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La vera storia del veterinario che accarezza i ricci

Musetta si chiama così perché l'ha conosciuta senza il muso, reciso da un decespugliatore. Ninna, invece, è un'orfanella trovata denutrita e morente in giardino. E' da questo incontro che è nata l'idea di un centro recupero per ricci, animali a crescente rischio di estinzione.

  • Alessandro Paolini
  • Novembre 2011
  • Lunedì, 20 Gennaio 2020
Massimo Vacchetta con i suoi ricci  - Foto archivio Centro "La Ninna" Massimo Vacchetta con i suoi ricci - Foto archivio Centro "La Ninna"

E' maggio 2013 quando Massimo Vacchetta, veterinario, si imbatte in giardino in una femmina di riccio evidentemente sofferente. Si tratta di un'orfanella piccolissima – di soli 25 grammi di peso – disidratata e quasi morta. Massimo, che con una buona dose di humor si definisce "professionista attento al suo aspetto fisico, vagamente insoddisfatto del suo lavoro, incerto sulla strada professionale da intraprendere" la soccorre e le si dedica anima e corpo. Fino a salvarle la vita e a rilasciarla libera. 

Grazie a Ninna (così battezza la cucciola) scopre l'amore per questi animali bisognosi di aiuto e protezione e dà una svolta alla sua vita e alla sua professione. Fonda il Centro Recupero Ricci "La Ninna" che, come si legge sul suo sito internet, "è un piccolo ospedale per la cura e la riabilitazione del riccio europeo, situato a Novello, nel cuore delle Langhe, in Piemonte". Da allora Massimo si prende cura esclusivamente di questi animali, come veterinario del centro, in servizio full-time e H.24, coadiuvato da una decina di volontari di tutte le età (prevalentemente donne) e cura circa 300 animali all'anno, provenienti da tutto il Piemonte, ma anche da Liguria e Lombardia, portati dalle persone che li trovano o dai collaboratori che, su segnalazione, vanno a recuperarli anche in zone lontane. Il centro, di fatto, è sempre aperto e risponde sempre qualcuno. Massimo, oltre che un veterinario umano e coscienzioso, dimostra anche di essere un ottimo comunicatore: oltre al sito internet dedicato, ha realizzato l'aggiornatissima pagina Facebook "Centro Recupero Ricci La Ninna" che è visitatissima (un post ha ricevuto un milione e mezzo di visite!) e dove è possibile trovare i filmati e le storie dei ricci, a ciascuno dei quali è assegnato un nome. Dalle storie di Ninna, Casimira, Lella, Totò, Adolfo e tanti altri sono nati anche dei libri: "25 grammi di felicità" e "Cuore di riccio", tradotti in 14 lingue (tra cui russo e giapponese) e "Ninna, il piccolo riccio con un grande cuore", di prossima uscita. Sono in corso iniziative come la campagna di adozione a distanza con cui si può aiutare un riccio scegliendolo da un catalogo fotografico e, dietro un'offerta economica, conoscere la sua storia, ricevere le foto, il certificato d'adozione, la sua carta d'identità e costanti aggiornamenti sulla sua salute.

Abbiamo intervistato il dottor Massimo Vacchetta per scoprire qualcosa di più sulla sua particolarissima attività.

Dottor Vacchetta, esistono altri centri come "La Ninna"?

In Italia i CRAS (Centri Recupero Animali Selvatici) curano anche i ricci ma noi siamo gli unici a occuparcene in via esclusiva. In alcuni Paesi europei, come Germania, Svizzera, Danimarca, la sensibilità verso questi animali è molto sviluppata. In Inghilterra esiste un'associazione che dal 1982 si occupa di difesa e cura dei ricci, la British Hedgehog Preservation Society e molti personaggi famosi sono impegnati nella causa, uno su tutti Brian May, il chitarrista dei Queen, che ha fondato a sua volta un centro di recupero, "Amazing Grace", che ha salvato migliaia di piccole vite.

Quali sono i problemi dei ricci ? Quanti ne curate e quanti se ne salvano?

Il riccio è un animale a crescente rischio di estinzione, come dichiarato dall'Onu a maggio di quest'anno. In Inghilterra negli anni Settanta se ne contavano trenta milioni, oggi ne sono rimasti ottocentomila. La cause sono innanzitutto i cambiamenti climatici e l'antropizzazione del territorio. L'habitat dei ricci, costituito da prati e aree "incolte" con erba lunga e cespugli sta scomparendo. Un altro problema sono le barriere che i ricci non riescono a superare: la British Hedgehog Preservation Society ha indetto una petizione (che ha raccolto 500mila adesioni, tra cui la nostra) con cui si chiede una legge che obblighi costruttori e proprietari alla creazione di varchi nelle recinzioni per agevolare il passaggio dei ricci e di altri animali selvatici, di modo che possano spostarsi in cerca di cibo e acqua. Questo è importante se pensiamo che circa la metà dei ricci vive nei pressi degli insediamenti umani e rischia costantemente di essere investita dalle auto, cadere in buche e tombini, essere ferita dall'uomo nelle attività agricole (tipicamente dai decespugliatori visto che passano gran parte delle ore diurne nei cespugli), coinvolta negli abbruciamenti delle sterpaglie o, ancora, avvelenata da lumachicidi, topicidi o erbicidi.
I ricci malati o feriti, poi, sono facile preda delle mosche carnarie che depositano su di essi uova che dopo dieci o quindici ore si schiudono lasciando uscire le larve che - letteralmente - li mangiano vivi. Per questo occorre intervenire tempestivamente, portandoli in un centro che provvederà a togliere minuziosamente tutte le uova, utilizzando dei piccoli pettini, un'attività che porta via ore di lavoro ma che salva loro la vita. Dei ricci che arrivano alla "Ninna" il 25 % non sopravvive, un altro 25% resta disabile e solo il 50% guarisce. Di solito mettiamo questi ultimi in "prelibertà" in aree verdi protette, all'interno di recinti, con cibo e acqua e solo in un secondo tempo li liberiamo. Nel 2019 abbiamo liberato circa centocinquanta esemplari ormai guariti ma ce ne sono al centro almeno una quarantina rimasti purtroppo disabili.

Cosa mangiano i ricci?

Sono onnivori, anche se mangiano in prevalenza insetti, come scarafaggi, millepiedi e forbicine, oppure lombrichi, lumache, piccoli serpenti, carcasse di uccelli morti. Quando arrivano nel centro li sfamiamo con crocchette e umido per gattini, pollo o manzo bolliti senza condimenti, e nutriamo i lattanti con un latte speciale per cuccioli di cane (perchè il latte bovino farebbe loro male) e i piccoli tramite una siringa con una soluzione di acqua tiepida e miele. In natura è bene lasciare sempre per loro sottovasi con acqua, specie d'estate.

Ci racconta una storia particolare di un riccio ospitato nel vostro Centro?

Mi ha toccato particolarmente la vicenda di Musetta, una riccetta arrivata da noi senza il muso, che le era stato reciso da un decespugliatore. E' stata tre anni con me, sempre in cura perché la ferita si infettava in continuazione. Ho calcolato di aver trascorso con lei circa tremiladuecento ore soltanto per darle da mangiare, ma purtroppo alla fine è morta per una reazione allergica all'antibiotico.
Dopo tutto il tempo passato insieme ancora mi manca e il suo ricordo mi commuove.

Cosa si può fare per aiutare i ricci, anche se non si possiedono competenze specifiche?

Intanto teniamo conto che il riccio è animale notturno, dunque se si vede un riccio spostarsi all'aperto in pieno giorno evidentemente ha dei problemi. Se troviamo un riccio in difficoltà, un cucciolo o un esemplare ferito, disorientato, barcollante che gira senza una meta o in fondo a un buco o tombino, la cosa migliore è prenderlo, avvolgerlo in un asciugamano per non pungersi e contattare un CRAS, "La Ninna" o, se ciò non è possibile, affidarlo temporaneamente a uno studio veterinario.
Un riccio adulto in salute in autunno dovrebbe pesare almeno 650 grammi, per poter sopravvivere all'inverno. Dunque se si trovano ricci che in tale stagione sono di 400/450 grammi occorre recuperarli e consegnarli a un esperto perché vengano alimentati. Possiamo metterlo in una scatola di cartone con una boule di acqua calda e una ciotola d'acqua ma non dargli mai cibo se è freddo e ferito e prima di aver consultato un centro specializzato. Tutti noi possiamo concorrere a ricreare e tutelare l'habitat naturale dei ricci, lasciando aree del nostro giardino con erba alta, cespugli e mettendo sempre all'aperto un sottovaso con acqua e magari qualche crocchetta per gatti.

Quali sono le prospettive del centro e i progetti futuri?

Il nostro centro sopravvive grazie alle donazioni di tanti volontari e per sapere come aiutarci si può visitare la nostra pagina Facebook (Centro recupero ricci "La Ninna"). Da poco ci siamo costituiti in Onlus e il sogno è quello di realizzare un'oasi naturalistica. Per questo ho acquistato un terreno di venti ettari in alta Valle Bormida, al confine tra Piemonte e Liguria, che spero di riuscire a incrementare con il tempo e che vorrei destinare ai ricci e ad altri animali selvatici. Un altro progetto è quello di realizzare un centro di accoglienza e formazione per studenti, in parte a Novello, nello staesso edificio che ospita la sede del centro ricci e in parte a Narzole, in una cascina che ho ereditato. In questo modo potrò dare alloggio a studenti universitari, attivisti, volontari, famiglie, uniti dal desiderio di svolgere un'attività solidale, a contatto con gli animali, a tutela della natura, o accogliere giovani veterinari determinati ad approfondire la propria preparazione professionale. Vorrei anche ospitare persone che intraprendono un percorso di riabilitazione sociale: a tal fine è già attiva una collaborazione con il Tribunale di Asti per l'accoglienza di soggetti che devono svolgere lavori socialmente utili.

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