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San Besso d’inverno

Pioggia, vento, nebbia, freddo, neve e ghiaccio. Con qualunque tempo, puntualmente ogni anno il 1° dicembre in Val Soana, ai piedi del Gran Paradiso, si ripete un rito che ha radici antiche, ma è tutt'oggi vivo e sentito: il pellegrinaggio a San Besso

  • Andrea Miola
  • novembre 2010
  • Martedì, 2 Novembre 2010

In realtà di pellegrinaggi a San Besso se ne effettuano due all'anno, uno il 10 di agosto, durante la bella stagione, che vede la partecipazione di migliaia di persone provenienti a piedi da molto lontano, persino da Cogne, e quello invernale, che cade il 1° dicembre. Quest'ultimo è senza dubbio l'appuntamento più raccolto e intimo, con la partecipazione di un numero inferiore di persone, ma forse ancora più motivate. San Besso è un'affascinante località a 2019 m di quota, sul versante orografico sinistro del Vallone di Campiglia, frazione del Comune di Valprato, in una delle vallate meno famose del Parco Nazionale del Gran Paradiso: la Val Soana. Valle povera in ogni epoca, priva di risorse economiche che consentissero la sopravvivenza della popolazione, la Val Soana è stata per secoli terra di emigrazione, sia verso la pianura canavesana e verso Torino, sia verso la Francia e in particolare Parigi, dove alcuni valsoanini hanno trovato fortuna. Fra questi i più famosi sono i fratelli Joseph e Louis Clerico, che nel 1955 acquistarono il Moulin Rouge, locale notturno famoso in tutto il mondo e ancora oggi gestito da un discendente della famiglia, Jean Jacques Clerico, figlio di Joseph. Nonostante sia una delle valli del più antico parco nazionale italiano, la Val Soana è stata finora tagliata fuori dai grandi flussi di reddito derivanti dal turismo: priva di località di grido, di grandi laghi, di strade che consentano alle auto di salire rapidamente in quota, di praterie e aree attrezzate facilmente raggiungibili dai gitanti della domenica, di vedute sui ghiacciai, e di vere piste di sci di fondo, la Val Soana rimane tutt'oggi la meno frequentata e la meno conosciuta delle valli del Gran Paradiso. La storia della valle e delle sue genti è però millenaria e si perde nella notte dei tempi, non senza riservare misteri e sorprese. Come il resto del Canavese e della confinante Valle d'Aosta, la Val Soana era abitata dai salassi, fiero e indomito popolo celto-ligure che viveva di caccia ed era specializzato nell'attività mineraria e nella lavorazione dei metalli. Nel 25 a.C. le legioni romane comandate da Aulo Terenzio Varrone, per porre fine al brigantaggio e alle ribellioni e per assicurarsi il controllo della Via delle Gallie e degli importanti valichi dell'Alpis Poenina e dell'Alpis Graia (Grande e Piccolo San Bernardo), sconfissero definitivamente i salassi, catturandone 36mila, di cui 8mila furono costretti a entrare forzatamente nell'esercito romano e 28mila furono venduti come schiavi in catene nel mercato di Eporedia e probabilmente spediti a fare i minatori in Spagna. La colonizzazione dei romani tuttavia non arrivò mai a cancellare completamente la preesistente cultura delle popolazioni delle montagne, specialmente delle valli più remote, che conservarono più dei territori di pianura le usanze preromane. Anche il cristianesimo non riuscì a cancellare del tutto le credenze popolari locali, preferendo, come era stato fatto anche per le feste pagane, "assimilare" e "assecondare" le antiche usanze tanto radicate sul territorio. Fra queste antichissima è l'attribuzione di un carattere sacro, magico o misterioso al Monte Fautenio (o Fanton, 2072 m) e ai suoi dintorni, oggi più noti col nome di San Besso. La zona fu luogo di culto fin da epoca preromana e tale continuò a essere sia durante il periodo romano, sia con l'arrivo del cristianesimo. Ancora a inizio Novecento, quando il culto di San Besso fu studiato dall'antropologo Martin Hertz, la popolazione soleva staccare e portare a casa frammenti della roccia anfibolite di tonalità verde dell'isolato Monte Fautenio, ritenendo che tale roccia, così diversa da quelle circostanti, avesse poteri taumaturgici. Si trattava dunque, secondo Hertz, di uno dei tanti culti precristiani delle rocce o delle fontane diffusi sulle Alpi. Secondo un'antica tradizione molto radicata fino in epoche recenti, questo era il luogo in cui fu martirizzato San Besso, buttato giù dalla rupe del Monte Fautenio. Probabilmente Besso era un "santo" pastore ed eremita ucciso dai suoi stessi conterranei. Questa tradizione si intrecciò in seguito con la vicenda storica dei martiri della legione tebea, costituita da soldati originari di Tebe, in Egitto, e inviata nel settore delle Alpi Occidentali per controllarne la popolazione. Quando si scoprì che fra i legionari molti erano cristiani, questi ultimi furono quasi tutti uccisi nel 286 d.C., nel periodo dell'imperatore Massimiano Erculeo, presso Agaunum, nel Vallese. Il culto dei legionari, dalla zona di Martigny dove sorse, si diffuse in tutto il Piemonte. In tal modo iniziò a circolare una seconda versione, secondo la quale Besso era un soldato della legione tebea, che, come i suoi commilitoni, fu giustiziato perché si era convertito al cristianesimo. Nei secoli successivi sul luogo in cui sarebbe caduto il corpo di San Besso fu costruito un santuario, che subì modifiche nel tempo, specialmente nel Seicento e a metà Ottocento. L'aspetto attuale dell'edificio risale al 1857. Il santuario è sempre stato luogo di grande devozione popolare da parte della gente delle vicine valli canavesane e valdostane, devozione e attaccamento molto vivi ancora oggi. Il culto dei martiri della legione tebea si radicò in molte zone delle Alpi Occidentali, dove ancora oggi possono trovarsi riferimenti ai legionari martirizzati e considerati santi, come San Chiaffredo nel Saluzzese, San Porciero a Champorcher, Sant'Abaco alle falde del Musinè, con tanto di cappella a lui dedicata a Caselette, San Magno a Cuneo e a Castelmagno, San Ponzio a Pradleves e a San Ponso Canavese, San Dalmazzo in Valle Roia, a Cuorgnè e a Borgo S. Dalmazzo, Sant'Ottavio, San Defendente, San Solutore a Romano Canavese, San Costanzo nella Val Maira, Sant'Amanzio a Rivalba, San Valeriano a Cumiana, Sant'Abbondio a Caramagna, San Gillio, San Giorio e San Barolo negli omonimi paesi. Ma il soldato della legione tebea più famoso è senza dubbio il suo comandante, San Maurizio, al quale nel 1434 il duca Amedeo VIII dedicò un ordine cavalleresco, che nel 1572 Emanuele Filiberto trasformò nell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, esistente ancora oggi e riconosciuto nelle disposizioni finali della Costituzioni.
Le processioni
Dei due pellegrinaggi a San Besso, quello del 10 agosto è noto per "l'incanto", ossia la messa all'asta al migliore offerente dei doni offerti dai fedeli al santuario, per la processione con la statua del santo in senso orario attorno al Monte Fautenio e per la presenza di migliaia di persone, alcune delle quali provenienti anche da Cogne dopo 7 ore di cammino attraverso il Colle dell'Arietta (2939 m), rinnovando e ricordando così l'antico legame fra le due comunità dei Valsoanin e dei Cogneins, che parlano lo stesso idioma franco-provenzale e che un tempo erano unite sotto una unica parrocchia della diocesi di Ivrea. Soltanto verso la fine del 1100 infatti, forse a causa di mutate condizioni climatiche che resero impraticabili per molti mesi all'anno gli alti passi tra la Valle di Cogne e la Valle Soana, o forse semplicemente per una permuta con Carema, che prima apparteneva alla diocesi di Aosta, Cogne (nell'alto medioevo quasi impossibile da raggiungere dalla Val d'Aosta e pertanto colonizzata da popolazioni provenienti dalla Valsoana), fu separata dalla diocesi di Ivrea e aggregata a quella di Aosta. Fino a pochi anni fa l'incanto consisteva nella messa all'asta, alla parrocchia migliore offerente, del diritto di portare la statua di San Besso attorno al Monte Fautenio durante la processione. Concorrevano all'asta tutte le parrocchie della "Comunità di San Besso", ossia le parrocchie di Valprato, Campiglia, Ronco Canavese, Ingria e Cogne. Il pellegrinaggio del 1° dicembre è meno famoso e frequentato di quello estivo, ma è ancora più sentito dai partecipanti, che, partiti prima del sorgere del sole, giungono fin lassù, ad una quota di 2019 m, dopo due ore abbondanti di cammino, spesso su neve fradicia, o polverosa, o ghiacciata, e spesso con condizioni di vento forte o di nebbia che mette a prova il senso dell'orientamento. La capienza del piccolo santuario non consente a tutti di assistere alla funzione religiosa celebrata puntualmente alle 10.30 del mattino. Nonostante le rigide condizioni meteorologiche, decine di escursionisti/pellegrini (che diventano centinaia se il 1° dicembre cade in un giorno festivo) attendono all'esterno il termine della funzione religiosa, per poi unirsi a tutti i partecipanti e consumare un frugale pranzo al sacco al cospetto del Monte Fauterio e della maestosa Torre di Lavina (3308 m). L'importanza dell'appuntamento è sottolineata dalla presenza del vescovo di Ivrea. Sia mons. Bettazzi, sia l'attuale vescovo mons. Miglio, si sono infatti varie volte uniti agli escursionisti, salendo a piedi al santuario per concelebrarvi la funzione religiosa.
Santuario-rifugio
Se il santuario è stato costruito sotto il Monte Fautenio, laddove sarebbe precipitato il corpo di San Besso, sulla cima dello stesso sperone roccioso è invece stata costruita una piccola edicola votiva, che ricorda il luogo da cui il corpo di Besso sarebbe stato gettato a valle. Numerose sono le raffigurazioni di San Besso, sempre in abiti di legionario romano, ad affresco, sull'edicola in cima al monte, in un quadro a olio e in una statua lignea all'interno del santuario. Nel fabbricato annesso al retro del santuario di San Besso il vescovo di Ivrea nel 1951 ha consentito al Club Alpinistico Pontese di attrezzare un locale a piccolo rifugio alpino non gestito, inaugurato il 3 agosto 1952. Nello stesso fabbricato, sul retro del santuario, un altro locale è stato concesso in uso ai guardiaparco del Gran Paradiso. Il rifugio, a 2019 m di quota e dedicato a Giovanni Bausano, ha otto posti letto, non è gestito ed è sempre chiuso a chiave. Per le chiavi occorre rivolgersi al Soccorso Alpino CAI di Valprato Soana, tel. 3470564329, 3402805299. A San Besso si arriva partendo da Campiglia, 1350 m, fraz. di Valprato Soana, percorrendo inizialmente la strada sterrata in direzione del Pian dell'Azaria, poi voltando a destra su sentiero, difficoltà E, tempo 2 ore

.Per saperne di più
· Hertz R., San Besso. Studio di un culto alpestre, in La preminenza della mano destra e altri saggi, Einaudi, Torino, 1994
· Reis M., Il mistero di Besso. Tra Cogne e Campiglia le radici di un popolo, Lampi di Stampa, Milano, 2006
· Carta della Val Soana, collana Alpi Canavesane, scala 1:20.000, Mu edizioni, Mercenasco, 2009
In Valle Soana si parla, oltre all'italiano, anche il franco-provenzale, chiamato pure "arpitano". Per conservare, promuovere e diffondere l'uso di questa lingua è attiva l'Associazione di Studi e Ricerche Francoprovenzali Effepi, con sede nella frazione Molino di Forzo a Ronco Canavese.

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