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Un pescatore di sogni

I suoi occhi cerulei hanno lo stesso colore di quell'acqua che da sempre lo attrae. Da piccolo giocava nei fontanili e nelle rogge vicino casa. Poi, crescendo, si è appassionato alla pesca, ma è con pinne e occhiali che ha veramente conosciuto il mondo sommerso del Ticino, il fiume che bagna i luoghi dove Mattia Nocciola - il nostro pescatore di sogni - vive e lavora.

  • Emanuela Celona
  • Giovedì, 1 Aprile 2021
'Autoritratto' subacqueo di Mattia Nocciola  'Autoritratto' subacqueo di Mattia Nocciola

Quando gli abbiamo chiesto qualche scatto per Piemonte Parchi, Mattia Nocciola fotografo subacqueo per passione, ci ha detto: "Fotografare correntoni, buche prismate e giri d'acqua... è un modo per condividere i segreti e le sorprese del fiume che scopro in ogni mia immersione".

Vista la sua passione, abbiamo pensato di raccontare la storia di questo 'pescatore di sogni'... che non vuole introdurre la pesca al salmone nello Yemen - parafrasando il titolo del bel film diretto da Lasse Hallström e magistralmente interpretato da Ewan McGregor, ma che ha lo stesso amore per i pesci e per l'acqua, soprattutto quella dolce.

Mattia, ci racconti da dove nasce la tua passione per la pesca e per la fotografia?

Nascono sulle sponde del Fiume Ticino dove sono cresciuto. Ho passato la maggior parte della mia infanzia tra fossi e aree umide e mi sono innamorato dei pesci, in particolare del Luccio. Ero ammaliato da questo pesce, per via del suo aspetto regale ma, al tempo stesso, forte e aggressivo. Leggevo su di lui ogni genere di storia. Crescendo, mi sono poi specializzato nella pesca con esche artificiali per riuscire a catturare gli esemplari più grossi: mi sembrava il modo più facile per entrare in contatto con questo animale. Con il tempo, ho smesso di vedere i "pesci" come oggetti del desiderio, alla stregua di un trofeo, e ho iniziato ad apprezzare l'ecosistema acquatico in tutta la sua interezza. La curiosità di capire la vita subacquea, soprattutto dei pesci d'acqua dolce, mi ha poi portato a esplorare il fiume con la maschera e pinne. La fotografia è stato il passo successivo.

Possiamo dire che la caccia fotografica ha sostituito la tua attività di pescatore?

Assolutamente sì, perchè le due attività sono antitetiche: nella pesca c'è una magia nascosta dietro all'impossibilità di sapere esattamente cosa vive sott'acqua. Io ho il privilegio di vedere e vivere il fiume da una prospettiva che annulla questa magia. Anche se mi è capitato di vedere e fotografare pesci con ami e pezzi di filo attaccati alla bocca... e questo mi fa sentire un po' colpevole del mio passato da pescatore. Oggi, però, mi dedico totalmente alla fotografia: amo fotografare in tutte le acque dolci, dal piccolo torrente montano al grande fiume di pianura. In particolare, amo i fiumi di buona portata: sentire la forza dell'acqua che viaggia verso il mare e lasciarsi trasportare è un'esperienza molto forte.

Le tue esplorazioni sono 'utili' al Parco del Ticino?

Può succedere, soprattutto quando mi capita di trovare specie di pesci o di altri animali tipici degli ambienti umidi, che sono piuttosto rari e che segnalo. Inoltre, con le mie fotografie ho contribuito all'allestimento di una mostra divulgativa sulla fauna acquatica del Parco del Ticino Lombardo.

Come definiresti il mondo che tu immortali?

È un mondo parallelo, bellissimo e primitivo. La roccia dura ammorbidita nelle linee dal continuo scorrere dell'acqua mi fa pensare alla forza della natura e della terra. La separazione dal sopra e sotto l'acqua è netta solo all'apparenza, i due mondi sono indissolubilmente collegati. La mutabilità degli ambienti è l'aspetto che più mi affascina. Un fiume, in primavera o in estate, è un'esplosione di vita. Sembra di essere in una delle piazze delle nostre città: pesci grandi e piccoli girano frenetici ovunque e apparentemente senza meta, alcuni saltano fuori dall'acqua per cibarsi di insetti. In inverno, invece, è il contrario: i pesci sono intanati e il fiume sembra vuoto. Mi ricorda quei paesi che, dopo una certa ora, sembrano disabitati. Ci sono poi gli eventi di piena, quando gli ambienti cambiano di conformazione e in tutto questo le creature acquatiche si devono adattare, spostandosi e trovando nuove tane.

Qual è stato il tuo 'incontro' subacqueo più sorprendente?

Sembra un'assurdità, ma è stato quello con un'anguilla, durante un'esplorazione notturna. Una volta era un pesce molto comune da incontrare nel Ticino: purtroppo avendo un ciclo riproduttivo straordinario ma molto delicato, le popolazioni di anguilla hanno subito negli ultimi decenni un drastico calo. Ricordo che quella notte ero rimasto stupito ed emozionato: essere sott'acqua di notte significa essere immersi nel buio più totale, solo lo stretto fascio della torcia subacquea fende l'oscurità. E mentre nuotavo in una lanca, all'improvviso mi sono trovato di fronte a un'anguilla: un draghetto con pinne pettorali spiegate che nuotava in modo sinuoso a mezz'acqua.

E l'incontro, invece, a cui sei più affezionato?

C'è un luccio di medie dimensioni che incontro spesso: ha la tana in una lanca sotto un albero caduto in acqua. Gli sono affezionato perché quando mi avvicino esce allo scoperto e mi gira con calma dietro le spalle, per poi ritornare a casa. Mi piace pensare alle volte che ho camminato sul sentiero che costeggia questa lanca, senza immaginare che lui stava proprio sotto quell'albero, vicino a dove io appoggiavo i piedi.

E' vero che hai un 'debole' per la trota marmorata. Perché?

Perché oltre adessere la regina dei nostri fiumi è un animale che abbiamo praticamente solo nel nord Italia e in una parte della Slovenia. È un endemismo che va protetto e salvaguardato il più possibile.

E delle tue passeggiate con lo storione cobice,cosa ci puoi raccontare?

Incontrare uno storione cobice, endemismo della Pianura padana, è un'esperienza forte: sembra di aver a che fare con un dinosauro! Gli storioni sono animali che da quando sono comparsi sulla terra, non si sono evoluti un granché dal punto di vista morfologico: le placche ossee che spuntano dal corpo gli danno un aspetto antico, sembra uno stegosauro. È stato difficile fotografarne uno, ci sono voluti quasi cinque giorni. Quello che ho immortalato era nascosto in una buca profonda e il fiume creava un giro d'acqua che lo rendeva inaccessibile. Una questione di attimi e il difficile era immergermi con tutta la attrezzatura che uso abitualmente, compresi i flash subacquei: alla fine, ho sfruttato la luce naturale del mezzogiorno e ho portato a casa lo scatto 'perfetto'.

Secondo te, gli ecosistemi fluviali sono cambiati molto nel tempo?

Nuotando spesso in alcuni tratti di Ticino, ho osservato e documentato l'avanzata di alcune specie di pesci alloctone, come per esempio l'abramide. In generale, penso che la fauna alloctona sia un grosso problema, perché invasiva e di forte impatto su quella autoctona. È difficile avere però una posizione univoca, perché in alcuni ambienti, certi animali alloctoni non sono più realisticamente eliminabili. Penso che il controllo e il contenimento sia fondamentale, ma non è semplice agire. Molti fiumi sono gestiti da associazioni di pescatori che immettono pesci "pronto pesca" per garantire catture a chi frequenta il fiume, ma che poi hanno un impatto sui nostri endemismi. Pensiamo alla trota fario che si ibrida con facilità con la nostra trota marmorata, rovinandone la linea genetica e con la conseguenza che, nella maggior parte dei nostri corsi d'acqua, la trota Fario originaria non esiste più. La immissione di trote iridee, però, richiama pescatori disposti a pagare anche permessi onerosi che, poi, finanziano incubatoi di valle, dove vengono prodotti e immessi pesci autoctoni... E' quasi come un cane che si morde la coda.

Per finire... hai un 'sogno' per le acque in cui ti immergi?

Vorrei vedere nei corsi d'acqua nuotare i nostri pesci, e non mi riferisco solo alla trota marmorata, ma a tutti quei piccoli pesci che sono unici e propri del nostro territorio. Barbo canino, barbo tiberino, pigo, lasca, trota marmorata, cavedano etrusco, luccio italico, sono solo alcuni dei molti pesci endemici della nostra Italia, frutto dell'evoluzione e degli adattamenti che sono avvenuti qui da noi, e prima di noi. Il nostro patrimonio naturalistico e faunistico è parte della nostra storia e come tale merita di essere valorizzato, esattamente come il nostro patrimonio artistico, culturale, archeologico. Perchè hanno tutti la stessa importanza.

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