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Erpetologi si nasce o si diventa? Intervista a Franco Andreone

Intervista a Franco Andreone

  • Loredana Matonti
  • febbraio 2017
  • Mercoledì, 8 Febbraio 2017
Franco Andreone durante una sua spedizione in Madagascar Foto F. Andreone Franco Andreone durante una sua spedizione in Madagascar Foto F. Andreone

Profilo:
FRANCO ANDREONE è laureato in scienze biologiche e dottore di ricerca in biologia animale. Conservatore della Sezione di Zoologia e Coordinatore delle pubblicazioni e della divulgazione scientifica al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. Fra i suoi importanti incarichi riveste anche quello di membro del Comitato Scientifico del WWF Italia, Co-Chair dell'IUCN SSc Amphibian Specialist Group in Madagascar. Autore di oltre 500 pubblicazioni scientifiche e divulgative, sta realizzando una fieldguide per gli anfibi del Madagascar.
http://www-3.unipv.it/webshi/welcome.htm
www.francoandreone.it
http://www.lastampa.it/2014/01/27/scienza/ambiente/il-caso/franco-andreone-il-torinese-che-ama-le-rane-2V7EbxVasptA1PTNv0WxdL/pagina.html.

Franco come è iniziata la sua carriera?
"Fin da piccolo nutrivo passione per gli animali, in particolare per anfibi e rettili: li osservavo per ore e li allevavo nella mia casa a Druento, dove avevo realizzato una serra dedicata con un gran numero di acquari e di terrari per allevare un notevole numero di pesci, di anfibi e di rettili. Mia madre era a volte alquanto preoccupata, in particolare quando portavo a casa serpenti esotici come le temibili vipere cornute del Nord Africa. Oggi, invece, è diventata una delle mie più grandi sostenitrici. E'  anche grazie a lei se oggi sono erpetologo.
Nel 1985 mi sono laureato in biologia a Torino, ma allora non esisteva la specializzazione in erpetologia, ma assieme a Roberto Sindaco ho messo in piedi il GRE – Gruppo Ricerche Erpetologiche "M. G. Peracca" (oggi di fatto riattivato nella sezione piemontese della SHI). Nel 1990 ho ottenuto il dottorato di ricerca e nel 1991 sono stato assunto dal Museo Regionale di Scienze Naturali come conservatore."

Cosa l'ha portata dal Piemonte fino in Madagascar?
"La passione per gli animali esotici che già tenevo in cattività e il mio sogno "salgariano" di nuove avventure e scoperte, evocato anche dalle osservazioni e l'ammirazione per le collezioni dell'erpetologo piemontese Mario G. Peracca (vissuto a cavallo tra la seconda metà dell'800 e gli inizi del 1900), nell'allora Museo di Zoologia dell'Università di Torino. La mia prima "spedizione" nell'isola fu nel 1988, prima di entrare nel Museo Regionale di Scienze Naturali. In seguito alla mia assunzione come conservatore nel Museo proposi questo progetto, che da allora fu quindi poi svolto a livello istituzionale, anche se spesso mi sono recato in Madagascar con fondi personali e durante periodi di congedo ".

Quali sono le peculiarità di quest'isola?
"In Madagascar si osserva una grande diversità biologica e spettacolari adattamenti, morfologici e funzionali, a cui ha portato l'evoluzione dell'isola, rimasta separata dalle altre terre emerse da almeno 150 milioni di anni. Isolamento che ha fatto sì che il Madagascar sia diventato uno dei più importanti "hotspot della biodiversità" a livello mondiale, e possieda circa il 75% di specie endemiche (cioè esclusive dell'area), percentuale che sale al 99% se si considerano i soli anfibi".

Ci può fare qualche esempio delle specie più singolari descritte?
"Sono davvero tante le specie che ho descritto e i cui tipi sono oggi conservati nelle collezioni del MRSN. Fra tutte mi piace citare un anfibio, una piccola ranocchia battezzata Blommersia angolafa, scoperta nella Riserva Naturale Integrale di Betampona. Mostra anche un peculiare tipo di vita, riproducendosi all'interno di brattee morte della pala Neodypsis , riempite d'acqua. In questo "mesocosmo" la specie espleta tutta la sua biologia. Fra i rettili mi piace invece ricordare un camaleonte, battezzato Calumma vatosoa. Dedicato a mia figlia Serena Crystal (vatosoa in malgascio vuol proprio dire cristallo) e' stato per circa 10 anni noto solo per quell'esemplare. Recentemente pero' dei miei colleghi hanno potuto descrivere la femmina".

Il suo lavoro quindi, consiste esclusivamente nella descrizione delle specie?
"No, direi anzi che il lavoro di descrizione e' forse quello piu' "banale" e "noioso". Il mio principale lavoro di ricerca si lega a precisi obiettivi di conservazione perché anche qui, ahimè, la Natura è minacciata continuamente da interventi antropici. Alcuni di questi progetti che coordino stanno dando incoraggianti risultati, nonostante le gravi difficoltà che si incontrano in un paese dove tutto è reso più difficile dall'elevatissimo tasso di povertà e dallo sfruttamento delle risorse naturali cui è sottoposta da parte delle nazioni più ricche. Soprattutto la mia attivita' di co-chair dell'Amphibian Specialist Group (ASG) mi impegna moltissimo ed ha portato alla redazione di due piani d'azione e a progetti internazionali che sono stati presto emulati a livello mondiale. .

Per questo abbiamo istituito l'ASG e la Amphibian Survival Alliance (ASA) che elaborano e coordinano vari progetti di conservazione nell'isola. Al fine di sensibilizzare e mettere a punto una strategia importante, sono stati anche organizzati due convegni internazionali, ACSAM (A Conservation Strategy for the Amphibians of Madagascar), svoltisi nel 2006 a Antananarivo e nel 2014 a Ranomafana hanno riunito i maggiori esperti mondiali allo scopo di mettere a punto strategie efficaci per la conservazione degli anfibi del Madagascar.

Poi mi piace anche utilizzare le collezioni del Museo per effettuare ricerche di ecologia sugli animali del Madagascar. Recentemente, per esempio, insieme a Giulia Tessa e a Frank Glaw abbiamo pubblicato un articolo sulla longevita' del camaleonte piu' grande al mondo (Calumma parsonii), utilizzando le collezioni museologiche."

In un certo senso allora, possiamo dire che il suo sogno "salgariano" si è realizzato?
"Si, a grandi linee e' proprio così. In realta' mi piacerebbe fare molto di più, cosa che non è facile da fare in Italia con la crisi della ricerca che attualmente imperversa. I fondi per la loro realizzazione sono sempre di meno e i musei di storia naturale non hanno interesse a investire nella ricerca. Sarebbe poi molto importante attivare corsi di museologia scientifica e formare nuovi tassonomi. Tutte cose molto difficili da realizzare. In un certo qual modo, era piu' facile condurre l'attività di naturalista-esploratore nell'800 che oggi".

 

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