Stampa questa pagina

L'Autani del buon cammino

A Montescheno in Valle Antrona, ogni anno gli abitanti affrontano un lunghissimo percorso di fede: è l'Autani, la più lunga processione delle Alpi

  • Roberto Bianchetti
  • luglio 2010
  • Venerdì, 9 Luglio 2010

L'Autani (o Lautani, come ultimamente viene chiamato in nome della probabile etimologia) è una processione antica, ma non solo... L'Autani oggi è una bella camminata in montagna, ma non solo... L'Autani è un'intensa giornata in compagnia, ma non solo... L'Autani è un cammino di fede, ma non solo... l'Autani è un percorso dentro se stessi, ma non solo... L'Autani è un augurio a tutti di Buon Cammino su una strada fatto da tante persone in cammino. "L'Autani dei set frei" è un'antichissima processione che si svolge sulle montagne intorno al paese di Montescheno in Valle Antrona, nel Verbano-Cusio-Ossola. E' la più lunga processione non solo dell'Ossola ma di tutte le Alpi. Si snoda su un percorso di circa venticinque chilometri e supera, durante una lunga giornata di cammino, un notevole dislivello. In alcuni tratti il sentiero corre alto su ripidi costoni erbosi e la sensazione di spazio è accompagnata dai cori delle donne che interrompono per un giorno i silenzi di queste montagne nascoste. Il termine Autani è probabilmente una contrazione dialettale di litanie. La credenza popolare fa risalire la nascita dell'Autani dei set frei intorno al 1640, quando sette fratelli avrebbero percorso l'itinerario per primi quale voto di grazia contro la peste, ma le origini di questa processione sembrano affondare le radici in tempi più antichi e pagani. Ogni anno, la terza domenica di luglio ha inizio la processione che parte alle quattro e trenta del mattino dal paese al canto delle litanie e rientra alle dieci di sera per la messa di chiusura nella parrocchiale di Montescheno, dove si intona un ennesimo e possente coro. La tradizione che viene tuttora ossequiata scrupolosamente vuole che un rappresentante di ogni famiglia del paese partecipi alla liturgia ed è per questa intima volontà popolare che l'Autani è giunto sino a noi intatto e praticamente sconosciuto fino a qualche anno fa al di fuori della Valle Antrona. La processione si snoda con un giro ad anello sfiorando le sette cime che circondano Montescheno, in testa al corteo una donna porta la bandaròla, stendardo della Vergine, e regola la marcia. Sette sono anche le stazioni di preghiera che si incontrano in un cammino scandito da un rituale rigoroso come i canti delle litanie e del Miserere in latino, il bacio del Crocefisso, l'incontro con i pastori della Valle Bognanco dove avviene uno scambio di doni e le pause per rifocillarsi dove gli uomini e le donne intonano vecchie canzoni della valle. Negli ultimi tempi il parroco di Montescheno, don Antonio Visco, ha voluto dare nuova vita a questa tradizione, assegnando ogni anno un tema, e accennando delle brevi riflessioni e testimonianze durante le soste per le antiche preghiere. Viene anche creato un piccolo segno (un cappellino, un fazzoletto, una spilla, una fascia, una campanella, ecc.), a ricordo del tema sviluppato. E così la processione si rinnova ogni anno, coniugando bene il passato e la tradizione con la modernità e la quotidianità. Ora vi partecipa tanta gente, non solo del paese e della valle, ma anche di fuori, e così persone diverse si mischiano per un giorno alla comunità locale di Montescheno e della Valle Antrona.
Il percorso nel dettaglio
Ogni anno, la terza domenica di luglio, si parte alle 4.30 del mattino, quando è ancora buio, dopo una breve preghiera in chiesa: in fila, con le torce elettriche si imbocca il sentiero che dall'abitato sale in mezzo al bosco. Albeggia quando si raggiunge Vallemiola, dove si sosta per una preghiera davanti a una cappelletta. A giorno fatto si giunge ad Aulamia, e qui il parroco chiede il raccoglimento per pregare per i propri morti, quindi intona l'antico canto del Dies Irae. All'esortazione di Procedamus si prosegue nel cammino, e la lunga fila s'incolonna dietro la donna che regge la Banderola, un vecchio e consunto stendardo ornato di fiori, con l'immagine della Madonna Assunta. Le anziane intonano quasi incessantemente inni e preghiere, cui rispondono anche gli uomini. A un luogo stabilito ci si ferma nuovamente, il prete regge la croce di ferro che tutti, a turno sono invitati a baciare e i priori raccolgono le prime offerte che andranno a illuminare l'alpeggio. Tutto l'andamento della processione è controllato e diretto dai priori, che hanno molteplici compiti, fra cui quello di decidere la durata e il luogo delle tappe, ricordare il rispetto delle regole, insomma vigilare che tutto proceda per il meglio. Alla cappelletta del Pianino fino a una trentina di anni fa si celebrava la Santa Messa, che poi fu spostata alla sera, per la chiusura della celebrazione penitenziale simboleggiata da questo lungo itinerario. Brevemente si sosta per recitare le esequie e si canta il Miserere, inno per eccellenza dell'Autani. Dopo una piccola colazione il cammino prosegue lungo il costolone est fra bassi cespugli e per sali scendi si raggiunge la croce di Saudera, si recitano le antiche rogazioni per la benedizione della campagna: Ut fructus terrae benedicere conservare et multiplicare digneris invoca il sacerdote e la gente risponde: te rogamus, audi nos. La preghiera è sempre corale e coinvolge vecchi e giovani, che la tradizione antica accomuna in una rara e singolare solidarietà. Si discende cantando il sentierino erboso fino all'alpe sottostante dove, vicino alle due baite, ormai in stato precario, si consuma una più abbondante colazione. Il percorso continua, dominando dall'alto l'abitato di Pizzanco, in Val Bognanco; si devia nuovamente verso Antrona e, con un'ultima impennata, la traccia giunge alla Scatta.
Ancora una croce in ferro segna un posto tappa, dopo le solite esequie c'è l'incontro con gli ultimi due pastori che qui inalpano da Bognanco, e si ripete l'antica tradizione di offrire loro qualche cosa come dono dell'Autani. Ma incalza il Procedamus del parroco, il cammino continua fra i pascoli d'alta quota verso il Passo di Arnigo. Breve sosta per le esequie e ci si appresta a passare il punto più delicato dell'intero percorso: la testata della Val Brevettola, dove un sentiero infido e franoso conduce, per un lungo traverso, alla sottostante alpe Campo. Bello è osservare lo snodarsi della variopinta processione che scende lungo le ripide pendici della Cima di Arnigo, che torreggia alta sui pascoli sottostanti; qui si ammirano fra le rocce, le stelle alpine, ma l'attenzione è tutta concentrata sull'esile sentierino che non permette distrazioni. Si torna su percorso più riposante e la fermata successiva è al torrente dove tutti riempiono le borracce e dove lo sguardo corre ancora lungo il ripido e vasto traverso appena percorso, contenti che sia finalmente terminato. A tratti gli uomini intonano il Miserere, poche strofe di un celebre salmo dell'antica liturgia ecclesiastica che viene modulato a più voci in un coro spontaneo e maestoso, costituente una delle caratteristiche principali di questa tradizione. Diventerà sempre più ricorrente mano a mano che ci si avvicina al ritorno, rendendo rauchi i coristi che imperterriti continueranno ad urlarlo, perché si senta fino agli alpeggi sottostanti. Nelle soste i priori pongono sulle croci di ferro o sulle cappelle una crocetta di cera legata ad alcuni fiorellini, quale simbolo di benedizione e segnale per chi la rinvenga, che ancora una volta l'Autani è passata da quella località. Anticamente questo gesto aveva un valore simbolico esorcistico contro gli immaginari demoni e streghe che minacciavano gli sperduti alpeggi. Si risale per un pendio erboso detto Boaresc e nel punto definito l'Au Marii cioè delle Ave Marie, nuovamente si sosta per le preghiere tradizionali. Il sole allo zenit segna che è l'ora di pranzo: un'ultima salita che sembra lunghissima e finalmente si tocca la Forcola. C'è l'assalto alla fontanella per il rifornimento di acqua e poco sotto si giunge al piccolo pianoro di Ogaggia dove si consuma il pranzo. Alla fine del pasto, gli uomini si riuniscono su di un risalto per un ennesimo coro, questa volta di motivi tradizionali alpini, diretti da un improvvisato maestro del paese. Arriva così l'ora della discesa finale; è di prassi nuovamente il bacio della croce compiuto a turno prima dalle donne e poi dagli uomini; infine ci si avvia e la retroguardia maschile alterna canti e bevute, bevute e canti, rallentando di molto il cammino sotto il tollerante e rassegnato bene placet delle donne a capofila. Per ripido sentiero si discende alla croce di Set Frei e qui il calore del tardo pomeriggio si fa sentire.
Dopo le esequie si continua verso gli alpeggi bassi, Pradurin, Ortighè, Piansascia e Gramzan, dove ancora c'è chi d'estate torna ad occupare le vecchie baite risistemate. All'ultima croce il parroco recita nuovamente le rogazioni, che ancora quaranta anni fa si celebravano in ogni paese, testimonianza di una cultura agro pastorale ormai trascorsa e dimenticata. La stanchezza e il caldo fanno desiderare l'ultima tappa all'alpe Motta, ma la processione deve rispettare i suoi orari e non è permesso accelerare i tempi; sempre più numerosi si fanno le soste e sempre più alto si innalza il canto del Miserere che segnala il giungere dell'Autani. Infine alla Motta c'è l'incontro con i parenti: sono giunti dal paese con la cena, ci si ritrova e ci si saluta felici e contenti di aver compiuto un'altra volta la lunga sgambata. Ma l'epilogo della giornata non è qui sull'erba; si dovrà, dopo le preghiere di prammatica e l'ultimo bacio della croce con l'offerta, discendere alla chiesa del paese per celebrare la messa. Questa sarà veramente solenne, degno compendio di una grande giornata, e alla fine, quando è sceso il buio della sera, un ritrovato vigore farà pronunciare a molti un arrivederci al prossimo anno, per una nuova Autani da trascorrere in compagnia.

Potrebbe interessarti anche...

A Esio, minuscolo paesino di montagna del Verbano Cusio Ossola, un manipolo di ragazze e ragazzi ...
Fu l'egittologo piemontese, Ernesto Schiaparelli, a ritrovare nel 1906, la tomba di Kha e tremila ...
Il Carnevale è una festa comunitaria di purificazione e propiziazione dai significati an ...