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Alle radici del Natale

Riti, usanze e tradizioni del periodo natalizio che, ben più anticamente, celebravano la fine delle tenebre e il ritorno della luce.

  • Diana Tramonti
  • dicembre 2016
  • Mercoledì, 21 Dicembre 2016
Solstizio di inverno sulla neve Fonte: https://pixabay.com/it/inverno-solare-neve-paesaggi-769315/ Solstizio di inverno sulla neve Fonte: https://pixabay.com/it/inverno-solare-neve-paesaggi-769315/

21 dicembre. Mentre tutti corriamo per apprestarci al Natale, iI respiro della natura è sospeso nell'aria gelida, nell'attesa di una trasformazione. Il tempo stesso pare fermarsi. E' il solstizio di inverno, uno dei momenti di passaggio più importanti dell'anno, origine di molti antichi culti.
Temere che il sole non sorgesse più, vederlo perdere forza d'inverno, riducendo sempre più il suo corso nel cielo, era un'esperienza tragica per gli antichi, che minacciava la stessa vita del popolo. Per questo doveva essere esorcizzata con riti che avessero lo scopo di evitare che non si innalzasse più, o di aiutarlo nel momento di minor forza.

Il termine solstizio viene dal latino "solstitium", che significa letteralmente "sole fermo" (dal latino "sol", sole, e "esistere", stare fermo). Se ci troviamo nell'emisfero nord della terra, nei giorni che vanno dal 21 al 22 dicembre possiamo infatti osservare come il sole sembra fermarsi in cielo, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all'equatore. In termini astronomici, in questo periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della "declinazione", cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale.

Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell'anno.
Il sole, quindi, in questi giorni pare precipitare nell'oscurità, ma poi ritorna vitale e "invincibile" sulle stesse tenebre. E proprio tra il 21 e il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo "Natale", lo stesso che celebriamo oggi. I pagani celebravano quindi il "Dies Natalis Solis Invicti" (giorno della nascita del Sole invincibile). È proprio partendo da questa considerazione che possiamo individuare le origini dei rituali e delle feste attuali.

Questo giorno era celebrato anche dai Celti come Yule o Farlas, insieme festa di morte, trasformazione e rinascita. Il Re Oscuro, il Vecchio Sole, muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall'utero della Dea: all'alba, la Grande Madre Terra dá alla luce il Sole-Dio.
Secondo i linguisti la parola "Yule" (jo'l) deriva dal norreno Hjól che vuol dire ruota e ciò con riferimento al fatto che nel solstizio il sole si trova nel punto più basso dell'orizzonte e che inizia a risalire. Secondo altri, la parola "Jo'l" è stata ereditata dalle lingue germaniche da linguaggi pre-indoeuropei, in ogni caso è assodato che il termine sia di origine nordica poiché tutt'ora nelle lingue scandinave il termine «Jul» indica siail Solstizio d'inverno che il Natale. Probabilmente successivamente alla dominazione norrena delle terre celtiche la parola usata per indicare il Solstizio d'inverno cadde in disuso per essere sostituita dal termine Jul, via via trasformatosi in Yule.
La Dea per i Celti rappresenta la vita dentro la morte, perche' anche se in tale periodo è regina del gelo e dell'oscuritá, mette al mondo il Figlio della Promessa, il Sole suo amante, che la rifeconderá, riportando calore e luce al suo regno.

La tradizione popolare racconta inoltre, che in questa notte del solstizio nessuna forza del male può agire. L'Eroe mitico quindi, non può che nascere in questo preciso momento, che è quello più propizio perché la spiritualità possa espandersi completamente.

Ma allora quando sarebbe nato Gesù? Tre le tesi sulla sua nascita. Da molto tempo si ritiene che il 25 dicembre sia una data convenzionale, scelta dai cristiani come nascita del Cristo per contrastare la festa pagane del Sol invictus, in quanto secondo questa tesi, la vera data di nascita di Cristo non è nota. I vangeli non ne indicano né il giorno né l'anno.

Una seconda accetta che la scelta del 25 dicembre sia stata sì convenzionale, ma con motivi indipendenti e slegati da piani politico-ideologici legati al contrasto del paganesimo.

Una terza tesi, sostenuta anche da valide argomentazioni, si basa invece sull'archeologia e sostiene che il 25 dicembre sia effettivamente la data storica della nascita di Gesù Cristo, in quanto nel "Cronografo romano" del 354 (una specie di annuario che elenca feste, calendari e celebrazioni varie) è segnalata che: "Ottavo giorno prima delle calende di gennaio [25 dicembre], festa del Sole invitto; l'ottavo giorno prima delle calende di gennaio nacque Cristo a Betlemme, in terra di Giuda".

In ogni caso, andando alla ricerca delle radici del Natale, quello che stupisce è che la data del 25 dicembre, prima di diventare celebre come "compleanno di Gesù", sia stata giorno di festa per i popoli di culture e religioni molto distanti tra loro nel tempo e nello spazio.

Ogni antica religione infatti, pone la nascita del "figlio divino" nel periodo del solstizio di inverno, così come nelle mitologie e in molti racconti di figli di divinità che, nati come il sole, soffrono, muoiono e, prevalendo sulle forze del male, risuscitano dopo la morte.

Pur non avventurandoci in comparazioni religiose che richiederebbero ben più accurati studi, è possibile citare però alcuni esempi: dal dio Horus egiziano, (i mosaici e gli affreschi raffiguranti immagini di Horus in braccio a Iside ricordano l'iconografia cristiana della Madonna col bambino), al dio Mitra indo-persiano (anche lui fu partorito da una vergine, aveva dodici discepoli e veniva soprannominato "il Salvatore"). In Babilonia, successivamente, comparve il culto della dea Ishtar e di suo figlio Tammuz, che veniva considerato l'incarnazione del Sole. Allo stesso modo di Iside, anche Ishtar veniva rappresentata con il suo bambino tra le braccia. Attorno alla testa di Tammuz si rappresentava un'aureola di 12 stelle che simboleggiavano i dodici segni zodiacali. È interessante notare che, anche in questo culto, il dio Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni.
Pure Buddha viene idealmente fatto nascere nello stesso periodo, anch'egli da una vergine.

Nell'antica Roma poi, nei giorni del solstizio d'inverno, si svolgeva in onore di Dioniso, nato sempre il 25 dicembre, una festa rituale chiamata Lenaea, "la festa delle donne selvagge". Veniva celebrato il dio che "rinasceva" bambino dopo essere stato fatto a pezzi.

Ancora nel centro e sud America Bacab, il dio Sole nello Yucatan; si credeva che fosse stato messo al mondo dalla vergine Chiribirias, o il dio Sole inca Wiracocha, celebrato nella festa del solstizio d'inverno Inti Raymi (festeggiata il 24 giugno perché nell'emisfero sud, essendo le stagioni rovesciate, il solstizio d'inverno cade appunto in giugno).

Riguardo ai culti solari quindi, è interessante notare come i tempi e i simboli del sacro siano comuni a civiltà così distanti fra loro.

Ma cosa è mutato dai riti del solstizio antichi alle usanze e celebrazioni più moderne? In definitiva, non molto.
I tanto attesi regali, in realtà, erano già in uso in alcune festività della Roma antica. Sino al 335 d. C, quando l'imperatore Costantino fissò la data della nascita di Gesù il 25 dicembre, nell'antica Roma dal 17 dicembre si festeggiavano i "Saturnali"; 13 giorni dedicati a Saturno, che con la sua protezione donava energia e serenità a ogni uomo di buona volontà. Simbolo del giudizio e della trasformazione, questo pianeta influenzava maggiormente proprio questo periodo, donando all'iniziato la conoscenza dei misteri.
Durante i Saturnali, auguri e doni, le "strenne", venivano scambiati in segno di fratellanza e amore.

Il primo giorno dell'anno il re infatti, riceveva in dono un ramoscello raccolto nel bosco della dea Strenna. Questa abitudine si estese a tutta la popolazione; col passare del tempo i ramoscelli di olivo o di altre piante vennero sostituiti da altri regali, prevalentemente cibo e frutta.
In seguito, in un breve scritto del secolo IV circa, si percepisce la volontà della Chiesa di sostituire quella festa pagana del 25 dicembre con la solennità del Natale. Ivi, infatti, si legge: "Questo giorno essi lo chiamano Natale del Sole invitto. Chi è così assolutamente invincibile se non il Nostro Signore che domò e sconfisse la morte?

In quanto alle usanze popolari, un tempo, venivano accesi dei fuochi (usanza che si ritrova nella tradizione natalizia di bruciare il ceppo nel camino la notte della vigilia) che, con il loro calore e la loro luce, avevano la funzione di ridare forza al sole indebolito. Spesso questi rituali avevano a che fare con la fertilità ed erano quindi legati alla riproduzione. Da qui l'usanza, nelle antiche celebrazioni, di danze e cerimoniali propiziatori dell'abbondanza e in alcuni casi, come negli antichi riti celtici e germanici, ma anche romani e greci, di accoppiamento durante le feste.
Presso i Celti era in uso un rito in cui le donne attendevano, immerse nell'oscurità, l'arrivo della luce-candela portata dagli uomini con cui veniva acceso il fuoco, per poi festeggiare tutti insieme.

Se si osserva l'evoluzione del rito sembra avvenga una sorta di trasformazione nel pensiero collettivo: dapprima la rinascita del Dio, in seguito la nascita del Dio-uomo. Chissà che un giorno, come predetto dalla parole di Gesù stesso, questo rituale non possa estendersi ed essere vissuto interiormente da ogni singolo uomo; riconoscendo che ognuno può vincere la sua battaglia interiore e rinascere nella luce custodita nel proprio intimo.

Bibliografia:
AA.VV. 1948-1954. Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano.
Savino E, 2004. Le radici pagane del Natale, Jubal editore.

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