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...Calma e gesso!

In alta Valle di Susa a Savoulx si conservano le vestigia di un passato minerario ormai quasi dimenticato.

  • Claudia Chiappino
  • novembre 2012
  • Lunedì, 5 Novembre 2012

Chi non ha mai utilizzato l'espressione "calma e gesso", per invitare una persona a riflettere e valutare bene una situazione, onde evitare di prendere decisioni affrettate? Questo modo di dire ha origine dal gioco del biliardo; quando un giocatore esperto si appresta ad effettuare un tiro decisivo, o di difficile esecuzione, si ferma a studiare con calma la situazione, analizzando la posizione delle biglie sul tappeto e continuando a strofinare con il gesso la punta della stecca. Così facendo, questa si impregna di gesso, aumentando l'attrito con la biglia e permettendo il pieno controllo del tiro, con la possibilità di imprimere gli effetti voluti. I gessetti sono poi presenti nella nostra memoria associati alla scuola e all'immancabile lavagna... e forse più tardi, crescendo, ai busti delle gallerie d'arte. Ma da dove viene questo materiale? La geologia Il gesso è una roccia sedimentaria formatasi attraverso l'evaporazione dell'acqua di mare intrappolata in lagune, quindi a profondità limitate, con la deposizione dei sali componenti. Secondo la natura delle sue impurezze, il gesso può presentarsi con vari colori, che vanno dal bianco puro al marrone, al giallo, grigio o rosa. Il suo abito può essere cristallino (famosi i campioni a "coda di rondine" o a "ferro di lancia" dell'astigiano o i cristalli aciculari, ad "ago", dei depositi siciliani), oppure amorfo (l'anidrite candida, tipica delle nostre Alpi). In particolare, l'affascinante gesso trasparente, la cosiddetta "selenite", deve il suo nome al greco selene = luna, in omaggio alla sua lucentezza argentea. La storia Le più antiche tracce di intonaco risalgono a 9000 anni fa, e sono state trovate in Anatolia e Siria; il gesso è fra i più antichi materiali da costruzione, diffusissimo fra i babilonesi e gli egizi, che lo utilizzavano come malta nella costruzione delle piramidi (e anche per intonacare quella di Cheope!). I Greci realizzavano addirittura finestre per i templi quando avevano a disposizione la pietra di qualità trasparente ("selenite"), e lo scrittore Théophraste (372-287 a.C.) dà notizia di case di legno coperte di intonaco, con funzione di protezione contro il fuoco. Nella decorazione degli edifici dell'antica Grecia e della Roma imperiale ebbe indubbiamente uno dei momenti di maggiore sviluppo, che proseguì poi nel medioevo europeo, fino a culminare negli stili Barocco e Rococò. Nel XVI secolo, gli stuccatori che lavorano in Baviera inventarono un nuovo intonaco decorativo interno, la "scagliola"; era composta di gesso, colla animale e pigmenti, utilizzati per imitare marmi colorati e pietre dure, a volte con l'aggiunta di polveri di sabbia o di marmo e calce. È interessante leggere che il re di Francia aveva dato regole precise circa l'utilizzo del gesso a scopo "ignifugo" dopo il grande incendio di Londra, che aveva letteralmente distrutto la città nel 1666. In effetti, i grandi depositi di gesso nei suoli di Parigi sono stati da sempre scavati e lavorati con maestria; nel 1700, la capitale francese era già la "capitale del gesso" ("Plaster of Paris"). Una curiosità: solo nel 1765, con lo scienziato francese Lavoisier, il gesso fu per la prima volta oggetto di una ricerca scientifica i cui risultati vennero presentati all'Accademia di Francia nel 1768. Oggi, grazie allo sviluppo delle più innovative tecnologie dei materiali, esso risponde in pieno ai sempre più "ecologici" requisiti prestazionali della "bio-edilizia" moderna: intonaci traspiranti, lastre in cartongesso e prodotti associati. Come si produce Circa la tecnologia sviluppata in passato e ai giorni nostri, vale la pena spendere due parole. L'impiego del gesso fin dai tempi più antichi è dovuto proprio alla sua facilità di produzione: le basse temperature di cottura richieste (da 140°C in su) sono facilmente raggiungibili anche con le fornaci più "arcaiche" e artigianali! La semplice calcinazione del gesso (CaSO4 * 2 H2O) è infatti la reazione di partenza che dà luogo ai diversi prodotti noti sul mercato; il materiale crudo, in termine anglosassone "raw material" (la roccia gessosa), immesso in forni, si disidrata in parte per produrre un semi-idrato (CaSO4* ½ H2O), utilizzato poi nei successivi cicli di lavorazione (produzione di intonaci e cartongessi). Il gesso di Savoulx E veniamo a un gesso piemontese abbastanza "fuori dal coro", lontano dai ben più famosi giacimenti del Monferrato, sviluppati tra le province di Asti ed Alessandria. Siamo in Val di Susa, e la cava in oggetto è collocata sopra Oulx, con gallerie di sfruttamento dei depositi triassici tra le quote 1600 e 1800 m sopra le frazioni di Savoulx e Signols. Dalle informazioni disponibili, nel 1874 l'impresario Giovanni Peron Cabus presentò domanda alla Provincia di Torino – Circondario di Susa e al Comune e Mandatario di Oulx per ricostruire una "pista da gesso", cioè una pesta, in località regione Boma. La piccola fabbrica utilizzava le acque del torrente Boma, derivata con un piccolo canale, per azionare con un mulino la ruota della pesta. La coltivazione del gesso proseguì, portata avanti da diversi imprenditori, fino al 1962, anno della chiusura. Nelle Riviste del Servizio Minerario del Distretto di Torino relative agli anni 1890-1892 si trovano interessanti evidenze dello sviluppo dell'attività in quegli anni: è riportata una produzione di 1465 tonnellate di gesso, di valore pari a 12 lire/tonnellata... e con un impiego di ben 26 lavoranti! Nelle tabelle statistiche di produzione, suddivise per tipo di materiale, si trova che "il gesso proviene soprattutto dalle fornaci di Savoulx del circondario di Susa". Relativa all'anno 1950, presso l'Archivio di Stato di Torino, è invece disponibile la documentazione cartografica (planimetrie e sezioni) delle (immaginiamo) ultime produzioni di cava, con uno sviluppo delle coltivazioni sotterranee "a rapina", ormai orientate ad asportare la parte migliore del gesso, senza alcun criterio mirato alla conservazione e alla stabilità dei vuoti. E infatti l'intero versante "soffre" della situazione, le frane e le subsidenze sono numerose, una chiara testimonianza per i posteri della pericolosità e della temporaneità del lavoro estrattivo, in cui molti dei nostri avi hanno perso la vita. Il materiale era trasportato in galleria, dal sotterraneo verso l'esterno su vagoncini a rotaia, e successivamente a valle con un sistema di teleferiche; dalle aree di lavorazione e stoccaggio, il prodotto finale veniva poi portato con ferrovia a scartamento ridotto Decauville (a trazione animale!), in discesa, fino alla stazione FS di Oulx. Il gesso era spedito in sacchi, evidentemente al mercato edile diffuso (a quell'epoca, prevalentemente per il confezionamento di scagliole e malte). Delle vecchie cave di Oulx si trovano davvero poche evidenze, a tutt'oggi non è facile un riscontro nella memoria del territorio... tuttavia, un sentiero di recente realizzazione ci consente di visitare il sito e quel che resta delle cosiddette "pertinenze" (in termine minerario, gli impianti e gli edifici funzionali all'attività estrattiva). Si sconsiglia di avventurarsi fuori dei tracciati e all'esterno delle palizzate che delimitano le aree ex minerarie, per rischio di crolli e sprofondamenti.

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