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Reincarnazioni salgariane

  • Bruno Gambarotta
  • Aprile 2011
  • Martedì, 5 Aprile 2011

Nei primi mesi del 1911 Emilio Salgari è oppresso da un carico soverchiante di disgrazie e decide di fare karakiri in collina, proprio nei giorni in cui si inaugura a Torino la Grande Esposizione Internazionale. La notizia della morte passa quasi inosservata sui giornali, ma le cronache registrano una folla strabocchevole ai funerali, con intere scolaresche presenti. Da allora, la fortuna del nostro scrittore non è mai declinata. Pensiamo per contro a quanti autori, ben più osannati in vita, hanno subito un'eclisse pressoché totale.
Salgari, per chi l'ha letto da bambino, resiste impavido. Mia madre, per farmi smettere di leggere i libri di Salgari quando già ero a letto, veniva a spegnere la luce e io reagivo sistemandomi sotto le coperte con una pila. Tutti i miei coetanei leggevano Salgari. Come dice Lella Costa, i maschi che da piccoli preferivano Piccole donne, da grandi hanno fatto gli stilisti. Stando così le cose, viene da chiedersi se la costante presenza di Salgari come fonte dell'immaginario degli italiani abbia avuto qualche influenza sulla storia d'Italia nei cento anni trascorsi dalla sua morte. C'è stato un maldestro tentativo del fascismo di annettersi Sandokan e compagni in funzione anti britannica, e sicuramente Benito Mussolini aveva letto i romanzi della serie dei pirati. Così come Bettino Craxi deve aver divorato i libri del Nostro. I democristiani no, mi rifiuto di pensare che un doroteo, così scivoloso, così incline al compromesso, abbia mai sognato un assalto alla filibusta. Ve li immaginate Forlani, Rumor, Piccoli, mentre impugnano una scimitarra e incitano: "Avanti, miei prodi"? In genere al politico salgariano ripugna l'idea del connubio, delle convergenze parallele, del compromesso storico. Salgari del resto non è mai stato un autore da sagrestia o da scuole cattoliche. Gli eroi salgariani non dimenticano i torti e covano la vendetta per una vita intera; nell'Italia di oggi i cronisti mettono il microfono davanti alla bocca dei parenti delle vittime a cadavere ancora caldo per domandare ansiosi: "Vero che avete perdonato l'assassino?" Sentiamo: c'è qualcuno fra i presenti che ha il coraggio di proporre a Sandokan di perdonare i nemici con la scusa che si sono dissociati dalla lotta armata? Lo sentiremmo urlare e digrignare i denti, ci ordinerebbe di metterci in prima fila nel prossimo arrembaggio e noi ubbidiremmo. Già, non possiamo eludere la regina di tutte le domande: il modello proposto dal nostro autore è compatibile con la democrazia? Sandokan è il capo e prende le sue decisioni in solitudine, senza consultarsi con nessuno. E non perde tempo a spiegarle. Soprattutto è monogamo e siamo in molti a pensare che sia arrivato vergine all'incontro fatale con la perla di Labuan. Che abbia chiesto a Yanez di spiegargli come nascono i bambini?
Nella storia d'Italia dell'ultimo secolo, fuori dal recinto della politica si trovano delle reincarnazioni più o meno riuscite del modello salgariano. Ognuno ha i suoi preferiti. Per quanto mi riguarda, comincerei dai futuristi (il loro Manifesto esce nell'anno della morte di Salgari) e dal loro capo Filippo Tommaso Marinetti, anche se alla fine ha accettato di diventare accademico d'Italia, con lo spadino e la feluca. I Sandokan non dovrebbero invecchiare, come è successo a Valentino Mazzola e a Gigi Meroni. Va da sé che Emilio era un tifoso del Torino e non chiedeteci le prove perché è semplicemente assurdo immaginarlo juventino. Nel giornalismo possiamo arruolare Cilindro (detto Indro) Montanelli e senza esitazione Roberto Saviano. Purtroppo, e non per colpa sua, Saviano ci fa venire in mente che uno dei capi del clan dei casalesi, catturato di recente, si faceva chiamare Sandokan. Salgari avrebbe dovuto depositare il marchio per poter concedere solo ai meritevoli il diritto di fregiarsene. Come l'indimenticabile Enrico Mattei, l'uomo che osò sfidare il cartello delle Sette Sorelle e pagò caro il suo coraggio. La stirpe per fortuna non si è estinta. C'è in questa stagione un perfetto Sandokan che occupa la scena italiana e non solo italiana. È un uomo solo al comando e il suo nome è Sergio Marchionne.