamo lo sguardo. Quasi con distacco, il camoscio si allontana, piano piano.
La sera, quando scarichiamo le immagini, a prima vista non ci appaiono particolarmente interessanti, poi, qualcosa attira la nostra attenzione. Guardando attentamente, notiamo un particolare che abbiamo fissato con un fermo immagine e un ingrandimento dedicato: le corna.
Accipicchia: non terminano disegnando il tipico uncino, ma sono diritte. Se da un lato rappresentano una malformazione collegabile a una patologia, a un problema di alimentazione o a un incidente, dall'altro l'anomalia lo rende maggiormente riconoscibile. Infatti, non lo abbiamo più incontrato.
Questo incontro, però, ci ha riportato alla mente uno stambecco che qualche decennio fa viveva nelle Alpi Cozie. Era stato battezzato "Corno Storto", è facile intuire perché. Era nato sulle pendici del monte Bric Rosso presumibilmente nel giugno 1993. Nel 1996, nonostante la malformazione, si presentava come un animale forte e robusto. Nelle migrazioni stagionali, fra gli spazi che utilizzava d'inverno e d'estate, percorreva in linea d'aria sino a 12 km. Nel luglio del 2000, sempre più maestoso, pascolava sulle pendici della punta Vergia. Nel novembre 2001 si aggirava ancora sulle montagne, pieno di vitalità. Poi negli anni successivi, il lento declino.
La storia di Corno Storto è stata raccontata in un pannello di una mostra dedicata al ritorno dello stambecco in val Chisone e in val Troncea nel lontano 2003.
Il tempo è trascorso, ma il ricordo di questi momenti è rimasto, segno che, anche se le immagini non sono eccezionali, l'emozione che trasmette un incontro in natura può essere davvero unica.