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Val Borbera, terra di opportunità

Matteo ed Erica sono due giovani che hanno lasciato Genova per la Val Borbera. Hanno deciso di dedicarsi a quella forma di agricoltura che oggi viene definita 'multifunzionale' e di aderire al progetto 'Farmers and Predators' destinato a ridurre il conflitto tra allevatori e predatori selvatici. Ecco la loro storia.

  • Lorenzo Vay
  • Mercoledì, 15 Gennaio 2020
Matteo ed Erica impegnati nella loro attività  (Foto L. Vay) Matteo ed Erica impegnati nella loro attività (Foto L. Vay)

 

Il filosofo francese Gilles Lipovetsky scrive nel suo ultimo saggio dedicato alla "società della leggerezza" che: "La civiltà del piacere consumistico non è sempre un sinonimo di civiltà della felicità. Anzi, potrebbe persino diventare l'opposto". Ne sono convinti Matteo Beccuti e Erica Bruzzese, i due giovani ragazzi che hanno deciso di lasciare la città di Genova per dedicarsi a due progetti di "agricoltura multifunzionale" in montagna: "La Stalla dei Ciuchi" a Cantalupo Ligure (AL) e "Yogoloso" a Rocchetta Ligure (AL).

La loro storia - emblematica per i nostri tempi - arriva dalla Val Borbera, sull'Appennino piemontese, dove si sono insediati una decina di anni fa. Questi due giovani allevatori hanno anche aderito a Farmers and predators, il progetto per cui le Aree Protette dell'Appennino Piemontese e Almo Nature, nota azienda di pet food, hanno siglato insieme un accordo con lo scopo di ridurre il conflitto tra allevatori e predatori selvatici, come il lupo che è tornato a popolare il territorio.

(Video: La Stalla dei Ciuchi di Cantalupo Ligure AL - lavoro cane da conduzione)

Erica e Matteo, un'esperienza di aziende sostenibili

Grazie al progetto Farmers e Predators, le aziende di Matteo ed Erica ricevono periodicamente crocchette per i loro cani anti lupo, Zoe e India, due splendidi cagnoni bianchi di circa due anni che hanno il compito di difendere le pecore che considerano, a tutti gli effetti, parte del 'proprio branco'. Il progetto, infatti, oltre a valorizzare le attività virtuose nel campo della sostenibilità e del rispetto ambientale e sostenere le aziende zootecniche del territorio, prevede una fornitura gratuita di mangime per i cani da guardiania con l'impegno, da parte dei proprietari, di sperimentare i metodi tradizionali di protezione del bestiame, ossia il ricovero notturno degli animali e l'impiego dei cani maremmani-abruzzesi, specializzati nella difesa degli animali al pascolo.

Matteo alleva 170 pecore sarde per la produzione di latte che conferisce totalmente alla cooperativa "Valle Nostra" di Mongiardino Ligure per la produzione del montebore, il rinomato formaggio della Val Borbera. La sua azienda, però, è anche una fattoria didattica e sociale. Il nome dell'azienda - La Stalla dei Ciuchi - deriva dalla presenza di sei asini, protagonisti indiscussi di tutte le attività proposte: vengono usati, infatti, per attività di ono-terapia, per i trekking someggiati, per alcuni lavori agricoli a trazione animale e per le attività didattiche.
Erica, invece, gestisce l'azienda agricola "Yogoloso" la cui attività principale è, anche in questo caso, l'allevamento ovino con una cinquantina di pecore da latte, prevalentemente utilizzato per la preparazione di yogurt nel piccolo laboratorio aziendale.

Insieme, Matteo ed Erica, propongono attività di laboratorio per scuole e singoli visitatori: dalla visita della stalla per imparare le abitudini degli animali e, in particolare, l'utilizzo dell'asino come mezzo di trasporto sicuro e paziente, al laboratorio del latte in cui si conoscono le pecore e si impara a mungere e a produrre il formaggio; dal laboratorio della lana, con il lavaggio, la filatura e la cardatura delle lana tosata e la realizzazione di manufatti in feltro, a quello del dell'orto per imparare la stagionalità delle verdure, senza dimenticare il laboratorio del pane.

Il nostro incontro con Erica e Matteo

Quando abbiamo incontrato Erica e Matteo, durante il giorno di consegna delle crocchette in Appennino, la curiosità sulla scelta di vita di questi due giovani agricoltori era parecchia.
Perchè scegliere di cambiare vita? E perché scegliere di essere agricoltori in montagna?

"La vita in montagna è bella e se tornassi indietro rifarei tutte le scelte che ho fatto - ci racconta Matteo - ma è dura e bisogna lavorare tanto e duramente se si vuole fare le cose seriamente. Le piccole aziende di montagna vivono grazie al lavoro quotidiano che inizia all'alba e termina alla sera. Bisogna fare tutto: dal lavoro in stalla al commercio del latte, dalla manutenzione delle strutture e degli attrezzi alla burocrazia. Finanziamenti ce ne sono pochi ma più che altro è difficile avere il tempo per seguire tutta la burocrazia che sta dietro alle procedure. A questo, bisogna aggiungere che in questi territori è tutto più complesso, mancano i servizi come la connessione a internet, gli uffici pubblici vicini e spesso bisogna saper fare un po' di tutto per tirare avanti e non sempre è facile".

"Vi racconto un aneddoto. Un pomeriggio di tarda estate, riportate le pecore in stalla per la mungitura, mi sono accorto che gli animali facevano la pipì rossastra. Ho pensato immediatamente a una infezione urinaria contagiosa. Chiamo il veterinario, gli chiedo una visita in stalla urgente e nel frattempo mi metto al computer per cercare sul web le possibili cause. Le informazioni che raccolgo sono tutte di prognosi infauste. In un paio d'ore il veterinario è in stalla e mi prospetta una serie di possibili patologie e di possibili rimedi farmacologici, non escludendo una possibile mortalità dei i capi.
Decido allora di chiamare un altro "esperto": il pastore sardo dal quale ho comprato le mie pecore. Gli racconto l'accaduto e quando arrivo alla pipì rossa, lui mi chiede: 'Nei pascoli dove il gregge ha pascolato, c'era tanta cicoria rossa di campo?? Se così è stato... la causa sta semplicemente nel pigmento rosso presente nella pianta ! Vedrai quanto latte ti faranno adesso!' Effettivamente, le pecore avevano pascolato in prati pieni di cicoria di campo con i suoi fiori azzurri. Ed effetivamente la produzione di latte, in quei giorni, è aumentata e le pecore hanno continuato la loro vita pacifica e serena sui pascoli dell'Appennino". Da quella volta, quando la cicoria è in fiore, Matteo porta i suoi animali dove ce n'è in abbondanza e ha anche imparato che la cicoria viene considerata una sorta di orologio dei pastori, perché i fiori si aprono solo al mattino e cominciano a chiudersi già a metà del pomeriggio, all'ora della mungitura.

Erica è sua la compagna di vita: ha due occhi scuri bellissimi che trasmettono serenità e passione e, sulle labbra, ha sempre un sorriso. Racconta anche lei divertita di quando, al pascolo con le pecore, ha visto avvicinarsi un lupo e di come, Zoe, il suo cane da pastore, sia riuscita a farlo scappare senza che il gregge neanche se ne accorgesse.
"Le difficoltà che, come genitori, affrontiamo ogni giorno nel gestire la quotidianità di un figlio che va a scuola, che deve fare i compiti, che frequenta un gruppo sportivo, che vuole vedere gli amici... non sono poche", ci spiega quando accenniamo alla mancanza di servizi nelle aree montane.

E quando accenniamo alla nuova Legge regionale sull'agricoltura, Matteo risponde che una legge diventa davvero utile quando serve veramente a semplificare la vita ai contadini di montagna, perchè è qui che tutto diventa più difficile.

(Video: il cane da guardiania - Erica Bruzzese az agr Yogoloso Rocchetta Ligure AL) 

Chi sono i nuovi montanari

In Italia, negli ultimi 10-20 anni, sempre più giovani, hanno deciso di andare (o tornare...) a vivere in aree collinari e montane e di intraprendere qui attività imprenditoriali. Sono, infatti, numerose le istituzioni, le fondazioni e le organizzazioni che propongono politiche, iniziative e progetti per rilanciare un'economia alternativa nelle "terre alte" e, anche per questa ragione, non è più così raro assistere a un "controesodo" di giovani che scelgono di investire in territori "marginali" delle vallate italiane, fautori di una progettualità che punta a uno sviluppo economico sano, rispettoso e sostenibile.
Protagonisti assoluti di questo fenomeno di ritorno sono gli under 35, con una forte componente femminile: oltre il 40% delle nuove imprese che nascono nelle zone alpine e appenniniche sono infatti condotte da giovani donne.

All'origine di questi nuovi insediamenti ci sono sempre due valori forti: il senso di appartenenza al territorio e la volontà di riattivare intorno a sè una rete sociale basata su principi di solidarietà, condivisione e comunione del sapere, uniti a una visone moderna e alternativa del futuro.

Sempre di più le nuove generazioni guardano alla montagna, non solo per trovare opportunità lavorative, ma anche per allontanarsi dalla frenesia cittadina e da uno stile di vita che sta dimostrando tutti i suoi limiti. Per questo l'agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino, ha sempre più bisogno di tutele, soprattutto se si tratta di un'agricoltura quasi invisibile ai grandi numeri dell'economia, ma irrinunciabile per il presidio dei territori marginali e per la tutela della diversità di paesaggi, piante e animali nonché dei saperi, tradizioni, culture di un mondo "antico" che oggi torna a essere quanto mai attuale.

 

 

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