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Alle radici di Halloween

Come ogni anno, tra zucche, scherzi e travestimenti macabri molti si apprestano a festeggiare la notte del 31 ottobre per l'oramai popolarissima festa americana di Halloween, dove divertimento e scherzo si mescolano al tema della morte, esorcizzandolo.

  • Diana Tramonti
  • ottobre 2016
  • Venerdì, 28 Ottobre 2016
zucche intagliate http://www.mammeaspillo.it/casaitaliana/fai-da-te/zucche-di-halloween-come-realizzarle-in-4-passi/ zucche intagliate http://www.mammeaspillo.it/casaitaliana/fai-da-te/zucche-di-halloween-come-realizzarle-in-4-passi/

Pronti per indossare il costume da morto gelosamente conservato al fondo della cassa in cantina? E se è polveroso tanto meglio; non c'è bisogno di scuoterlo per l'occasione, anzi. Aggiungendovi qualche ragnatela e un po' di sangue finto, il trucco sarà perfetto.

Visto da alcuni solo come una speculazione economica, seconda per introiti solo al Natale, Halloween è per altri un fenomeno culturale di massa, adottata nel tentativo di una riscoperta di usanze più nostrane, altrimenti dimenticate.

Anche il nome della festa In inglese è in realtà la forma contratta dell'espressione "All Hallows' Eve day", che letteralmente significa "vigilia d'ognissanti".  Momento che nella nostra tradizione era caratterizzato da riti  che recano alcune analogie con la più commerciale festa di importazione americana. 

Se si scava nelle usanze delle nostre penisola infatti, un tema fondamentale e comune di questo giorno era il rispetto e l'ospitalità nei confronti dei defunti. Da noi, come nel resto dell'Europa, la tradizionale accoglienza agli spiriti si ritrova in varie usanze, ancora vive in parte nei piccoli centri, altrove completamente abbandonate.
In Romagna una volta tutti si alzavano di buon'ora, e i letti erano lasciati liberi per il riposo degli antenati. Anche nel Cremasco ci si alzava per tempo e si sprimacciavano bene i letti, perché i trapassati potessero trovarvi riposo.
Quasi ovunque si ripresentava l'uso di offrire del cibo ai defunti che, una volta ritornati, dovevano trovare ristoro. Così la mensa non si sparecchiava, ma si lasciava tutto pulito e ordinato.

Non nuova neanche l'usanza della "questua", spesso fatta casa per casa proprio dai bambini: si diceva "andare a raccogliere i morti" e ai gruppi di bimbi, casa dopo casa, venivano donate castagne, pane, fichi secchi, legumi o qualche spicciolo, esattamente come ai ragazzini americani che bussano alle porte del quartiere chiedendo "dolcetto o scherzetto".

Nel nord Italia, fino alla fine degli anni '50, si usava mettere lumini in zucche svuotate, raccontare storie di fantasmi ed accendere falò.
Tale usanza è rintracciabile in Lombardia, Valle d'Aosta, Veneto, Friuli, Toscana, Emilia-Romagna e Calabria, dove venivano chiamate lumazze o teste da morto. In Piemonte si chiamava la "notte delle lumere".
In Liguria l'usanza di intagliare le zucche è tuttora praticata a Rezzo, in alta valle Arroscia, mentre a Biassa, in provincia di Imperia, le "zucche che ridono", illuminate con una candela all'interno, venivano portate in processione dai giovani. Piatti particolari, preparati per l'occasione, onoravano tale ricorrenza.

Il rito religioso più affascinante però era la "chiamata", la riunione con la quale gli aderenti alle confraternite ricordavano i confratelli scomparsi. Nome dopo nome, i confratelli danno lettura dell'elenco dei loro predecessori, basandosi su registri talvolta secolari.

Cibo tradizionalissimo per la ricorrenza dei Morti erano le fave: secondo gli antichi contenevano le anime dei loro trapassati ed erano sacre ai morti. Antichi ingredienti dei filtri delle fattucchiere, a cui erano attribuiti virtù magiche, erano atte a predire la sorte.
Le fave inoltre, sbucando per prime dal terreno primaverile dopo che il seme era stato sepolto nella terra, erano il simbolo della resurrezione, il segno che le anime dei morti non perivano con il corpo.

Anche oggi, in occasione delle festività dei primi di novembre, le "favette" o "fave dei morti" ci ricordano questo arcaico e nobile significato.

Il Capodanno dei Celti
Le origini antiche di Halloween risalgono ai Celti, antiche popolazioni di orgine indoeuropea, stanziate in Europa nel corso del I millennio a.C. Essi dividevano l'anno nella parte chiara e nella parte scura.
All'interno di questi due periodi (porte), seguendo il ciclo della Natura, quattro date segnavano il passaggio delle stagioni (energie) e venivano celebrate con quattro grandi festività: Samhain, Imbolc, Beltane e Lughnasadh. Le due festività maggiori erano quelle che segnavano rispettivamente l'inizio dell'estate, Beltaine, e l'inizio dell'inverno, Samhain.
In queste due ricorrenze si pensava che le porte del "annwn" (regno degli spiriti) e "sidhe" (regno delle fate) fossero aperte.

Samahin era considerata la festa sacra per eccellenza, il Capodanno celtico, il cui inizio coincideva approssimativamente col 31 ottobre, secondo il loro sistema di computo lunisolare del tempo, e durava alcuni giorni. Inoltre coincideva col sorgere delle Pleiadi, le stelle dell'inverno, che segnavano la supremazia della notte sul giorno.

Era il periodo più magico dell'anno: il giorno che non esisteva, un momento di assenza di tempo. Durante la notte il grande scudo di "Skathach" veniva abbassato, eliminando le barriere fra i mondi e permettendo alle forze del caos di invadere i reami dell'ordine e al mondo dei morti di entrare in contatto con quello dei vivi.

E, nella notte in cui i morti e gli spiriti tornavano sulla Terra, nessuno osava avventurarsi fuori dalla propria abitazione. Solo i druidi si riunivano nelle antiche radure delle Selve Sacre o fra i megaliti sparsi lungo i "ley", le linee in cui scorreva l'energia della Terra, e lì celebravano solennemente l'inizio del nuovo anno.

In questa notte ogni fuoco veniva spento e riacceso solo il giorno successivo da parte dei druidi.
Spegnere il fuoco simboleggiava che la metà oscura dell'anno, quindi la morte, stava sopraggiungendo, mentre l'atto di riaccenderlo simbolizzava l'arrivo del nuovo anno, speranza di nuova vita.

Al mattino i druidi portavano le ceneri ardenti del fuoco presso ogni famiglia che provvedeva a riaccendere il focolare domestico. All'incirca nel VII secolo a.C., la Chiesa spostò il giorno di Ognissanti, da maggio al primo novembre, nel tentativo di detronizzare il culto di Samhain.
Nonostante ciò, ancor oggi in Irlanda e Scozia rimangono residui antichissimi di tale festa; si compiono pratiche divinatorie e si proteggono con semplici riti i bambini dal pericolo di essere rapiti dalle fate, raccomandando loro di non mangiare i frutti selvatici perché in quella notte gli spiriti vi urinano o sputano sopra.

Per saperne di più:
Baldini E., Bellosi G., 2006. Halloween. Nei giorni dei morti. Edizioni Einaudi.
Carr-Gomm, 1999, Riti e Misteri dei Druidi. Mondadori.
De Paoli E., 2005, Capodanno e Halloween. Regione Piemonte.

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