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Il cibo che nasce e cresce nell'acqua

Il riso è il cibo principale per circa la metà della popolazione mondiale. Coltivato in quasi tutti i Paesi del Mondo è il cereale più consumato, ma è anche una delle filiere più critiche per il massiccio uso di pesticidi conseguente alla sua coltivazione. In un forum di Terra Madre si sono avvicendati i racconti di diversi cultori del riso da ogni parte del Mondo, compreso il Piemonte che ha nel riso uno dei suoi cereali di punta nonchè un 'prodotto bandiera' del progetto 'Parchi da gustare'.  

  • Raffaella Amelotti
  • Dicembre 2020
  • Domenica, 20 Dicembre 2020
Foto Pixabay Foto Pixabay

Il riso è il cibo principale per circa la metà della popolazione mondiale. Coltivato in quasi tutti i Paesi del Mondo è il cereale più consumato, ma è anche una delle filiere più critiche per il massiccio uso di pesticidi conseguente alla sua coltivazione.

Terra Madre - rete mondiale, creata da Slow Food che raggruppa le "comunità dell'alimentazione" impegnate a salvaguardare la qualità delle produzioni agro-alimentari locali - ha voluto accendere un faro proprio su Oryza sativa, una graminacea coltivata per il consumo alimentare in Asia già 10mila anni fa, e focus degli approfondimenti sulla conservazione e sulla valorizzazione delle sue specificità locali nel rispetto dell'ambiente, pur senza trascurarne gli aspetti e le potenzialità economiche.

In un forum virtuale che ha avuto luogo lo scorso novembre si sono avvicendati i racconti di diversi cultori del riso da ogni parte del Mondo, compreso il Piemonte.

La Pianura Padana, una grande zona umida

Enrico Rivella, biologo e naturalista al Dipartimento di Valutazione ambientale ARPA - Agenzia Regionale Protezione Ambientale del Piemonte - si occupa da anni dell'agro-ecosistema del riso e degli impatti dei prodotti fitosanitari, delle pratiche agricole compatibili con la conservazione della biodiversità nelle risaie, del rafforzamento della rete ecologica della risaia Vercellese e della valorizzazione dei paesaggi rurali nelle risaie. È lui a spiegare come la 'risaia della Pianura Padana' rivesta un ruolo ecologico e paesaggistico "complementare" rispetto alle zone umide naturali: un ruolo che le riconosce anche l'Unione Europea che l'ha considerata una grande 'zona umida'. Il rovescio della medaglia è che l'attività risicola concorre alla semplificazione dell'ecosistema e alla banalizzazione del paesaggio, complici l'espansione della monocoltura, l'ampliamento delle camere di risaia e l'eliminazione pressoché totale della vegetazione naturale che potrebbe ombreggiare o intralciare le pratiche colturali, per non parlare dell'inquinamento del reticolo irriguo causato dai fitofarmaci.

Oggi si assiste a una forte espansione della scelta del metodo biologico: 18mila ettari sono stati convertiti al biologico, tra Piemonte e Lombardia. Le tecnica più diffusa è detta "pacciamatura verde": in autunno, dopo il raccolto, sulle stoppie del riso si seminano gli erbai formati da un mix di erbe. Gli erbai crescono fino alla primavera, quando, le erbe, rullate e pressate sul terreno già inondato dall'acqua, creano una forte fermentazione ed elevata acidità, sia nel terreno e nell'acqua di risaia, per circa 5/6 giorni. Su questo manto verde uniforme, in acqua, viene seminato il riso: mentre le erbe infestanti, rimaste latenti per tutto l'inverno sotto il terreno, non riescono a germogliare, il riso, che riceve luce e giusto nutrimento, cresce forte e rigoglioso.

Primo problema: creare sufficiente natura

A completamento di questa tecnica, gli agricoltori attuano interventi di agro-forestazione che aumentano biodiversità e migliorano il paesaggio: per limitare i danni agli anfibi e ad altre specie acquatiche derivanti dall'alternanza acqua e asciutta, creano zone umide permanenti.

Il problema delle risaie è creare sufficiente natura: si rivela necessaria la collaborazione con gli enti locali. Sono di esempio i progetti europei condotti con la Provincia di Vercelli e l'Ente di gestione delle Aree protette del Po vercellese-alessandrino per rafforzare e ricostruire la rete ecologica: Life ECORICE e l'Interreg WETNET.

Ecorice ha messo in rete aziende agricole e attori locali che condividono l'obiettivo di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Si è concretizzato con azioni di ri-naturalizzazione, di creazione ex novo di aree naturali (riqualificazione di fontanili, conversione di camere di risaia a fini naturalistici, etc.): azioni dimostrative e proposte di pratiche gestionali sostenibili delle risaie e applicazione di tecniche sperimentali di gestione selvi-colturale. WETNET ha studiato, invece, un modello per la gestione integrata e la conservazione delle zone umide del bacino del Mediterraneo, inserendole tra le attività ordinarie degli enti pubblici e dei soggetti privati.

Le scelte produttive condizionano le ricadute sullo stato di conservazione degli habitat e delle specie, dunque il punto di partenza è il coinvolgimento degli agricoltori e la presa di coscienza che agricoltura e ambiente non possono essere disgiunti. Ed ecco che si sperimentano nuove pratiche: la fitodepurazione in risaia, ad esempio. Per contenere la circolazione delle acque contaminate si inseriscono piante acquatiche autoctone flottanti su "materassi" biodegradabili. I microrganismi presenti nell'apparato radicale consentono di abbattere parte del carico inquinante e formano habitat umidi permanenti. Si favorisce la ri-colonizzazione degli argini da parte delle specie floristiche igrofile autoctone, che costituiscono un habitat favorevole per gli insetti impollinatori: questo avviene con le piantine ottenute in vivaio da sementi raccolte in natura in piena coerenza con i principi di conservazione di Rete Natura 2000.

Un sguardo altrove, dalle Filippine all'Azerbaijan

Nel forum virtuale dedicato al riso sono state raccontate storie di piccole realtà contadine anche molto lontane, come quella descritta da Rema Bakidan del Dangtalan, provincia settentrionale nelle Filippine, che ha imparato a coltivare il riso da sua nonna, custode delle varietà tradizionali di semi e conoscitrice dei tempi e dell'attesa che l'agricoltura richiede. Ora Rema porta avanti le tradizioni dei suoi antenati come coltivatrice di varietà di riso tradizionali.

Farid Akhundov, membro della rete Slow Food e cofondatore della cooperativa di risaie nel sud dell'Azerbaijan, dal 2018 segue invece un progetto finanziato dall'UE, in collaborazione con l'Azerbaijan Tourism Board, volto alla valorizzazione della gastronomia locale, alla conservazione della biodiversità e allo sviluppo di mezzi di sussistenza sostenibili attraverso due principali settori di intervento: turismo agricolo e gastronomico. Farid è partito dal presupposto espresso quasi 2000 anni fa da Columella nel suo De re rustica , forse il primo trattato di agronomia della storia: l'umanità ha sempre discusso l'impatto della propria attività sulla natura. Questo messaggio, molto chiaro già ai tempi di Columella, ha ispirato l'attività di Farid, che ha avviato la sua attività riacquistando i terreni dei nonni, sottratti, all'inizio del secolo scorso, dal regime sovietico e dopo una ricerca approfondita è riuscito a trovare gli antichi semi locali nella banca dei semi di Mosca, dove erano stati depositati oltre 150 anni fa, prima dell'epoca sovietica.

E' qui che sono conservate molte fotografie che testimoniano come avveniva la coltivazione del riso nei primi anni del '900, a dimostrazione che la risicoltura era una tradizione di tutto l'Azerbaijan, dove sono state identificate oltre 20 varietà di semi locali. Con il sostegno economico delle famiglie aderenti, Farid ha creato una cooperativa che da 11 membri è passata a oltre 70 agricoltori, e riceve il sostegno economico del Ministero per l'Agricoltura nazionale e della Banca Mondiale. Partendo dalle considerazioni di Columella e giunto all'intuizione di Bill Mollison secondo cui "la cultura umana non può sopravvivere a lungo senza la base di un'agricoltura sostenibile e una gestione etica della terra", oggi Farid ha impostato la sua attività agricola sulla permacultura e sui metodi naturali.

La tipicità è il Razi rice (Pagina Facebook @RaziRice), riso semi grezzo biologico, che viene seminato a mano, senza l'utilizzo di pesticidi, erbicidi né fertilizzanti chimici e poi raccolto e trebbiato manualmente. Il chicco di riso con la sua crusca e il germe non lucidato, è ricco di nutrienti: contiene fibre, minerali, come fosforo, magnesio, zinco e vitamine, in particolare gruppo B. I terreni beneficiano del fatto che, dopo la fine del regime sovietico, sono stati lasciati incolti e per quasi 30 anni non sono stati trattati con fertilizzanti chimici e pesticidi. Gli agricoltori, partendo da un buon substrato, hanno potuto scegliere il metodo biologico che, sul lungo termine, confrontato con l'agricoltura convenzionale, si è rivelato la scelta vincente per il clima, il suolo, l'ambiente ma anche per le persone che lo lavorano. Farid è fiero del suo metodo "naturale": utilizza il potere della natura per coltivare e per combattere le infestanti!

Storie di riso dalla Cina

Kung Lien Xu, ex studentessa del Master all'Università di Scienze gastronomiche, ora collabora con Slow Food da Taiwan. La sua famiglia produce un'antichissima varietà di riso, eredità degli anziani della tribù Amis di cui fa parte. Anche a Taiwan il riso è l'alimento principale: in una stagione sono 160mila gli ettari coltivati a riso, pari al 4% della superficie nazionale.

La sua comunità coltiva il riso profumato più antico di Taiwan: una varietà adatta al terreno e al clima locale che si presta a essere coltivata con metodo biologico e con la rotazione delle colture. L'alternanza di riso e ortaggi consente al suolo di riposare garantendo un uso sostenibile dei terreni anche per le generazioni future. Kung si fa portavoce di una grande sfida: far comprendere al cliente le motivazioni che portano al biologico e al metodo della rotazione. Spesso, il consumatore non è in grado di cogliere la differenza tra le varietà di riso che il mercato offre e così orienta la sua scelta sul prodotto più economico. Occorre, dunque, che il risicoltore educhi l'utente finale e, per far questo, anche il turismo ha un ruolo fondamentale per far conoscere le ragioni che determinano il modo di fare agricoltura, perché il punto non è fornire un riso sano, ma anche garantire condizioni sane di lavoro agli agricoltori.

Zhao Pei'ou, laurea e master in agricoltura e biotecnologia presso l'Università dello Zhejiang si occupa della gestione della produzione agricola e della diffusione delle tecniche agricole al Dipartimento dell'Agricoltura e delle Campagne della Città di Wenzhou, in Cina, dove ha messo in pratica un nuovo metodo di coltivazione del riso.

In questa regione della Cina seguono due differenti strade per produrre riso biologico, la cui richiesta è in continua ascesa: Rice+ che integra coltivazione e allevamento (ad esempio pescicoltura) e la rotazione delle colture. In anni recenti, è stato inserito nelle risaie l'allevamento di gamberi, di granchi ma anche di anatre. Gli studi hanno dimostrato che questo tipo di approccio, rispetto alla coltivazione convenzionale, preserva la resa di produzione e, allo stesso tempo, aumenta la qualità del riso. I risicoltori sono orgogliosi dell'elevata qualità dei propri prodotti che vengono proposti sul mercato a un prezzo più elevato, consentendo anche una maggior soddisfazione economica.

Questo sistema combinato riduce l'uso di fertilizzanti chimici, per via della complementarietà di nutrienti tra il riso e l'allevamento: gli animali migliorano le proprietà fisiche e chimiche del suolo e favoriscono l'assorbimento delle sostanze nutrienti da parte del riso, oltre a inibire la crescita di erbe infestanti e di insetti dannosi per il riso. L'uso di pesticidi è ridotto anche del 60-70 % rispetto al sistema tradizionale, senza incidere sulla resa.

Il clima della regione di Wenzhou favorisce la diffusione del sistema di rotazione, che si rivela efficace per l'aumento della resa agricola dei campi e il miglioramento delle condizioni ambientali. Tradizionalmente si alternava riso, frumento e colza, oggi sono stati introdotti altri prodotti come i meloni, che vengono coltivati durante l'autunno dopo la mietitura del riso. Il terreno risulta così migliorato nelle sue caratteristiche e i prodotti agricoli che ne derivano sono di maggior qualità, grazie alla riduzione di infestanti e insetti dannosi.

In conclusione, poco importa il Paese che preso in considerazione. Il cammino verso colture alimentari sostenibili deve essere comunque percorso passo dopo passo, sperimentando tecniche innovative, senza mai perdere di vista il punto di partenza: le proprie radici, le tradizioni e le varietà locali antiche che in un passato recente sono state messe da parte in nome del profitto. Solo così le scelte dei produttori e di chi consuma avranno una ripercussione nel piatto, ma anche nel nostro ambiente.

 

 

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