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Il sentiero delle peonie di Balme

Un antico sentiero non più segnato sulle mappe, in disuso e ricoperto quasi interamente dalla vegetazione, ci conduce alla scoperta delle peonie in fiore tra le vestigia di antiche civiltà di minatori e allevatori che popolavano questa montagne

  • Alessandra Corrà
  • Giugno 2021
  • Venerdì, 18 Giugno 2021
Le peonie del sentiero di Balme  - Foto L. Micheletta. Le peonie del sentiero di Balme - Foto L. Micheletta.

"Il territorio è come la poesia: è inspiegabilmente coerente, trascende il suo significato e ha il potere di elevare la vita umana"

(Barry Lopez)

L'antico borgo di Balme

Idilliaco e verdeggiante, impreziosito da un'atmosfera di gran poesia, Balme, il comune più alto delle Valli di Lanzo, ultimo della Val d'Ala, amato dagli escursionisti e centro di villeggiatura, è un gioiello incastonato in una cornice di gran maestosità.

Questa zona delle Valli di Lanzo è davvero un paradiso per chi ama la natura incontaminata, ma anche per chi desidera nutrire anima e corpo di emozioni perdute.

Attraversare boschi fatati, deliziarsi davanti a piccole cascate, sostare sulle sponde di splendidi laghetti alpini, ricordare il passato oltrepassando vecchi alpeggi, rimanere abbagliati da colli e panorami mozzafiato: camminare nei dintorni di Balme significa tutto questo e molto altro ancora.

Fu in mezzo a questa molteplicità di percorsi che, lo scorso anno, nel Vallone del Servin, Lorenzo Micheletta e sua moglie Maria Giangoia, tornando da un'escursione in alta quota, sbagliarono accidentalmente strada, e si ritrovarono sulle tracce di un antico sentiero camera-2112207 960 720, patrimonio di storie perdute, non più segnato dalle mappe, in disuso e coperto quasi interamente dalla vegetazione.

E' prassi affiancare un aggettivo negativo accanto al verbo "perdersi" quando invece, visto da un'altra ottica, il fatto di perdersi potrebbe avere perfino risvolti inaspettati, quantomeno essere un'occasione per trovare, e sorprendersi, davanti all'inaspettato.

Un anno fa successe proprio così, perché, poco tempo dopo, Lorenzo e Maria, insieme ad altri Balmesi, tra cui Marco Gillio ed Eugenio Comanducci, sostenuti dal contributo della sezione di Lanzo del CAI, con passione e attenzione, riuscirono, dopo un importante, faticoso e prezioso lavoro di pulitura e segnatura, a riportare in vita questo sentiero, che davvero si era smarrito nella strada della vita, rischiando di sparire per sempre.

Grazie a questo percorso, oggi anche per noi è di nuovo possibile ammirare la splendida fioritura delle peonie officiali camera-2112207 960 720, che in questa zona, nel mese di giugno, cresce copiosa, rendendo maestoso il paesaggio, ma anche fare un vero e proprio viaggio indietro nel tempo, alla scoperta di antiche tradizioni, nonché di riesumare in vita i ricordi dei tanti minatori e allevatori, che abitarono e lavorarono qui per tanti anni, portando avanti duramente, e in silenzio, costumi e usanze di questa valle, culla di una cultura alpina millenaria.

La peonia, fiore degli Dei

La peonia, nonostante tradizionalmente simboleggi la timidezza, è un fiore appariscente, vistoso, a cui è impossibile restare nascosto.

Grazie alle sue corolle radiose e carnose, che ricordano un po' quelle delle rose o dei papaveri, è infatti una pianta splendida, ma anche esageratamente ostentata, un surplus di elegante e bellezza.

La peonia, nota fin dall'antichità, deve il suo nome al filosofo romano Plinio il Vecchio, che la descrive nei suoi libri come il fiore di Peone, personaggio della mitologia greca, medico degli dei dell'Olimpo.

Nota soprattutto per le sue proprietà antidolorifiche, in passato si pensava addirittura che potesse allontanare gli incubi e curare la pazzia, anche se in realtà si è scoperto in epoca moderna che si tratta di una pianta piuttosto tossica.

Essendo tra le specie più belle della nostra vegetazione, oltre che essere addomesticata da esperti giardinieri, venne ben presto compromessa da copiose raccolte vandaliche, che la portarono in passato quasi all'estinzione, ecco perché oggi la specie, in molte parti d'Europa, viene protetta da leggi locali e nazionali.

Alla ricerca di peonie nel Vallone del Servin

Il territorio che abbraccia Balme è delimitato dal Vallone del Paschiet e dal Vallone del Servin. Se Paschiet prende il nome dall'omonimo passo e, più sotto, dal suo splendido lago, "Servin" invece significa "selvaggio", denominazione più che calzante poiché qui il territorio è riuscito a preservarsi nel tempo più che altrove, mantenendo quell'aspetto genuino e naturale che ci si aspetta dalle Terre Alte.

Oggi per tuffarci nel "Sentiero delle peonie", alla ricerca non solo di emozioni, ma anche di visioni, partiamo dalla frazione Cornetti di Balme, a quota 1450 metri, e raggiungiamo su una strada asfaltata la borgata I Frè (I Fabbri).

Di primo acchito sembra essere una comune borgata alpina, ma invece, come testimonia la perfetta e laboriosa muratura a secco delle case, questo villaggio si ipotizza sia stato costruito molti secoli fa dai minatori della zona. Osservandolo bene, anche la posizione delle case, apparentemente sparse a caso, risponde a un preciso progetto: sorgono infatti allineate su due file sfalsate, al fine di poter godere più possibile delle ore soleggiate. Le ore di sole, per un villaggio alpino, dove l'inverno dura molti mesi all'anno, erano fondamentali nelle epoche passate!

Oggi nessuno pensa più alle Valli di Lanzo come di una zona mineraria, ma ci fu un tempo in cui proprio qui venivano estratti il ferro, il rame e il cobalto.

Secondo alcune leggende, pare che qui vi fossero anche misteriosi giacimenti d'oro, il cui segreto avrebbe arricchito alcuni personaggi ormai leggendari. Tra questi il più famoso è Gian Castagnero, detto Gian dii Lentch, capostipite dei Balmesi e costruttore della Casaforte del Routchàss, nei cui tenebrosi sotterranei egli avrebbe coniato monete utilizzando il prezioso metallo scavato nella miniera del Crestone, alle falde della Ciamarella. Ma questa è un'altra storia.

Purtroppo oggi, dopo la "piccola era glaciale" del XVIII secolo, ogni traccia di queste miniere sono state completamente cancellate.

Cercando però di immaginare come doveva presentarsi la valle tanti secoli fa, ci lasciamo alle spalle il borgo, e continuiamo a seguire il sentiero che sale piuttosto dolcemente fino alla borgata I Chios (i chiodi), un'altra borgata che sembra uscita da un libro fantasy.

Continuando a seguire i bolli rossi, ignorando le indicazioni per il "Sentiero Natura", ci si inoltra in un sottobosco di faggi e larici, dove si può iniziare ad ammirare le prime fioriture di peonie.

Come spesso succede, però, ciò che è più delizioso è anche più fugace a restare: la peonia fiorisce infatti un'unica volta all'anno, quindi, per chi desidera godere della sua vista, dovrà venirla ad contemplare tra la fine di maggio e il mese di giugno.

Da qui, fino all'Alpe Roc Piat, che si raggiunge in circa 45 minuti, oltre alla splendida fioritura delle peonie, si incontrano alcuni alpeggi, che fanno di questo luogo un vero e proprio museo a cielo aperto.

Questa mulattiera, che conserva, su alcuni tratti, i suoi gradoni originari, in passato veniva percorsa innumerevoli volte, sia dagli uomini sia dagli animali. Basta pensare che fino al 1907, nella zona, si calcolavano ben 16 alpeggi!

Ecco perché, lungo il tragitto, si trovano ancora i classici "sedili in pietra", facilmente identificabili come le "ripose", sui quali i pastori potevano appoggiare i carichi pesanti e riposarsi un momento. L'Alpe Roc Piat ci accoglie con uno splendido e affascinante esempio di "crota" camera-2112207 960 720, locale che veniva utilizzato per la conservazione dei formaggi. Essa fu costruita "a volta" e con le lose appoggiate sulle pietre, tecnica rara ma interessante, che veniva utilizzata quando non vi era a disposizione il legno per creare il tetto.

Proprio a fianco al sentiero, vicino alla crota, si trova ancora un abbeveratoio camera-2112207 960 720, costruito anch'esso con le lose.

Lasciata anche l'ultima baita, alla propria sinistra, aguzzando la vista alla ricerca dei meravigliosi "fiori degli Dei", che spuntano colorati in mezzo agli arbusti e ai rovi camera-2112207 960 720, non troppo lontano dal sentiero, continuiamo a seguire il sentiero, fino all'Alpe Roccetta, dove la vista si apre sulle vette circostanti regalando emozioni.

Da questo punto, soprattutto nei mesi estivi, quando non c'è più il rischio di trovare nevai, è possibile continuare l'itinerario che, superando alcuni tratti esposti, arriva fino all'ampio anfiteatro del Servin e poi all'Alpe Pountat.

Proseguendo da qui si raggiungono ancora le Alpi Rian da dove, volgendosi a destra, è possibile individuare la piccola sella del Colletto e i ruderi dell'omonima alpe che si può facilmente raggiungere.

Desiderando compiere un anello, dal Colletto è possibile rientrare a Balme scendendo, attraverso il Crot dei furnei alle alpi Giasset, Crot, Pian Gioè fino alla Comba. Seguendo la strada si rientra alla borgata Frè.

Considerazioni finali

Chi ama la natura saprà che esiste una corrente etica che affonda le sue radici nel profondo legame che gli americani hanno con i luoghi selvaggi: Leave No Trace, non lasciare traccia. Come considerazione conclusiva di questo viaggio, che ci ha portato alla scoperta di un pezzo di storia, è quello di suggerire, a chi deciderà di intraprendere questo stesso cammino, di passare più che mai in punta di piedi, con rispetto e gratitudine: guardare, ammirare, ascoltare ma senza prendere o portare via nulla.

In luoghi selvaggi come questi la presenza umana dovrebbe essere "solo" di passaggio, in modo che la Natura, con i suoi splendidi fiori, i suoi boschi, i suoi massi erratici, possa continuare a elargire i suoi infiniti doni, risplendendo in tutta la sua maestosa bellezza.

NB: tutte le fotografie di questo articolo sono di Lorenzo Micheletta.