Stampa questa pagina

Omaggio all'uomo che piantava gli alberi

C'è un uomo che nella realtà ha compiuto le stesse azioni di Elzéard Bouffier, il pastore raccontato da Jean Giono nel libro "L'uomo che piantava gli alberi" e che generazioni di lettori hanno creduto, per molto tempo, essere davvero esistito.

  • Laura Nosenzo
  • ottobre 2019
  • Venerdì, 18 Ottobre 2019
Il Giardino dei Poeti - Foto Laura Nosenzo Il Giardino dei Poeti - Foto Laura Nosenzo

Nella sua lunga vita, spenta dieci anni fa, Giovanni Giolito ha messo nella terra oltre ventimila germogli tra il Sud Astigiano e la Liguria.

La Val Sarmassa, dichiarata nel 1993 Riserva Naturale, è stato il luogo in cui ha operato maggiormente, quello di gran lunga più amato ("Il mio angolo di paradiso"), dove da bambino, non appena asciugata la rugiada del mattino, andava con la nonna settimina a raccogliere le erbe selvatiche e da adulto sedeva sotto i maestosi alberi a leggere dopo aver piantato germogli, soprattutto di quercia.

Un gesto che ha fatto fin quasi all'ultimo, fin quando ha potuto.

"Io sono davvero uguale a quel pastore - ripeteva negli ultimi mesi della sua vita - che ha piantato alberi semplicemente perché ha pensato giusto farlo. Solo questo è importante".

Di quei ventimila germogli messi a dimora Giovanni Giolito non s'è mai fatto vanto: "Lo faccio per passione e senza chiedere nulla in cambio. E' un gesto spontaneo. Nessuno me lo chiede e mi ringrazia".

Per chi non lo conosceva, Giolito era un tipo strano, per le poche persone amiche Gim è stato un uomo straordinario. Ho avuto la fortuna di essere tra queste e di raccontare la sua vita in un libro, dopo aver superato prove ritenute fondamentali, come andare a raccogliere con lui la camomilla, sotto il sole di giugno, per mettere alla prova il mio impegno e la mia pazienza.

Mentre cercavamo le erbe o deponevamo germogli, Gim mi spiegava: "Il bosco cresce in silenzio, senza far rumore. Bisogna saper aspettare, avere pazienza. Usare rispetto alla natura, perché la terra non si fabbrica. Poi succede ciò che è naturale: da un piccolo seme viene un grande albero. Pazienza se agli altri dà fastidio. Con i contadini ho avuto discussioni a non finire".

Amava la natura sopra ogni cosa. Da bambino (ribelle) le punizioni della maestra nella scuola di Nizza Monferrato, dove era nato, si risolvevano il più delle volte con movimentate fughe nei boschi della Sarmassa; già anziano, fin quando ha potuto guidare il motocarro Ape rosso da lui soprannominato con fine ironia "la mia Ferrari Rossa", è sempre tornato a rivedere, anche a distanza di decenni, gli alberi che aveva piantato. Di quei ventimila germogli, fatti nascere soprattutto da ghiande di farnie accuratamente selezionate, calcolava che soltanto una piccola parte fosse riuscita a superare "le insidie del bosco e le cattiverie dell'uomo".

Aveva per le piante lo stesso amore che si riserva ai figli: "Il mio è un omaggio alla natura. Ma ci sono stati momenti in cui ho voluto omaggiare uomini che sono stati importanti per me. Dopo la morte di Sandro Pertini sono andato nei boschi di Stella, il suo paese natale, e ho cercato delle belle ghiande. Le ho accudite con particolare attenzione e, spuntati i germogli, sono tornato là a sistemarli lungo il versante della montagna, in un posto che so solo io. Negli anni sono diventati alberi robusti".

A diciassette anni Gim pianta il suo primo albero lungo un ruscello: è un acero, la sua specie preferita. Un gesto naturale che ripeterà per buona parte della vita in Sarmassa, nella Langa, al Sassello e nei paraggi di Nizza. Con una regola precisa: "Ogni terra deve avere la sua vegetazione".

Gli anni trascorsi nelle grandi foreste del Canada, dove emigra per fare il cercatore d'oro, sviluppano ancora di più il suo amore per la natura. Vive con gli Inuit e con lo sciamano perfeziona le conoscenze della medicina naturale.

Spirito libero, avrà una vita avventurosa, sarà un fine gentleman e uomo di mondo: operaio nella costruzione di dighe alle cascate del Niagara, ricercato gigolò, cameriere sulle navi di lusso, giocatore d'azzardo e temuto frequentatore dei casinò di tutt'Europa: a Sanremo giocherà seduto allo stesso tavolo con Vittorio De Sica. Alla roulette di Montecarlo straccerà Churchill, ospite del principe Ranieri e Grace Kelly, e si porterà via la vincita dopo un'audace mossa che gli farà perdere la puntata sul cavallo. A Venezia, dopo una giocata alquanto azzardata, sarà costretto a lasciare precipitosamente la sala da gioco e a nascondersi nel gruppo jazz di Nat King Cole che sta suonando in un'altra sala. Sbucherà da dietro il palco, togliendo in fretta e furia il farfallino, poi si guarderà intorno e scoprirà di essere l'unico bianco in un'orchestra di neri.

Dopo gli anni del Canada, l'Astigiano torna a essere la sua casa.

Gim riprenderà a piantare alberi con ancora maggiore forza e continuità, solitario nel suo silenzioso operare: "L'uomo più è semplice e più è vicino alla natura".

Esperto raccoglitore di erbe officinali, dirà no al celebre Mességué che vorrebbe averlo come collaboratore in Francia. Negli ultimi anni della sua vita esprimerà il desiderio di un piccolo orto botanico, nella Riserva della Val Sarmassa, in cui riunire una collezione di erbe spontanee del Sud Astigiano. L'Ente Parco (oggi Parco Paleontologico Astigiano) sarà pronto a far nascere il Giardino delle Aromatiche.

Ormai anziano e annoiato da un tempo che gli sottrae la gioia di uscire nei boschi e di cercare "cieli profondi e infiniti orizzonti", Gim chiuderà gli occhi, come Elzéard Bouffier, in una casa di riposo, non dopo avermi raccomandato di continuare a descriverlo "come mi hai conosciuto: un uomo che ha vissuto bene il proprio tempo. Tutto il mio tempo per la vita".

Riposa, come ha voluto, in un piccolo cimitero di collina, a Castelnuovo Calcea, da cui "si gode un ottimo panorama e molto altro si immaginerà".

Il Parco Paleontologico Astigiano, per il futuro, ha in programma di riallestire il Giardino delle Aromatiche, vissuto tra alterne fortune.

In questo periodo, insieme al Distretto Paleontologico dell'Astigiano e del Monferrato, Comuni, scuole e associazioni, ricorda Giovanni Giolito nel decimo anniversario della scomparsa con la rassegna itinerante "Omaggio all'uomo che piantava gli alberi".

Un gesto pieno di gratitudine per quel figlio straordinario di una natura che, grazie a lui, farà stare meglio anche noi. E omaggiandolo con le stesse parole che Jean Giono ha voluto scrivere all'inizio del suo libro: "Perché la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l'idea che la dirige è di una generosità senza pari, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio d'errore, di fronte a una personalità indimenticabile".

Potrebbe interessarti anche...

Il docufilm di un cineasta piemontese racconta il tentativo di recuperare gli antichi boschi di c ...
Cosa vuol dire dedicare tutta la propria vita lavorativa ad un parco? Lo abbiamo chiesto a Lucian ...
Due vite, una storia. Solo chi ha conosciuto Franca Olmi sa che la storia di questa "signora" è ...
In questa intervista del 1988 di Gianni Boscolo a Jacques Cousteau, il grande oceanografo fr ...