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Là dove nascono gli ecomusei

Si svolgerà sabato 16 settembre 2017, all'Ecomuseo del Freidano (Settimo torinese), l'abituale appuntamento annuale della Rete degli Ecomusei del Piemonte che quest'anno approfondirà gli aspetti dedicati alla didattica, e ai nuovi percorsi per lo sviluppo delle "competenze chiave" di cittadinanza.

Piemonte Parchi ha in passato dedicato numerosi articoli ai nascenti ecomusei regionali e, nel 2003, dedicò un numero speciale al tema curato da Gianni Boscolo, del quale pubblichiamo il pezzo 'Là dove nascono gli ecomusei'.

  • Gianni Boscolo
  • Gennaio 2003
  • Lunedì, 4 Settembre 2017
Là dove nascono gli ecomusei

Raccontare un territorio, le sue trasformazioni, sintetizzare una cultura. Gli ecomusei si distinguono dai musei per essere una sorta di memoria collettiva delle comunità. Espressione di cultura materiale, saperi, relazioni, interazioni tra uomini e territorio. In altre parole la storia e la cultura locale. Valori che la Storia ha da sempre trascurato, concentrandosi su date, re e battaglie. E in questa azione di "recupero", proporre possibili ricadute economiche grazie al turismo di piccola scala basandosi su mestieri di cui si va perdendo memoria e sapienza.

Il Piemonte conta oggi diciassette realtà istituite dalla Regione e la rete della Provincia di Torino - oggi Città metropolitana ndr - che annovera più di cinquanta "luoghi della memoria". L'obiettivo è, in una parola forse di moda ma indispensabile, "fare sistema". L'origine degli ecomusei è diversa da luogo a luogo. E nella loro genesi vi è già un "pezzo" della storia locale.

All'origine del progetto dell'Ecomuseo della Valsesia, ad esempio c'è Arialdo Daverio, appassionato della cultura delle genti delle Alpi, che negli anni '50 si dedicò a un censimento descrittivo e fotografico dell'architettura walzer. Nel 1976 apre il Museo Walser, in frazione Pedemonte di Alagna, dove viene proposta la visita a un'abitazione tradizionale. Alla morte di Daverio, l'archivio privato viene donato all'Unione Alagnese che, una decina d'anni or sono, pensa di dare vita a un museo all'aperto per valorizzare questo patrimonio. Oggi, il progetto prevede un sistema che mette in relazione diversi luoghi, nodi rappresentativi della vita walser: abitazioni, mulini e segherie, forni e alpeggi.

Diversa invece la realtà ecomuseale della Bassa Valsesia, dove i segni lasciati sul territorio sono d'origine contadina. Fra tutti, un'architettura tipica, dai tetti in paglia: i "taragn". Oggi ancora presenti nel territorio del Parco del Monte Fenera.
Mettere in rete le risorse del territorio storicamente e geograficamente collegate al Lago d'Orta è l'idea alla base dell'Ecomuseo Cusius. Un'autentica rete di musei di contenute dimensioni, ognuno capace di raccontare parte di questo territorio. Dal Museo del Legno di Pettenasco al Museo dell'ombrello e del parasole di Gignese, con una collezione di ombrelli unica al mondo. La rete comprende il Museo degli Strumenti musicali di Quarta Sotto, il Museo di Arte Sacra di Forno di Valstrona, il Museo del Rubinetto di San Maurizio d'Opaglio, la Fondazione Calderara per l'arte contemporanea di Vacciago di Ameno, la Fondazione "Museo Arti e industria" di Omega. L'Ecomuseo edita una collana di libri e, particolare attenzione è stata data alla memoria dei gusti e dei sapori. Il territorio novarese, un tempo biondeggiava di cereali, grano, farro, orzo, avena e miglio. Il piatto novarese per eccellenza, la Paniscia, prenderebbe addirittura il nome da "panicium", latino tardo medievale che significa "migliaccio", fatto appunto con il miglio. Quello che è oggi un piatto tradizionale di riso (arrivato alla fine del medioevo), sembrerebbe così derivare da un piatto ancor più antico: un "risotto" di semi di miglio arricchito dai prodotti della terra. Il Cusio, però, è famoso nel mondo per la produzione industriale di casalinghi di qualità e design: piccoli oggetti che hanno rivoluzionato in meglio la vita di milioni di persone. La pentola a pressione o quella d'acciaio a triplo fondo, le molle per spaghetti ... Anche la "globale" Moka Express, è nata a Omega. Si racconta che Alfonso Bialetti l'avesse concepita, data incerta, nella prima metà del '900, guardando sua moglie lavare i panni in un pentolone, con la liscivia che s'innalzava e poi ricadeva lungo un imbuto messo a coperchio. Ed ecco sorgere il modo tutto italiano di fare il caffè casalingo. Aneddoto o mito, da allora, le fabbriche omegnesi hanno prodotto e venduto milioni di caffettiere d'alluminio e d'acciaio.

Nato per iniziativa della Provincia, l'Ecomuseo del Biellese ha attivato 15 cellule che raccontano gli aspetti peculiari del territorio, legato alla lavorazione della lana e alla produzione dei tessuti. Di quest'epoca rimangono testimonianze singolari di archeologia industriale come la fabbrica della ruota e il Lanificio Trombetta. Dotare il costituendo distretto agro-industriale del riso vercellese di uno strumento scientifico e culturale è il progetto che sta alla base dell'Ecomuseo delle Terre d'Acqua; la prospettiva a lungo termine è, invece, di riqualificare la produzione risicola del territorio. L'area, compresa tra i fiumi Sesia, Po e Dora Baltea rappresenta infatti la principale zona di produzione risicola europea. Un'economia che ha generato un paesaggio unico, frutto di trasformazioni ingegnose e pianificate, iniziate, intorno al Mille, con le bonifiche dei monaci Cistercensi. Per potere raccontare questa sua particolarissima storia il progetto ha individuato dei poli dove approfondire alcuni temi. Così la Cascina del Castello di Albano Vercellese diventerà la porta d'accesso all'ecomuseo; un altro "polo" è la Stazione idrometrica sperimentale di Santhià, un esempio di archeologia industriale dove verrà dato rilievo ai sistemi di canalizzazione e di distribuzione delle acque e alle tecniche irrigue. La Cascina Venaria di Lignana, set del film "Riso amaro", verrà dedicata alla ricerca dell'immagine della risaia nelle arti.

A Settimo torinese, l'Ecomuseo del Freidano nasce dal lavoro di ricerca e di raccolta di oggetti e testimonianze della cultura materiale locale intrapreso dal Gruppo ricerche etnografiche settimesi. L'ecomuseo trova sede nel Mulino Nuovo che ospita anche un Museo (inaugurato nell'ottobre 2002). All'interno sono ricreate le atmosfere e i luoghi delle attività lavorative che nel corso dei secoli sono sorte sulle rive del canale: l'attività molitoria, quella dei lavandai, la lavorazione della canapa e dell'osso, la produzione di articoli per la scrittura, la pesca e le fornaci.

L'Ecomuseo del Basso Monferrato Astigiano interessa 72 comuni, a nord della città di Asti, per raccontare, nel dettaglio, la storia, le tradizioni e l'economia di ogni comune. La realtà dei Terrazzamenti e la Vite ripercorre il suo ultimo secolo di storia, durante il quale la Val Bormida è stata pesantemente "provata" da spopolamento, inquinamento dell'ACNA, alluvione del '94. Quest'ultimo evento ha messo tragicamente in luce i legami che intercorrono fra dissesto del territorio e "decadimento" della comunità locale. Per opporsi a questa deriva, è nata l'idea dell'ecomuseo. Obiettivo: ricostruire in modo simbolico e concretamente, recuperare parte di un versante terrazzato di grande spettacolarità, con i suoi percorsi, le costruzioni in pietra a secco, le coltivazioni. Il versante verrà presto collegato da un percorso pedonale al vicino centro abitato di Cortemilia dove, all'interno di un edificio storico restaurato, ha sede il primo nucleo del sistema ecomuseo.

Cascina Moglioni nasce da un'idea di Italia Nostra e, successivamente, dal Centro di documentazione di Voltaggio, in seno al Parco naturale regionale Capanne di Marcarolo, Cascina Moglioni diventa l'intervento esemplare per promuovere le ricerche sulla cultura materiale locale che dovrebbero "allargarsi" agli altri nuclei insediativi dell'Oltregiogo.

Colombano Romean è un altro ecomuseo che "si appoggia" a un parco, il Gran Bosco di Salbetrand. L'idea nasce dalla volontà di recuperare un mulino, usato un tempo dalla comunità mentre il nome dell'ecomuseo è in onore del mitico cinquecentesco scalpellino che ha scavato, interamente a mano, e in quota, una galleria lunga oltre cinquecento metri per portare più agevolmente l'acqua destinata all'irrigazione. L'Ecomuseo dell'Alta Val Sangone trova la sua origine da una ricerca sulla cultura materiale di Coazze, svolta nel 1993 una scuola media locale, ha preso origine l'Ecomuseo dell'Alta Val Sangone. Per il progetto sono raccolti oggetti, strumenti e testimonianze relative alla vita quotidiana e censite cappelle votive sul territorio. La storia dell'Ecomuseo dell'Alta Valla Maira ha mosso i suoi primi passi dall'iniziativa dell'Espaci Occitan, considerata "madre" di molte altre iniziative sviluppatesi, in questi ultimi anni, nelle vallate occitane. Espaci Occitan (che ha sede a Dronero) ospita anche il museo sonoro della lingua e funge da vetrina dei prodotti tipici. La valle è stata a lungo nota per alcuni mestieri: i venditori di acciughe, i cavié, i bottai... "fili conduttori" dell'ecomuseo.

Nato al fianco di iniziative preesistenti (come il consorzio per la tutela della pecora Sambucana e le ricerche in collaborazione con la facoltà di Antropologia dell'Università di Aix en Provence), a Pontebernardo, in alta Valle Stura, si è sviluppato il centro principale dell'Ecomuseo della Pastorizia.
Infine, ultima realtà ecomuseale piemontese, l'Ecomuseo della segale, progetto ideato e gestito dal Parco regionale Alpi marittime. Prende spunto dall'idea di un guardiaparco di ripristinare un sentiero che tradizionalmente collegava l'abitato di fondovalle di S. Anna di Valdieri con Tetti Bartola, una borgata da anni ormai abbandonata. Ed è, infatti, il paese di S. Anna, unico centro abitato all'interno del parco, a diventare il nucleo dell'ecomuseo. Legata al tema (coltivazione, battitura, pane, tetti) è la "Festa della Segale", che si svolge a S. Anna ogni seconda domenica di agosto. Ormai giunta alla XIesima edizione, ricostruisce la battitura tradizionale del cereale, con corteo in costume, banchi di prodotti enogastronomici delle valli e musica occitana. Ultimi nati: Rocche del Roero, Terre al Confine di Moncenisio, Miniere della Val Germanasca e Pietra da Cantoni. Queste le nuove realtà che sono entrate a far parte della rete ecomuseale per dar luce a nuove specificità territoriali appartenenti al variegato mondo del Piemonte.

La prima in Italia

"Istituzione di ecomusei del Piemonte" (14 marzo 1995, n. 31) è la legge regionale con cui la Regione ha creato le premesse per tutelare e valorizzare le specificità del proprio territorio. La legge promuove la ricostruzione di ambienti di vita tradizionale, tramandando le testimonianze della cultura materiale. La legge prevede che gli ecomusei vengano istituiti con deliberazione del Consiglio Regionale, dopo una valutazione dei progetti da parte del Comitato Scientifico. L'ecomuseo può essere proposto da enti locali, associazioni culturali ed ambientaliste, istituti universitari. Parchi, Province, Comunità montane, Comuni e Associazioni appositamente costituite possono occuparsi della gestione. La Regione riveste un ruolo di coordinamento generale, partecipa finanziariamente all'avvio e all'esecuzione dei progetti con un apposito capitolo di bilancio. Incentiva e segue campagne promozionali e di comunicazione.

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