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Orsi, Capre, Zucche e Santi

Alle porte di Torino, il paese di Volvera ogni anno, il martedì grasso, ripropone gli ancestrali riti dell'Orso e della Capra. Ma altre manifestazioni invitano a una visita.

  • Aldo Molino Mariano Salvatore
  • Gennaio febbraio 2011
  • Mercoledì, 7 Maggio 2014

Volvera, per i turisti diretti in montagna è poco più di un'indicazione lungo l'autostrada per Pinerolo e Sestriere; i più attenti noteranno proprio ai margini dello stradone la storica e barocca Cappella Pilotti, ma la maggior parte correrà via veloce. Per altri Volvera è stato il paese della "Santa", Maria Sopegno, classe 1917, che dopo l'apparizione della Madonna nella stalla di casa all'età 7 anni, si scoprì virtù taumaturgiche e iniziò una lunga carriera di guaritrice. Carriera attestata da migliaia di adepti, la cui testimonianza è raccontata dagli ex voto raccolti negli anni e conservati in quella che era la sua casa. Durante gli anni '50 del secolo scorso Volvera divenne, quindi, meta di pellegrinaggi. Anni difficili di transizione tra il mondo arcaico contadino e la moderna industrializzazione. La "Santa" soccorreva nella vecchia cascina nel centro di Volvera, dove tutti i giorni della settimana, eccetto la domenica, una folla di malati e disperati attendeva pazientemente di essere ricevuta. A volte non era neppure l'interessato a sottoporsi alla "santa" ma un indumento o un oggetto portato da un parente. E dalle 11 a mezzogiorno c'era una corsia preferenziale per bambini e religiosi. Tutto quell'afflusso di gente (si parla complessivamente di 4 milioni di persone) se a qualcuno procurava un certo fastidio, per commercianti, osti e albergatori ha rappresentato in qualche caso una vera fortuna. Mariuccia si è spenta nel 1993 e il ricordo è stato portato avanti dal fratello minore. La casa natale nel centro di Volvera in via XXIV maggio è oggi un piccolo museo che ne custodisce la memoria. Spenta l'eco della "santa guaritrice", Volvera è tornato a essere uno di quei luoghi di cui poco si parla. Poco più di 8000 abitanti, sparsi tra villette e palazzine che fanno da contorno al piccolo centro storico, un passato agricolo e il presente sospesi tra incerti sviluppi industriali (Indesit, Fiat ricambi, etc.). Nonostante questo apparente anonimato, Volvera è luogo antico (la sua esistenza è documentata a partire dall'XI secolo) e come tale conserva uno scrigno di storia e tradizioni popolari. Basta vincere gli iniziali pregiudizi e si viene letteralmente trascinati in un vivace susseguirsi di rievocazioni storiche e feste folkloriche che compongono un calendario davvero unico. Per tutto l'anno, a più riprese, le sonnolenti vie cittadine vengono rianimate, come in una fiaba, da orsi "scatenati", milizie settecentesche, santi in processioni e inverosimili zucche.
Partiamo dall'inverno: febbraio e il carnevale. Non più di quindici anni fa, grazie alla tenace caparbietà di alcuni giovani del paese è stato recuperato un carnevale di antica memoria: il Carnevale dell'Orso di Volvera. Sfuggendo alla logica della società del prodotto che annienta l'autenticità dei luoghi per uniformarli a modelli omologati facilmente replicabili, alcuni volveresi doc hanno messo nuovamente in scena riti antichi per riallacciare un legame forte e identitario col proprio territorio. È così che il martedì grasso escono per le vie del posto un orso e una capra, scortati da un chiassoso corteo. Rivive, così, il rito della questua dell'Orso Marino, l'ancestrale selvatico, l'animale totemico, rito messo in scena fino al secondo dopoguerra e poi relegato nella soffitta della memoria per far posto a feste più alla moda. È risaputo che il calendario rituale contadino è scandito da numerosi animali e che, all'interno di questo complesso sistema mitico-rituale, la figura dell'orso ricopriva un ruolo di primaria importanza. Infatti, l'osservazione dell'animale e della luna presente nella notte dell'orso permetteva al contadino di capire se la primavera sarebbe stata incipiente o tardiva e predire la nuova annata agraria. L'orso ovviamente non è un'esclusiva di Volvera ma troviamo analoghi riti in molte altre località: Cortemilia, Valdieri, Cunico e più recentemente anche a Condove. Alcuni giovani mascherati da cacciatori e domatori conducono, per le strade della cittadina, un figurante travestito da orso. La vestizione avviene lontano da sguardi indiscreti, poiché nessuno deve conoscere l'identità dell'orso. Completano il gruppo carnevalesco alcuni ragazzi travestiti da "vecchie nonnine" chiamate Catlin-e oltre ad alcuni suonatori che annunciano l'arrivo del feroce animale. Durante l'interminabile questua per le vie del paese l'orso si agita e incute terrore, entrando nei negozi e nelle abitazioni, tentando la fuga, attirando in tutti i modi l'attenzione degli infreddoliti passanti. Per ammansire il feroce animale occorre offrirgli in dono cibo o denaro, prontamente raccolto dalle Catlin-e. A questo punto l'orso si rabbonisce e ricambia esibendosi in un ballo di buon auspicio. Ben altro destino spetta alla capra, che verrà sacrificata poco prima della conclusione dei festeggiamenti e dell'immancabile banchetto finale. Non bisogna aspettarsi costumi sontuosi o scenografie spettacolari. La festa è spontanea e vissuta in prima persona dai residenti che la organizzano per chi a Volvera vive più che per distratti visitatori. I costumi sono "fatti in casa" con quel che si trova (giacche, vecchie pellicce, corde, etc.), così come le maschere degli animali, non fedeli riproduzioni, ma piuttosto belle prove di artigianato "fai da te". L'orso di Volvera ha ricevuto particolari attenzioni in Europa, partecipando alla mostra dei "Selvatici" inaugurata a Parigi nel 2007 e trovando stabile collocazione presso il Museé International du Carnevale et du Masque della città di Binche in Belgio. Se l'orso è stato traslato dal 1° febbraio, il giorno dell'orso a fine carnevale, e la compravendita della capra dal venerdì, continua la sera del martedì grasso il rogo del pupazzo, che tradizionalmente avveniva nella piazza a fianco della chiesa parrocchiale e che in anni recenti è stato spostato in spazi più idonei e sicuri. Mentre a febbraio l'orso semina sconquasso, a settembre alle porte della città tornano a fronteggiarsi l'esercito del generale francese Catinat e le truppe di Vittorio Amedeo II di Savoia. Si torna d'un balzo al 4 ottobre 1693, quando i piemontesi sfidarono i francesi nella battaglia della Marsaglia per l'affermazione del futuro regno.
Purtroppo le cronache raccontano che le cose non andarono bene per i "nostri", che dovettero arrendersi alla schiacciante superiorità dei soldati del Re Sole. Ma come recita l'epigrafe incisa sulla Croce commemorativa detta Del Barone: "Difesero fino all'ultimo l'onore di Savoia - speranza d'Italia". Per chi al frastuono di cannoni e moschetti preferisce una colorata sagra paesana, il primo lunedì del mese di novembre e la domenica antecedente potrà perdersi nell'arancio delle famose zucche di Volvera. Zucche di molteplici fogge, in vendita e in esposizione nell'annuale Fiera Autunnale. Qui il tondo ortaggio è di casa, basti pensare che secondo un'antica tradizione i volveresi sono chiamati in piemontese "Cossoté" cioè amici delle zucche. Se qualcuno non fosse ancora convinto dell'amore degli abitanti per la grossa cucurbitacea, è sufficiente sbirciare negli orti del paese, sempre ben forniti di zucche. La fiera è un'occasione imperdibile per veder sfilare la zucca più grossa, quella più lunga e persino quella più artistica. Il patrimonio di tradizioni della città pare interminabile e, come in ogni società rurale che si rispetti, non dimentica di celebrare santi e patroni. Quando l'afa estiva monta (terza domenica di luglio), Santa Maria Maddalena, Patrona di Volvera, viene portata in solenne processione. Poi riposta l'effige ci si concede a musica e balli. Con la festa in onore della santa si ricordano tutte le volte che Maria Maddalena è intervenuta in aiuto alla cittadinanza scongiurando guerre, pestilenze, siccità e malattie. La più nota è la pestilenza del 1745 che causò la morte di centinaia di bovini. Gli abitanti si rivolsero all'amata Santa e in cambio del suo intervento provvidenziale le dedicarono una statua e il Consiglio Comunale la elesse a Santa Patrona del Comune. Volvera cerca nella riscoperta delle tradizioni locali di riscattare l'opaca immagine di paese dormitorio, satellite del ben più vivo capoluogo piemontese. Probabilmente non entrerà nel novero dei borghi più belli d'Italia, ma di sicuro lo sforzo che ha compiuto negli ultimi anni per salvaguardare la sua storia è da premiare con una visita che non lascerà delusi.

Info
Da Volvera transita l'itinerario ciclabile che da Stupinigi porta a Pinerolo (Ciclostrade del Pinerolese). Non si snoda in sede propria ma percorre stradine vicinali tra le antiche cascine disseminate nella piana della Chisola e del Noce. Un depliant in distribuzione gratuita dalla Provincia di Torino, ne riporta i tracciati.

Per saperne di più
Giuseppe Carossia. Maria Sopegno - La Santa di Voliera, Alzani 2005. Il volume ricostruisce la devozione popolare intorno alla figura di Mariuccia Sopegno dalle sue prime manifestazioni ad oggi è curato dall'Università del Piemonte orientale ed è un'autentica miniera di informazioni sulle feste popolari.

www.atlantefestepiemonte.it

 

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