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A Stupinigi, c'era due volte Sant'Uberto

Sant'Uberto patrono dei cacciatori e Sant'Uberto che ebbe la visione del cervo con Crocifisso. Stesso nome per due Santi diversi che 'ingannarono' anche i Savoia. 

La visione di S. Uberto, 1615-30, Peter Paul Rubens - Jan Brueghel il Vecchio - Museo del Prado, Madrid (Fonte: Wikimedia) La visione di S. Uberto, 1615-30, Peter Paul Rubens - Jan Brueghel il Vecchio - Museo del Prado, Madrid (Fonte: Wikimedia)

Presso la cappella della Palazzina di Caccia di Stupinigi si può ammirare una pala d'altare del 1768 con la Visione di Sant'Uberto: un giovane in ricchi abiti con armi da caccia, cane e cavallo, si inginocchia davanti a un cervo sul cui palco era apparso il Crocifisso. Si tratta del notissimo episodio per cui Sant'Uberto divenne molto celebrato in tutte le corti d'Europa, dove si praticava l'antica e nobile arte della vénerie, o caccia al seguito.

Meno noto è che presso la chiesa parrocchiale Visitazione di Maria Vergine del Borgo di Stupinigi sono collocate le reliquie di un Sant'Uberto martire che, un tempo, vennero ritenute le prestigiosissime reliquie del patrono dei cacciatori e come tali destinate alla Regia Cappella della Venaria Reale.

Solo che questo Sant'Uberto non è quel Sant'Uberto (!) e la visione del cervo con crocifisso è da attribuire in realtà solo al più antico Sant'Eustachio. Chi avesse, presso la corte sabauda del XVII e XVIII secolo, sollevato di tali cavilli martirologici, sarebbe stato trattato - come minimo - da fastidioso pedante se non da nemico dello Stato. Alia Tempora, facciamo un po' di chiarezza.

Sant'Eustachio e Sant'Uberto, trova le differenze

La Visione di Sant'Uberto è un'iconografia molto recente, dovuta alla diffusione in Europa delle opere italiane rinascimentali ritraenti Sant'Eustachio, al quale dobbiamo riferire l'episodio della visione, avvenuta sui monti a est di Roma. Il culto di Sant'Eustachio, da sempre popolare a Roma e nei territori bizantini non era penetrato in nord Europa, e nemmeno in Piemonte, da cui la diffusione pressoché nulla del suo culto sul nostro territorio. La conoscenza del martirio di Eustachio presso le corti europee era dovuta alla fortuna della Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine. Più recente e più fondata storicamente è la figura di Uberto, nobile e Maestro di Palazzo presso le corti dei Re Franchi, vescovo e evangelizzatore degli ultimi pagani che vivevano nelle foreste delle Ardenne. Costui divenne presto protettore contro la rabbia, per uomini e cani, e quindi molto popolare là dove questa malattia era endemica, nonché patrono dei cacciatori. Le fonti non fanno cenno ad alcuna visione miracolosa: episodio che, invece, comincia ad essergli attribuito a partire dal XIII secolo, in concomitanza dell'arrivo delle prime rappresentazioni di Sant'Eustachio.

La chiave di Sant'Uberto

Sant'Uberto è anche protettore dei fonditori e dei lavoratori dei metalli. L'abbinamento, non spiegabile attraverso le fonti storiche, può comunque avere una spiegazione coerente. Infatti un oggetto metallico, dalla forma simile a un chiodo, detto "chiave di Sant'Uberto", è stato usato fino al XX Secolo nelle Ardenne contro la rabbia. A parte l'uso come talismano dell'oggetto, già Celso (I sec) raccomandava come rimedio efficace una tempestiva cauterizzazione, mediante un ferro arroventato, dei morsi degli animali rabbiosi.
Dunque è possibile ipotizzare che un antico strumento di profilassi pseudo medica sia stato usato e quindi benedetto da Uberto in persona così che, da quel momento, la protezione del Santo poté essere invocata sia per i cani che dai cacciatori (ma i primi venivano anche marchiati in fronte dal chiodo, a scopo profilattico) e, naturalmente, da coloro che avevano prodotto le "chiavi", i fonditori.
Intanto, fino al XVII secolo, la Chiesa avallò le prestazioni dei "cavalieri di Sant'Uberto", personaggi che vantavano una discendenza diretta dalla stirpe del Santo e che somministravano questa e diverse altre "cure" e, fino al XIX secolo, le campagne delle Ardenne e dintorni erano ancora percorse dagli "ambulanti di Sant'Uberto", personaggi carichi di immagini miracolose e efficaci reliquie, tutte a prezzo abbordabile.
E in Piemonte? Le chiavi antirabbiche (con varie denominazioni, San Pietro, San Pancrazio...) erano ancora usate nell'Ottocento e probabilmente alcuni esemplari sono ancora custoditi a Prascorsano, Candia Canavese, Rivalta. 

Le reliquie

Quanto alle reliquie di Sant'Eustachio, di esse vi è sempre stato fiorente commercio (l'origine della chiesa di Saint'Eustache a Parigi pare sia da far risalire all'arrivo di qualche frammento direttamente da Roma) mentre per quelle di Sant'Uberto non c'è più traccia poiché l'intero scheletro venne distrutto nel 1568 nell'incendio dell'abbazia benedettina di Andage, nelle Ardenne, a opera dei protestanti.
Nel 1669 giungeva a corte, a Torino, un dono papale costituito da una cassetta d'argento con le reliquie di certo S.Uberto martire e un'altra cassettina argentea di forma piramidale, sostenuta da quattro cervi, contenente un osso di Sant'Eustachio.
Il messaggio diplomatico non poteva essere più chiaro: il dono non era certamente dei più prestigiosi (Sant'Uberto martire non lo conosceva nessuno) e poi, se si voleva proprio dare lustro alle erigende residenze di caccia sabaude, che almeno ci si rifacesse alla dottrina romana piuttosto che alle leggende modaiole d'oltralpe.
Non così venne interpretato da Carlo Emanuele II che, dopo aver manifestato gioiosa riconoscenza e dopo aver esposto, con altrettanta enfasi, i preziosi e prestigiosi doni al pubblico, annunciò di voler destinare le reliquie del Santo patrono dei cacciatori alla costruenda Cappella Reale della Venaria.
Ingenuità o calcolo? Erano gli anni quelli in cui Guarini lavorava per la cappella della S. Sindone e il Ducato di Savoia era impegnato contro l'eresia valdese. Le nuove reliquie soddisfacevano dunque in pieno la necessità di promuovere Casa Savoia a Defensor Fidei, in emulazione della politica di ricattolicizzazione perseguita da Luigi XIV.
Da quel momento divenne sensibile una certa tensione tra Casa Savoia, decisa, tra le altre cose, a rivaleggiare con la corte delle Fiandre spagnole (che ogni 3 novembre poteva celebrare la partenza per la caccia a Tervuren, luogo della morte del Santo) e il vescovo di Torino, altrettanto deciso a non avallare un grossolano 'qui pro quo'. La disputa verrà risolta non prima del 1732 con una specie di compromesso: la consacrazione della Regia Cappella della Venaria, detta di Sant'Uberto ma intitolata in realtà a Sant'Eusebio, vescovo di Vercelli e martire, e la traslazione trionfale a Venaria delle reliquie dell'altro Sant'Uberto.

A Stupinigi

Nel 1798, sopraggiunti i giacobini francesi, tutti i preziosi delle chiese e conventi vengono requisiti, compreso il reliquiario argenteo di Sant'Uberto. Le reliquie, poste in una cassa in legno dorato, trovano ricovero nel convento della Crocetta, per poi essere trasferite, dopo la restaurazione, senza molta enfasi questa volta, nella chiesa parrocchiale di Stupinigi.
E l'osso di Sant'Eustachio, vero patrono dei cacciatori? Pare si trovi, ignorato, tra le varie reliquie custodite presso la chiesa della SS. Trinità a Torino.

Fonti storiche 
Jean-Marc Moriceau, 2007
Histoire du méchant loup: 3 000 attaques sur l'homme en France (XVe-XXe siècle)

Hervé Bazin
SAINT HUBERT, GUERISSEUR DE LA RAGE DE L'HOMME ET DES ANIMAUX* *ou : comment Pasteur mit fin, sans le vouloir, à une pratique vieille de dix siècles !
Bull.Soc.Hist.Méd.Sci.Vét., 2007, 7 : 104-126

Castellani Torta A., Marinello G.
La queste di Sant'Uberto
In AAVV, La chiesa di Sant'Uberto a Venaria Reale, storia e restauri, Celid, 2003.

 

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