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La "pera dei mascun" a Loranzè

Superfici rocciose che presentano incisioni a coppelle sono comuni nelle aree alpine occidentali. Quella di Loranzè, legata ad antiche tradizioni, è una delle più interessanti e facili da raggiungere in Piemonte

  • Aldo Molino
  • luglio 2014
  • Giovedì, 17 Luglio 2014
La "pera dei mascun" a Loranzè Aldo Molino La "pera dei mascun" a Loranzè Aldo Molino

Gli eremiti, non ci sono più, così come il mitico lago che infrangeva le sue onde sugli scogli del "Castlass". La roccia butterata di coppelle del Pian di Aral invece è ancora li a osservare la sottostante piana da centinaia di anni. Dei "mascun", gli stregoni che hanno dato il nome al "roc"e al pianoro frequentato per ballare con le "masche"non c'è traccia. Leggende o fantasie, ma a noi piace immaginarli ancora riservati frequentatori di questi luoghi nelle notti di luna piena.
Loranzè è uno dei micro comuni dell'anfiteatro morenico eporediese, poche centinaia di abitanti divise nelle due grosse borgate di Alto e Piano.

A Piano si può parcheggiare (c'è pure un area camper) e con una breve passeggiata raggiungere una delle pietre a coppelle più interessanti dell'alto Canavese.
Si deve seguire la strada (via Ceresa) che inizia dalla centrale via Fiorano proprio di fronte alla chiesa di San Firmino sino al suo termine dove si svolta a destra sul viottolo campestre segnalato con freccette bianche su sfondo blu . Mantenendosi ai margini della collina si giunge alle spalle di una cascina dove si svolta a sinistra. Qualche decina di metri e si lascia la strada bassa che prosegue vero il "molino vecchio"per imboccare la ripida carrabile che con qualche svolta giunge nei pressi della Cappella di Scarola (271 m). La chiesetta più volte ricostruita, nelle forme attuali è settecentesca ma documenti ne attestano la presenza già nel XIII secolo. A gestirla per molto tempo furono gli eremiti (c'è ne fu più di uno) che alloggiavano nella costruzione posteriore che si incaricavano di suonare le campane, fare pulizie e che vivevano delle elemosine dei fedeli Aggirandola sulla destra si incontrano alcuni dossi rocciosi dove prosperano fichi d'india nani e poco sotto ricoperti dalla vegetazione i pochi ruderi del "Castlass", il castellaccio casaforte medioevale di cui poco si conosce. Qualche anziano contadino spergiura che sino a non molto tempo fa si potevano ancora vedere gli anelli dove erano legate le barche perché il lago arrivava a lambirne le mura. La memoria di questo lago leggendario molto probabilmente è un ancestrale ricordo del grande specchio d'acqua (si veda in proposito PP) che effettivamente dovette esistere al termine delle glaciazioni prima che la Dora Baltea forzasse la stretta di Mazzè svuotando quasi completamente il bacino e di cui Candia e Viverone sono lembi superstiti.

Ripresa la strada si lascia a sinistra la diramazione per un rustico e dopo un tratto nel bosco alla successiva curva si piega a sinistra (a destra il sentiero raggiunge il Rio Broli per poi perdersi nella vegetazione). Ancora una breve salita e si sbuca sul Pian d'Aral (331 m). A sinistra il grande dosso roccioso in parte serviva da canalizzazione per raccogliere le acque piovane ad uso delle coltivazioni. Qualche vigneto semiabbandonato e qualche frutteto rimangono a testimoniare l'agricoltura di un tempo. Sulla grande superficie rocciosa estremamente panoramica non c'è traccia d'istoriazioni. Il Roc di Mascun" si trova invece quasi al fondo del ripiano isolato presenta decine di coppelle e canaletti (almeno 90) attorno ad una coppella più grande. Inutile accampare spiegazioni o interpretazioni, sui massi coppellati si è detto di tutto e l'opposto di tutto. Il luogo e la pietra sono comunque significativi.

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