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Volontari per le orchidee (e non solo) all’Orto Botanico di Torino

Oggi il gruppo di volontari che cura le orchidee esotiche dell'Orto botanico di Torino conta molte persone. Anche perchè diventare custodi di orchidee (ma non solo) è molto facile. 

  • Laura Succi
  • Marzo 2020
  • Domenica, 26 Aprile 2020
Volontari per le orchidee (e non solo) all’Orto Botanico di Torino

"Sono le 10:50, dunque possiamo entrare. Lo dico perché alle 10 e alle 12 parte l'irrigazione automatica ed è piuttosto spiacevole trovarcisi in mezzo. Le piante che vivono nella serra tropicale oltre al caldo hanno anche bisogno di tanto vapore acqueo e quanto offriamo loro, l'umidità dell'aria è di circa il 70%, è proprio il minimo indispensabile". Sono le parole di Raffaella, in un giorno come tanti, all'Orto Botanico dell'Università di Torino.

Raffaella è una volontaria che ha iniziato il suo lavoro tre anni fa: "All'epoca la serra tropicale era un pochino abbandonata, i giardinieri fanno miracoli ma sono in pochi e non riescono a occuparsi di tutto, così quando i ricercatori dell'Orto Botanico hanno cercato aiuto per le piante tropicali mi sono fatta avanti".
Oggi il gruppo di volontari che cura quella serra è fatto di tante persone: "Filippo, che è una colonna portante, ha iniziato anche lui tre anni fa nasce come orchidofilo e sta facendo la scuola per diventare giudice nelle mostre di orchidee; Carlo, che grazie al mercatino delle piante che l'Orto organizza due volte l'anno ha comprato un po' di piante e poi ha deciso che era interessato a quello si faceva, ed è un validissimo aiuto; Claudio, che fra l'altro è il presidente dell'Associazione piemontese orchidofili APO e ragazzi come Davide, a cui piacciono tutte le piante un po' strane, e Simone che abita fuori Torino e ci mette mezza giornata ad arrivare fin qui ma arriva sempre. Loro due sono le nuove leve, c'è continuità ed è proprio quello che serve".

Le orchidee esotiche da accudire sono oltre settecento, in gran parte donate dalla famiglia di Mauro Guglielmetto, un appassionato orchidofilo della Valle di Susa: dalle Cattleya, una gioia per gli occhi, alle Coelogyne che sembrano delicati ragnetti verdi e lunghe liane di vaniglia che si arrampicano e corrono da tutte le parti e poi Phalaenopsis, Dendrobium e tante altre. "Questa Encyclia vitellina l'ho impollinata io con le mie mani e si stanno già formando le capsule con i semi che ci mettono mesi a maturare, racconta Davide. L'orchidea ospita nello stesso fiore l'organo maschile e quello femminile per cui ho preso i sacchetti che contengono il polline, chiamati pollinia e li ho depositati nell'ovario della stessa orchidea. Si possono anche fare degli ibridi prendendo il polline da una specie e mettendolo in un'altra".

Non solo orchidee

Ma i volontari non curano solo le orchidee. Nella serra tropicale ci sono tante altre piante che non sono orchidee e appena fuori, all'aperto, ci sono due vasche per le piante carnivore. "In realtà abbiamo anche delle carnivore esotiche che vivono all'interno della serra tropicale, le dionee le ho seminate io, quando sono nate erano minuscole, adesso sarebbero già da dividere", racconta Simone. I loro sistemi di cattura sono diabolici: trappole a scatto, delicati steli che producono una specie di colla per nulla pericolosa per l'uomo ma alla quale gli insetti rimangono appiccicati prima di venire digeriti, oppure grosse gole dalle quali l'insetto entra e non riesce più a uscire.

C'è poi la serra tecnica, operativa da circa un anno, dove vengono riprodotte le piante che serve anche ad alimentare il mercatino delle piante che si fa due volte l'anno, a metà maggio e a fine ottobre.
L'Orto ha anche una serra per le piante succulente e una grande struttura vicino all'ingresso dove vivono solo piante sudafricane, e queste sono ben seguite dai giardinieri. Il lavoro quindi è tanto e c'è bisogno di altre braccia, sia per le serre che all'esterno.

"I volontari che vengono a lavorare con me si occupano soprattutto delle serre, dice Raffaella, e sono stati selezionati anche per l'affidabilità, si sono presi un impegno e lo mantengono perché le piante vanno bagnate sempre, non possono stare all'asciutto per quindici giorni perché la persona designata per quel lavoro non si presenta. L'impegno minimo è di mezza giornata la settimana ma deve essere preso sul serio: abbiamo un programma di concimazione, un programma di disinfestazione, un programma di rinvaso, un programma di riproduzione, tutte le operazioni sono scandite con precisione, quindi condividiamo in chat i programmi e la ripartizione del lavoro".

Sia chiaro però che c'è lavoro per tutti, anche per chi non ha esperienza e non riesce a essere costante ma ama stare all'aria aperta: può affiancare i giardinieri, anche solo togliere le erbacce dalle aiuole è un grande aiuto. I lavori che non richiedono delle abilità particolari sono tanti e sono tutti utili per fare funzionare alla perfezione tutto l'insieme.

Custodi LIFEorchids

E poi prosegue il progetto dedicato alle orchidee spontanee, coordinato dalla professoressa Girlanda. L'anno scorso sono già state stati effettuati i sopralluoghi preliminari, sono state eseguite le analisi del suolo, sia chimico fisiche che microbiologiche, e sulla base di queste ricognizioni scelte le aree più idonee all'allestimento di "microriserve". La fecondazione avviene in modo esclusivo all'interno di queste zone per non disperdere il materiale genetico e mantenere la sua purezza: in questo modo è anche più facile farle attecchire: il terreno è quello migliore per loro e lì ci sono i funghi specifici con i quali vivono in simbiosi.

Girlanda e i suoi ricercatori hanno particolari permessi che consentono loro di impollinare le orchidee in natura e lo fanno ad esempio con le Ophrys perché particolarmente a rischio, per poi raccogliere i loro semi, farli germinare in laboratorio e poi procedere con la reintroduzione delle nuove piante. L'attività principale di riproduzione è tuttavia in carico al CREA di Sanremo (CREA Orticoltura e Florovivaismo), la Stazione Sperimentale che si occupa esclusivamente di floricoltura, il cui primo direttore è stato dal 1925 fino al 1950 Mario Calvino, padre di Italo, autore di libri meravigliosi come il barone rampante, le città invisibili, Il sentiero dei nidi di ragno, Fiabe italiane.

E qui entrano in gioco i volontari. "Quando parliamo di volontari per il progetto LIFEorchids, dice Girlanda, abbiamo in mente custodi con la terra, cioè proprietari che si prendono cura delle orchidee sui loro terreni, e custodi senza terra, che ci aiuteranno a monitorare le piantine che andremo a reintrodurre in campo il prossimo autunno".

Ma LIFEorchids ha portato tante belle cose anche all'Orto Botanico di Torino come una nuova coltivazione di orchidee spontanee. Raffaella e gli altri volontari hanno creato un biotopo a scopo didattico, per far toccare con mano che il Piemonte e l'Italia sono ricchissimi di orchidee native che vanno protette, non vanno raccolte, non vanno spostate, perché fuori dal loro habitat non riescono a riprodursi senza i loro funghi simbionti. "Accanto alle prime orchidee - i volontari, come qualsiasi altra persona comune, non possono prendere alcunché in natura e perciò è bene sapere che le nuove piccole piante sono state riprodotte dai ricercatori dell'Orto Botanico - abbiamo piantato i semi delle erbe che di solito vivono in natura insieme a loro, nei mesi invernali è stato tenuto tutto ben coperto da una rete per evitare che leprotti e scoiattoli si mangiassero tutto, e ora aspettiamo solo più che sia primavera".

Come si fa a diventare volontari?

Per diventare volontari dell'Orto Botanico dell'Università di Torino: occorre fare richiesta formale alla direttrice dell'Orto, professoressa Consolata Siniscalco.
In caso di accettazione i volontari saranno coperti da assicurazione. Raffaella è disponibile a fornire tutte le informazioni (anche per il mercatino delle piante) attraverso il contatto Whatsapp 347 8168533.

Per diventare custodi di orchidee: scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

 

 

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