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I Visconti di Barantonia

A La Mandria fuori dal muro, un titolo, una dinastia, un castello

  • Giancarlo Chiarle
  • dicembre 2012
  • Sabato, 15 Dicembre 2012
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La dinastia dei Baratonia ha origine intorno alla metà dell'XI secolo quando il capostipite, Vitelmo Bruno, è visconte di Torino al servizio del marchese Pietro, figlio della contessa Adelaide. Sono gli anni della lotta per le investiture. A seguito della morte del marchese, ferito in una spedizione contro il monastero di S. Michele della Chiusa, deve lasciare l'incarico e ripiegare sulle sue signorie rurali, che fin dal 1090 presentano come nuclei centrali il castello di Baratonia ed il villaggio di Villar Focchiardo. Alle origini della potenza familiare vi sono quindi la prestigiosa carica di visconte, che sarà patrimonializzata nel "cognome" al di là delle contingenze storiche, ed il possesso di un castello, all'epoca prerogativa dei ceti di governo. A fine secolo, quando si estinguono i marchesi e si scatenano i conflitti per la loro eredità, il ripiegamento dei Baratonia sulla loro signoria rurale diventa definitivo. Questa tendenza all'arroccamento accompagna tutta la storia della famiglia, che progressivamente si chiuderà in un orizzonte sempre più limitato: nel loro consortile non lasceranno spazio a membri di altre famiglie, mentre il livello delle alleanze matrimoniali, quando noto, si manterrà comunque prestigioso. Come gli altri "domini" (signori) i Baratonia dispongono di beni allodiali (in piena proprietà) e feudali. Inevitabili prima o poi le divisioni, determinate dal costume ereditario del frazionamento tra i fratelli maschi in un contesto di progressiva crescita del patrimonio, che dura almeno fino alla metà del XIII secolo quando i possessi spaziano dalle valli di Lanzo (Viù, Ala, Cantoira) alla bassa valle di Susa. Nascono così i quattro "rami" di Baratonia, Balangero, Villar Focchiardo e Viù. Nei giochi di alleanze che alimentano le lotte per il potere regionale capiterà infine, ai Baratonia, di scegliere il cavallo sbagliato. L'alleanza con i Savoia caratterizza il XII secolo e l'inizio del successivo. Nel 1131 Enrico (II) Visconte entra in Torino con Amedeo III di Savoia. Nel 1213 Enrico (III) partecipa alla spedizione di Saluzzo al seguito del conte Tommaso. I suoi discendenti si volgeranno, però, all'alleanza con i marchesi di Monferrato e successivamente con i prìncipi d'Acaia. Nel 1356, nel frangente decisivo della guerra tra i Savoia e gli Acaia, l'assedio del castello di Balangero, Michele di Baratonia sarà costretto ad un precipitoso - rovesciamento delle alleanze - a favore di Amedeo VI, il Conte Verde, rimasto unico padrone del campo. "Pacificato" il territorio subalpino sotto l'egemonia sabauda, la signoria dei Baratonia si riduce ad un'enclave che comprende, in tutto o in parte, quatto piccole comunità della Val Ceronda (Baratonia, Varisella, Vallo e Monasterolo), dove conserva poteri signorili di carattere anche arcaico, e la parte superiore della valle di Viù (Forno, Lemie e Usseglio), dove invece può sfruttare l'importante sviluppo dell'industria mineraria. Della famiglia è rimasto in campo un unico ramo e l'eventualità di nuove divisioni è scongiurata da una politica che limita l'accesso matrimoniale ai primogeniti. Il rischio incombente è l'estinzione per l'assenza di un erede maschio: ciò che si verifica alla metà del XV secolo quando, alla morte di Tommaso Visconte, i suoi feudi passano per via matrimoniale, attraverso l'unica figlia Eleonora, a Guglielmo Arcour, rampollo di una ricca famiglia borghese in rapida ascesa. Pur insediati nel castello di Fiano, gli Arcour manterranno un forte legame con Baratonia, cui devono la loro nobilitazione, e per quattro secoli si tramanderanno il titolo di visconti. Nel 1863 saranno infine i conti Roberti di Castelvero a cedere al comune di Fiano il feudo di Baratonia (371 ettari) nel quadro delle molteplici transazioni avviate a causa della recinzione della Mandria voluta da Vittorio Emanuele II.

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