Troglodita, etimologicamente significa che "penetra nelle grotte". Il termine ci porta inevitabilmente allo stereotipo dell'uomo delle caverne, vestito di pelli e con la clava che contende scomodi e umidi ripari all'orso. Grotte e ripari sotto roccia (le balme), hanno costituito per decine di migliaia di anni le principali abitazioni dei nostri antenati, o per lo meno quelle di cui abbiamo maggior conoscenza. In quelle grotte, a volte, i nostri lontani progenitori ci hanno lasciato straordinari esempi di arte rupestre.
Con l'evolversi della civiltà, salvo qualche eccezione dove gli insediamenti umani non hanno mai conosciuto cesure, il mondo ipogeo è divenuto quasi esclusivo appannaggio del mondo dei trapassati, luoghi previlegiati per il rapporto con l'aldilà o per avvicinarsi a segreti iniziatici ma, quanto all'abitare, la dimensione ipogea ha finito per essere associata a soffocante, insalubre, oscuro, funereo, così che capanne, case e palazzi hanno presto sostituito gli alloggi cavernicoli. Agli ipogei naturali e a quelli artificiali derivati è stato riservato il compito di divenire vere e proprie città dei morti, come le necropoli etrusche o la siciliana Pantalica.
A partire dal Medioevo si assiste però a un generalizzato ritorno all'insediamento rupestre. Sono monaci desiderosi di allontanarsi dalla corruzione e dalla materialità del mondo, o anche gruppi umani che trovano conveniente questo modo di abitare. Laddove le condizioni ambientali e geologiche lo consentono, scavare ambienti sotterranei può essere più pratico che cimentarsi in costruzioni che pongono ben più seri problemi di staticità.
Gli insediamenti trogloditici presenti in un'ampia fascia climatica, conoscono la loro massima concentrazione attorno al bacino del Mediterraneo e nelle zone aride con forte escursione termica giornaliera. Naturalmente anche la conformazione geologica gioca la sua parte, perché questo modo di costruire, per sottrazione e non per addizione, necessita di rocce morbide e impermeabili comunque facilmente lavorabili. Gli studiosi riconoscono almeno tre tipi insediativi: le strutture addossate, quelle trogloditiche scavate in verticale dal piano di campagna, e quelle rupestri localizzate sui fianchi delle pareti. Molte strutture sono miste, sviluppandosi all'esterno con architetture tradizionali o rimodellando le superfici. In Europa gli esempi più noti sono quelli di Guadix in Andalusia ai piedi della Sierra Nevada; quelli della Valle della Dordogna in Francia e Matera, dove celebri sono i Sassi. Ma molte altre località hanno conosciuto questo modo di abitare. In Africa e in Asia minore troviamo i villaggi nel deserto Libico, in quello Tunisino o in Cappadocia non lontano dal Monte Ararat. Per quanto riguarda le tipologie troviamo vere e proprie città, ma anche chiese, monasteri, castelli o più limitati e prosaici locali di servizio come frantoi o botteghe artigianali.
Dove però non ci si aspetterebbe di trovare insediamenti trogloditici è proprio in Piemonte. È pur vero che sono noti insediamenti sotto roccia come la Maddalena di Chiomonte, e che nelle Langhe sono diffusissimi i "crutin", cantine deputate alla conservazione del vino. E nel Monferrato gli "infernot", o i "balmetti" dell'eporediese, ma di vere e proprie case non si sapeva. Si deve all'intraprendenza del parroco don Vittorio Croce di Mombarone, frazione del Comune di Asti, e all'entusiasmo di Mario Franco, la riscoperta delle casegrotta presenti nelle colline dell'Astigiano.
Un primo nucleo è stato riportato alla luce sulla collina di Madonna dell'Olmeto in Comune di Asti. Si tratta, come fanno notare i curatori dell'opuscolo divulgativo "Vivere nelle grotte", di abitazioni certamente povere, ma non miserabili. Una è divisa in stanze abbastanza ampie con muro di mattoni, forse piuttosto recente, ed è pure chiusa da un muro esterno. La stalla è distinta dall'abitazione umana, realizzata a regola d'arte, con pavimento in pendenza per lo scolo dei liquami e mangiatoia ricavata nel tufo. Accanto si trova una cisterna perfettamente rotonda: raccoglieva l'acqua piovana dalla strada, ma forse anche quella di caduta dalla volta, come nelle Langhe. Le case grotta dell'Olmeto sono ricavate in corrispondenza di un tabulato roccioso nella sequenza degli strati sabbiosi che funge da soletta, e sono scavate in un conglomerato compatto e asciutto, cioè privo di vene d'acqua, tanto che le pareti possono sopportare i classici intonaci.
La presenza di questo particolare modo di abitare era già stata segnalata dallo storico astigiano Nicola Gabiani. Sappiamo che gli ultimi occupanti furono "Gisep d'Carie" e "barba Mini". Altri insediamenti sono stati individuati a Castell'Alfero e a Cossombrato e attendono un'adeguata valorizzazione. I primi documenti che attestano la presenza di casegrotte risalgono alla seconda metà del Settecento ma la tradizione doveva essere di più lunga data.
Gli ipogei di Castell'Alfero sono localizzati su una scoscesa collina rivolta a sud nei pressi di San Defendente. Scavati nei terreni sedimentari dell'Astigiano, presentano tre ingressi e almeno quattro ambienti sotterranei. L'ultimo utilizzo certo è da parte dei partigiani locali nel 1943. Il complesso di Cossombrato consta di tre abitazioni dove sono presenti diversi locali adibiti alla vinificazione. Una di queste ha una struttura piuttosto complessa, con numerose stanze e una certa ricercatezza nelle decorazioni e nelle soluzioni architettoniche con nicchie, armadi e un camino scavati nella roccia.
Le casegrotta di Mombarone sono state parzialmente restaurate e arredate a cura del proprietario e dall'associazione "Quattro passi a nord-ovest".
Raggiungibili mediante un breve sentiero segnalato e dotate di pannelli esplicativi, sono liberamente visitabili.
Mombarone è frazione del Comune di Asti situata su di una collina a destra della strada che conduce a Chivasso, poco prima della frazione Meridiana di Settime.
Appena passata la ferrovia la strada si divide; sia percorrendo quella di sinistra che sale in paese che quella di destra che percorre la valle, si raggiunge la fontana del Boglietto, nei cui pressi si può parcheggiare e dove si trova una piccola area di sosta attrezzata. A piedi seguendo i segnali si imbocca la sterrata che continua nella valletta costeggiando dei coltivi. Dopo poco però la si abbandona per piegare a sinistra, e attraversare il campo. Si risale quindi la collina lungo lo stradello che con un paio di tornanti conduce all'insediamento rupestre articolato in due siti distinti. Appositi cartelli raccontano delle casegrotta e dei loro ultimi abitanti. Dopo aver visitato il nucleo superiore che presenta anche un bel pozzo cisterna, si passa a quello inferiore. Un breve sentiero che passa accanto a una sorgente permette di ridiscendere velocemente sulla strada di accesso.
Per saperne di più
Vivere nella Terra-Casegrotta a Mombarone, Associazione Quattro passi a nord-ovest, 2004; Il patrimonio in terra cruda dell'Astigiano, Franca Varvello-Mon Cru (a cura di), Provincia di Asti, 2008