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Piccole storie di biodiversità a Oropa

Si chiama Index Seminum 2020 ed è il catalogo dei semi del Giardino Botanico di Oropa che l'Oasi WWF mette a disposizione per lo scambio di sementi con altre istituzioni affini. Orti e giardini botanici lo pubblicano periodicamente e possono farvi parte sia i semi delle piante coltivate all'interno degli stessi, sia quelli raccolti in ambiente naturale da specie spontanee. Noi vi raccontiamo la storia della Franklinia. 

  • Fabrizio Bottelli*
  • Marzo 2020
  • Domenica, 23 Febbraio 2020
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Franklinia alatamaha |  CC-BY-2.0 Flickr Photographs by Wendy Cutler Franklinia alatamaha | CC-BY-2.0 Flickr Photographs by Wendy Cutler

Lo scambio internazionale di semi attraverso i cataloghi pubblicati da Giardini e Orto botanici, pubblicati periodicamente, è un'attività antichissima ed è regolamentata da un codice di condotta in conformità con la Convenzione di Rio de Janeiro sulla diversità biologica. Fra gli obiettivi principali della Convenzione vi sono infatti la conservazione della diversità biologica, l'uso sostenibile dei componenti di quest'ultima e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche.

Poichè gli Index sono appunto regolamentati dalla Convenzione, esistono dei vincoli in merito al loro uso: lo scambio può avvenire fra istituzioni scientifiche e a soli fini di riproduzione, conservazione, istruzione e ricerca, mentre non sono ammessi scambi a singoli cittadini o per scopi commerciali, né utilizzi a fini di lucro.

L'impegno del Giardino botanico di Oropa

Il Giardino botanico di Oropa rende disponibile il proprio Index seminum da pochi anni: aver assunto questa missione, a testimonianza del perseverante impegno a sostegno della conservazione della biodiversità, costituisce uno sforzo organizzativo non indifferente, viste e risapute le difficoltà finanziare dell'ente.
La rete internazionale di scambi fra orti e giardini botanici che si realizza grazie agli Index è di importanza fondamentale per il mantenimento delle collezioni delle piante coltivate e per la conservazione della biodiversità, in quanto garantisce la diffusione delle specie attraverso lo scambio dei semi e assicura il mantenimento di uno stock di riserva di semi, importante soprattutto per le specie rare o minacciate di estinzione.

Grazie a questa attività può succedere che alcune piante scomparse in natura sopravvivano solo in quanto coltivate negli orti e giardini botanici: è il caso, per esempio della Franklinia, un albero appartenente alla famiglia delle Theacee (sì, proprio quella delle piante da cui si ricava il tè) rappresentato unicamente da una specie originaria della valle del fiume Alatamaha in Georgia, oggi estinta allo stato naturale, che viene coltivata da qualche anno all'interno del Giardino Botanico di Oropa.

Franklinia, la sopravvissuta 

La Franklinia fu intitolata al famoso padre della Patria americano, Benjamin Franklin, che oltre a tipografo, giornalista e poligrafo, scienziato, inventore e uomo politico, fu profondamente consapevole dell'importanza economica dell'agricoltura per lo sviluppo delle colonie americane e la sua vita si intrecciò in molti modi con la botanica, l'orticultura e il giardinaggio. Oltre a pubblicare, come editore, molti libri su questi argomenti, occupò un ruolo non secondario nella rete di naturalisti, mercanti, botanici e appassionati che nella seconda metà del Settecento mutò il volto dei giardini e dei parchi inglesi con l'introduzione di centinaia di nuove specie nordamericane. Fu proprio lui a metterne in contatto i principali attori, Peter Collinson e John Bartram.

A quest'ultimo si deve il ritrovamento della pianta in questione: mentre esplorava la valle del fiume Alatamaha nei pressi di Fort Barrington insieme al figlio William, Bartram notò alcuni curiosi arbusti sconosciuti (data la stagione, senza fiori). Solo nel 1773, William, nel corso di un'ampia spedizione botanica, poté ammirarne la fioritura. William raccolse alcuni semi e, al suo ritorno a Filadelfia nel 1777, li seminò con successo nel suo vivaio: gli alberi crebbero e arrivarono a fiorire nel giro di pochi anni. I Bartram chiamarono la pianta Franklinia alatamaha in onore del grande Benjamin Franklin, carissimo amico di famiglia, e del maestoso fiume sulle cui rive viveva.
Quando William individuò la Franklinia, notò che cresceva esclusivamente in un'area pianeggiante di due o tre acri (circa 8/12.000 metri quadrati) lungo il fiume Alatamaha; non c'erano notizie che crescesse altrove. Nel 1790 Moses Marshall nel corso di una spedizione di raccolta, localizzò di nuovo lo stessa stazione, nel 1803, John Lyon, giardiniere e cacciatore di piante scozzese, ne trovò da sei a otto esemplari: è l'ultima segnalazione della presenza della pianta in natura; essa può essere considerata estinta allo stato selvatico non molto dopo quella data.
Potrebbe proprio essere la raccolta dei semi e dei pochi esemplari da parte dei cacciatori di piante a decretarne la fine. Ma forse le motivazioni dell'estinzione è più complessa: magari legata alle fluttuazioni verso sud delle popolazioni di piante settentrionali durante le glaciazioni; ma mano a mano che il clima si faceva più caldo, essa si trovò a vivere in suoli poveri, argillosi, poco drenati (proprio l'opposto delle condizioni preferiti dalle Theaceae, un tempo conosciute come Camelie). La popolazione, un tempo ben più diffusa, così incominciò a declinare e quelli trovati dai Bartram potevano essere i suoi ultimi rappresentanti. Non è da escludere che al declino abbia contribuito la coltivazione estensiva del cotone nell'area, con la conseguente diffusione di malattie radicali, ancora oggi un grave problema per gli esemplari coltivati.

Se l'uomo ha forse dato l'ultima spinta alla sorte vacillante della Franklinia, ne ha se non altro garantito la sopravvivenza in coltivazione: tutti gli esemplari oggi esistenti al mondo (si calcola che sia coltivata in un migliaio di luoghi: parchi, giardini, arboreti, orti botanici) discendono dai semi piantati da William Bartram nel 1777. Non è neppure ipotizzabile una sua reintroduzione in natura; proprio perché tutte le piante esistenti sono strettamente imparentate, non assicurano la diversità genetica sufficiente per resistere a nuove malattie o per adattarsi ai cambiamenti climatici.

La storia della Franklinia sembra proprio un apologo sul male (molto) e sul bene (poco) che gli uomini possono arrecare alla natura.

* Direttore del Giardino Botanico di Oropa

 

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