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Percorsi devozionali o turistici?

Il ruolo dei Sacri Monti e l'opportunità di un sistema di collegamenti.

  • Franco Grosso
  • Maggio 2011
  • Mercoledì, 25 Maggio 2011

Domande

Il crescente successo, come fenomeno turistico, dei cammini - Santiago e Francigena in particolare - pone qualche interrogativo: di che cosa si tratta? Di un recupero di antiche tradizioni? Di un ritorno a una religiosità semplice che trova, nell'avvicinarsi a piedi a un importante luogo di culto, il modo migliore per prepararsi alla devozione e alla preghiera? O di una moda legata alla ricerca di un turismo più consapevole, che va alla scoperta e alla conoscenza dei luoghi dove si passa, grazie al lento procedere?
Probabilmente si tratta di un mix di tutto questo, con una prevalenza - man mano che salgono i numeri - dell'ultima opzione. Ma non è raro che persone, arrivate ai cammini più per curiosità che per convinzione religiosa, si siano poi riavvicinate - strada facendo - a un pensiero di fede.
Il Cammino composteliano e la Via Francigena hanno una meta finale che rappresenta la ragione religiosa del viaggio: Santiago e Roma. Quindi tutto il percorso di avvicinamento dovrebbe essere solo un trasferimento, in attesa del tripudio finale. In realtà, molti di questi moderni pellegrini non compiono l'intero percorso, o lo completano in più viaggi e ogni tappa finisce per essere meta essa stessa, una conquista da segnare sulla credenziale con il timbro, quasi fosse il cammino una sorta di album delle figurine, da riempire ad ogni costo. Ecco che allora ogni sentiero, ogni corte, ogni valle assume un valore diverso, più ricco di significati, amplificati dal movimento lento che li attraversa. Per dirla con un'espressione, oramai diventata luogo comune, "non conta più di tanto ciò che si trova alla fine del viaggio, vale di più quello che si incontra durante il percorso".

Il senso del camminare

"Cammina. Senza sosta cammina. Va qui e poi là. Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza.
E cammina. Senza sosta."
Così Christian Bobin descrive Gesù di Nazaret in L'uomo che cammina (ediz. Qiqajon, Comunità di Bose, 1998), presentandolo come il prototipo del pellegrino, che seduce l'umanità lungo la strada, nel corso del suo ininterrotto cammino.
Non è possibile parlare correttamente di viandanti, di nomadi o di transumanti se non si assume mentalmente lo stesso passo. Occorre uscire dal quotidiano, cercare tra le antiche scritture e si scoprirà che Bibbia e Vangeli sono pieni di gente nomade, convinta che solo in quel modo avrebbe potuto diffondere le sue verità. In secoli che avevano, già da tempo, ruote e animali a favorire il viaggio. Così diventa più facile capire le motivazioni che spingono oggi migliaia di persone a mettersi in cammino, per fare lunghi percorsi verso mete spirituali, ma che spesso mettono nella sacca anche una forte ricerca interiore, quasi una esistenziale voglia di ritrovarsi.
Altri invece camminano cercando un mix tra la prestazione sportiva "oggi 35 km in sei ore e 30 minuti..."
e la voglia di vedere nuovi mondi, spesso con il risultato di stancarsi troppo con la prima e vedere poco o nulla con la seconda. Questi viandanti - più dei primi che si accontentano degli albergues a poco prezzo - sono la fortuna degli albergatori attuali e giustificano il successo dei cammini più conosciuti, grazie anche al lavoro di promozione favorito o sostenuto dagli stessi operatori turistici. D'altra parte, il termine latino peregrinus significa "colui che viene da un paese straniero e in origine non aveva diretti riferimenti con la religione".

Nel cuore dei cammini

Alla luce di queste riflessioni e dando un'occhiata alla cartina d'Eu­ropa - e alle sue vie di comunicazione - il territorio nord-piemontese e lombardo dove si trovano i più importanti santuari e sacri monti, può candidarsi a essere un importantissimo terreno di azione per peregrinantes di tutto il mondo.
La presenza di siti di grande valore artistico, si pensi solo a Varallo, di monumentalità talvolta emozionanti come a Oropa, di un numero impressionante di santuari minori, monasteri e chiese di varie epoche, il tutto inserito in un territorio ricco di attrattive paesaggistiche come i laghi prealpini o il Monte Rosa, ci fa dire che ci troviamo davvero nel cuore di un sistema che non attende altro che di essere valorizzato.
E viene spontaneo pensare che non ci sia modo migliore di promuovere questo territorio se non facendolo conoscere al passo dell'uomo. Un sentiero che unisce, oltre alle emergenze della religiosità popolare, anche regioni e civiltà, collegando tra di loro ambienti di grande fascino turistico e paesaggi plasmati dal lavoro di generazioni.

La Via delle Madonne Nere

A venirci in aiuto per trovare un'ulteriore motivazione di tipo religioso, è stata una recente ricerca del Centro di Documentazione dei Sacri Monti di Crea, pubblicata sul sito www.nigrasum.it. Si tratta del censimento e della pubblicazione on line delle Madonne Nere d'Europa, un comune patrimonio religioso, storico, culturale ed artistico. Ne sono state individuate - e il censimento viene definito in difetto - ben 741 in 22 paesi europei, delle quali più del 90% tra Francia, Italia e Spagna.
Tra i nostri Sacri Monti, dichiarati nel 2003 patrimonio dell'umanità dall'Unesco, sono nere le effigi venerate ad Oropa (BI), a Crea (AL) e a Varese. La tradizione di queste innumerevoli madonne si fa risalire a San Luca, anche se è difficile sostenere che, oltre ad essere medico ed evangelista, fosse anche bravo e così prolifico scultore. Sono nere le madonne di Loreto, di Einsiedeln (Svizzera), di Monserrat (Spagna), e di Chestochowa (Polonia) e tante altre in Europa.
Così come Oropa è il Santuario dedicato alla Madonna più importante e conosciuto del Sud delle Alpi, Einsiedeln lo è per il Nord della catena alpina, oltre a essere il luogo di pellegrinaggio più importante della Svizzera. Il culto della Madonna di Einsiedeln è riconosciuto anche a Sud delle Alpi, seppure l'unico sito che ne ha mantenuto la dedicazione è la chiesetta di Rogaro, piccola frazione di Tramez­zo, sul lago di Como. Ad Einsiedeln facevano un tempo riferimento anche alcune cappelle valdostane ed un oratorio di Rimella, in Valsesia, vicino all'antica frazione di San Gottardo.

Un sistema europeo

Collegando questi siti si può ottenere un percorso che dalla Oberstrasse, affluente svizzero-tedesco del Cam­mino di Santiago, che proprio a Einsiedeln ha la sua principale tappa elvetica, si innesta al posto tappa biellese di Viverone nella Via Franci­gena, andando così ad unire i due più conosciuti e frequentati Cammini d'Europa. Quasi una scorciatoia per i viandanti mitteleuropei, sia verso Roma che, attraverso il ramo composteliano di Torino e Avignone, verso Santiago.
Il percorso delle Madonne Nere sfrutta in Svizzera l'itinerario denominato "Trans Swiss Trail" che supera il Gottardo e scende in Ticino con la Strada Alta della Leventiva, suggestivo percorso-balcone che ci porta a Bellinzona. Con una tappa siamo a Locarno, con l'interessante Sacro Monte della Madonna del Sasso e con la tappa successiva, che porta a Cannobio, possiamo visitare il Sacro Monte Addolorato di Brissago, ancora in Svizzera. Questi due complessi devozionali meritavano la nomination Unesco già nel 2003, ma problemi diversi lo hanno impedito. Con un altro itinerario a mezza costa sopra il Lago Maggiore, si raggiunge Verbania, passando per il Sacro Monte di Ghiffa.
Facile a questo punto raggiungere Arona, da dove parte il Cammino di San Carlo, documentato in altre pagine di questa rivista, che in 12 tappe, attraverso i grandiosi siti religiosi di Orta, Varallo e Oropa, si innesta nella Via Francigena a Viverone.
In questo modo si possono collegare territori apparentemente diversi, regioni che sembrano separate dal resto dell'Europa dalla catena alpina, che invece proprio qui ha i suoi gioghi orografici, dove l'angolo di una pietra può decidere il destino di una goccia d'acqua, mandandola al Mare del Nord, via Reno, oppure al Mediterraneo, per il Ticino e il Po. Cuore, quindi, dell'Europa.

Una rete ben definita

La Via delle Madonne Nere si apre a sua volta a tributi minori ma non meno interessanti. Da Arona, via lago si raggiunge Angera e di lì, con una tappa, si arriva al Sacro Monte di Varese. Da Varese, un piccolo sconfinamento ticinese ci fa raggiungere facilmente Cer­nobbio, a due passi da Como.
Con un'altra tappa siamo a Ossuccio, al Sacro Monte della Madonna del Soccorso, il più orientale dei nove sacri monti tutelati. A Cannobio è possibile la deviazione verso un altro passo, quello del Sempione e verso un altro sacro monte, quello del Calvario di Domodossola. Si percorre in questo caso la Via Bor­romea nella Val Cannobina, raggiungendo S. Maria Maggiore e la Val Vigezzo che porta nella piccola capitale ossolana.
Il vescovo verbanese passava in questi luoghi per l'uffizio della sua grande diocesi ambrosiana e i suoi passi, nella seconda metà del Cinquecento, sono registrati nelle diverse parrocchie.
Allo stesso modo dalla Via Franci­gena si può raggiungere in due tappe da Ivrea il Santuario di Belmonte, presso Valperga (Torino) e con una tappa sola da Vercelli si arriva facilmente al santuario di Santa Maria Assunta di Crea, in provincia di Alessandria, sede del Centro di Documentazione, a sua volta collegato con Supera da un bellissimo percorso collinare.

Franco Grosso
Presidente dell'associazione Storie di Piazza

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