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Le piante e gli animali nell'iconografia dei santi

Le immagini di molti santi hanno profondi legami con il mondo della natura. Fiori e piante, animali domestici e selvatici, accompagnano spesso i loro ritratti in dipinti e statue, mosaici e affreschi. Le descrizioni che seguono non sono che un pallido esempio di una casistica più ampia.

  • Enrico Massone
  • dicembre 2012
  • Venerdì, 28 Dicembre 2012

Le immagini di molti santi hanno profondi legami con il mondo della natura. Fiori e piante, animali domestici e selvatici, accompagnano spesso i loro ritratti in dipinti e statue, mosaici e affreschi. Le descrizioni che seguono non sono che un pallido esempio di una casistica più ampia, dove la natura nelle sue molteplici forme e colori, è la vivace co-protagonista di quegli uomini e quelle donne animate dalla fede, persone che da vive dimostrarono una straordinaria vicinanza a Dio e da morte, la Chiesa elevò all'onore degli altari. I martiri hanno un ramo di palma in mano. Già in epoca romana, la fronda di palma era segno di vittoria e ascesa, rinascita e immortalità, mentre nel libro dell'Apocalisse indica la resurrezione e nei Salmi si dice che "il giusto fiorirà come una palma". La palma compare in epigrafi sepolcrali, sarcofagi e affreschi agli esordi del cristianesimo, accanto a di chi subì persecuzioni e morte per testimoniare la propria fede. E' il connotato che accomuna un'ampia schiera di santi, ad eccezione di santa Chiara d'Assisi, dove ricorda la domenica delle palme, cioè il giorno in cui la giovane lasciò la famiglia per seguire la sua vocazione. Anche il giglio e la rosa sono fiori ricorrenti. Spesso associato ad altri oggetti che contribuiscono ad identificare con precisione un determinato santo (libro, teschio, cuore alato), il giglio bianco, simbolo di purezza e castità, è il fiore di san Luigi e Domenico, Antonio da Padova e Caterina da Siena, Filippo Neri, Francesco Saverio e Gaetano di Thiene. La rosa rossa rimanda invece al miracolo di san Diego d'Alcalà, il frate francescano addetto alle cucine del convento, vissuto in Andalusia nel Quattrocento. I confratelli sospettavano che egli rubasse il pane dalla dispensa per distribuirlo ai poveri e per coglierlo in fallo, un giorno lo circondarono chiedendogli di mostrare cosa nascondesse fra le pieghe del saio; ma rimasero sorpresi nel vedere tante rose rosse, simbolo dell'amore caritatevole verso il prossimo e metafora del sangue di Cristo sulla croce. Il bastone fiorito di san Giuseppe si rifà a un episodio raccontato nei Vangeli apocrifi e mostra la scelta divina dello sposo di Maria, futura madre di Gesù. Dalla caduta dell'impero romano al periodo medioevale, le principali fonti d'ispirazione sono il Martilogio Geronimiano e i Dialoghi di san Gregorio Magno. Nei secoli successivi, pittori e scultori attingeranno le informazioni per le loro espressioni artistiche dalla Leggenda Aurea, una poderosa raccolta di vite di santi del frate domenicano Jacopo da Varagine, che rimane tutt'ora una fonte primaria per interpretare simboli e significati di opere a carattere religioso. Tra gli animali domestici, il cane è il più rappresentato e svolge i compiti più vari. Quello di san Domenico di Guzman porta una fiaccola in bocca, per ricordare il sogno fatto dalla madre prima della sua nascita, interpretato come presagio delle predicazioni del santo che illuminavano i popoli; altri pensano invece ad un'assonanza con il nome dell'ordine domenicano: domini-canis. Nel lungo viaggio intrapreso del giovane Tobiolo, insieme all'arcangelo Raffaele c'è sempre un cagnolino a guidarlo nel tragitto. Aveva la vocazione investigativa il cane di santa Margherita da Cortona, che la condusse proprio sul luogo dell'omicidio di un uomo a lei caro? E che dire dell'indole altruistica del cane di san Rocco, che porta in bocca un pezzo di pane per sfamare il santo infettato dalla peste e abbandonato da tutti gli uomini? O di un'antica credenza, secondo cui san Cristoforo, prima di abbracciare la fede frequentava una così tribù rozza e manesca, che l'iconografia ortodossa lo rappresenta con testa di cane? Altri animali compaiono accanto a figure dei santi, come il cavallo (sant'Eligio, protettore di fabbri, maniscalchi, garagisti e carrozzieri), la mucca o il toro (san Isidoro, protettore di agricoltori e braccianti, santa Brigida d'Irlanda, protettrice dei lattai, san Luca evalgelista, invocato da medici e notai, scrittori e artisti), il maiale (simbolo di sant'Antonio abate, protettore di macellai e salumai e del vescovo san Biagio, invocato contro le malattie della gola). L'agnello accanto a san Giovanni Battista, richiama la frase pronunciata al battesimo di Gesù nel Giordano: "ecco l'Agnello di Dio...", mentre per sant'Agnese, vissuta a Roma nel III secolo, è dovuta all'assonanza con il suo nome in latino Agnes/agnus. Il gallo ricorda la misericordia divina nell'affidare al peccatore san Pietro la guida della Chiesa. Significato più incerto per il gallo bianco di san Vito che forse rimanda al dio slavo della luce, che col canto mattutino sconfigge i fantasmi notturni. Se gli attributi più noti di sant'Ambrogio sono l'abito vescovile, il libro, simbolo della dottrina cristiana e la frusta, a ricordo della lotta contro l'eresia ariana, un'immagine meno diffusa, ritrae il santo neonato nella culla, circondato da un nugolo di api che gli girano attorno alla bocca. La biografia di Paolino del 422, narra che quando il piccolo Ambrogio fu assalito da uno sciame di api, il padre ordinò che nessuno intervenisse e non appena gli insetti volarono via, esclamò solennemente: "Questo bambino diventerà qualcosa di grande!". Le operose api rimandano alla biblica espressione del re Salomone "favo di miele sono le parole gentili, dolcezza per l'anima e refrigerio per il corpo" e compaiono anche nei dipinti di san Dominic, san Giobbe e del 'doctor mellifluus' san Bernardo di Clairvaux. La presenza di un leone mansueto accanto a san Girolamo (protettore di studenti, archeologici e bibliotecari), si rifà a un episodio della sua vita monastica a Betlemme, quando tolse una lunga spina dalla zampa dell'animale, mentre il leone della penitente Maria Egiziaca, ricorda l'aiuto del felino nel seppellire la santa trovata morta nel deserto. Il leone alato di san Marco rappresenta la forza della parola e rimanda al prologo del suo vangelo che si apre con l'immagine del Battista nel deserto (luogo tradizionalmente frequentato da leoni), mentre l'aquila accanto all'evangelista san Giovanni è un invito ad innalzarsi sopra le cose materiali per intraprendere un cammino spirituale di vera conversione. Se per i santi Basilio, Vincenzo Ferrer e Teresa d'Avila, la colomba bianca simboleggia l'ispirazione dello Spirito Santo, il corvo con il pane nel becco ricorda la scelta di sant'Onofrio di ritirarsi nel deserto per meditare. L'uccello indica la volontà ascetica di altri santi come san Paolo eremita, costretto a rifugiarsi nel deserto durante le persecuzioni di Decio e poi talmente affascinato dalla solitudine da rimanervi per sempre. La conversione di sant'Uberto avvenne durante una battuta di caccia, quando nel fitto del bosco gli apparve un cervo con un crocifisso tra i maestosi palchi che indusse il protettore delle guardie forestali a dedicarsi per il resto della vita all'evangelizzazione delle Ardenne. Un episodio simile accadde a sant'Eusatachio, soldato romano martirizzato nel II secolo. Seguiva un cervo nella foresta, quando tra i parchi dell'animale vide un crocifisso luminoso e udì le parole: "Parchè mi perseguti. Io sono quel Cristo che non conosci, ma onori senza saperlo". L'animale è associato anche ad Egidio, il santo eremita nato ad Atene e trasferitosi in Provenza, dove diede rifugio ad una cerva inseguita durante una battuta di caccia. Il falco ritratto insieme a san Bavone di Gand, rimanda alle rinunce della vita agita del giovane cavaliere e cacciatore nato in una nobile famiglia. Il pesce che accompagna spesso le immagini di san Zeno, l'esorcista e taumaturgo proveniente dall'Africa che nel IV secolo fu vescovo di Verona, rimanda a un miracolo avvenuto sulla riva nell'Adige, dove amava pescare. Non mancano infine eccellenti eccezioni, come il lupo di Gubbio e la predica agli uccelli che non identificano con esattezza san Francesco d'Assisi, riconoscibile invece da altri oggetti (la croce, le stigmate e il libro della regola dell'ordine francescano). Topi (santa Geltrude di Nivelles), pulcini (santa Begga di Landen) serpenti (san Domenico di Colfornaro) e ancora anatre, anguille, daini, delfini, oche, orsi, pavoni, ragni, svariati frutti, piante, spighe e foglie... sono davvero tanti i protagonisti del mondo animale e vegetale utilizzarti per caratterizzare questo o quel santo. Perché davvero tanti sono i testimoni, i venerabili, i servi di Dio, i beati e i santi riconosciuti dalla Chiesa. La Bibliotheca Sanctorum, monumentale opera in 14 volumi, pubblicata dopo il Concilio Vaticano II, ne enumera oltre 20.000. E insieme alla biografia di ciascuno, si trova sempre un episodio, una storia, un rimando a fatti realmente avvenuti, a sogni, visioni, interpretazioni, credenze, leggende, che in modo semplice o colto, mostrano come la grazia di Dio nei confronti delle donne e degli uomini, sia indissolubilmente legata alle altre molteplici forme di vita sulla terra.

Per saperne di più: Del come riconoscere i santi di L. Cappa Bava e S. Jacomussi, ed. Sei. I santi e i loro simboli di Rosa Giorgi, ed. Mondadori. Attributi iconografici Santi di Flavio Cammarano, sito Internet: http://www.flaviocammarano.it/ITA/santi-e-iconografia/Simboli-e-attributi-dei-santi

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