Spesso, si sa, la necessità aguzza l'ingegno, rendendoci più modesti e aperti a nuove soluzioni. Ieri, come oggi. Anche con pratiche come la "fitoalimurgia", ovvero la cucina con le erbe spontanee, retaggio culturale di tutte la tradizioni culinarie regionali. Il termine, astruso di primo acchito, significa in realtà "alimenti vegetali per sopravvivere". Coniato la prima volta da Ottaviano Targioni Tozzetti nel 1767, in occasione di una ricerca fatta a seguito ad un periodo di carestia, che portò alla sua opera dal titolo Alimurgia, ossia il modo di rendere meno gravi le carestie, proposto per il sollievo dei popoli. La definizione fu ripresa nel 1918 dal più noto Oreste Mattirolo, medico e naturalista piemontese, che pubblicò la Phytoalimurgia pedemontana. Seppure appaia quasi anacronistica, questa conoscenza legata ai periodi di guerre e carestie, è tornata alla ribalta proprio oggi, sebbene in chiave molto più ricercata di un tempo. Forse per aspetti culturali e di attenzione risvegliati verso ciò che la terra dona, ma a volte anche per quell'economia domestica sempre più traballante in periodo di crisi economica. E cucinare a costo quasi zero con erbe selvatiche, si può. Risotto al cujet, frittata di ortiche e luvertin, biscotti al papavero...Lo strano ma invitante elenco potrebbe continuare a lungo, solleticando appetiti e curiosità perché con le piante selvatiche si può cucinare davvero di tutto: dall'antipasto al dessert. Cicorie e papaveri, ortiche e malva, barba di becco e tarassaco, luppolo e borsa del pastore, borragine e salvia dei prati si rivelano, oggi come un tempo, ottimi ingredienti per aperitivi, ravioli, minestre, frittelle, frittate, risotti, insalate, gelati, torte e molto altro, utili per una sana e gustosa alimentazione. Nessuna coda per procurarcele: il "supermercato" dove reperirle è sempre aperto. Prati incolti, meglio se in montagna o campagna, lontano da centri abitati, industrie e strade asfaltate. Seppure la raccolta ottimale sia in primavera, alcune si possono ritrovare nella maggior parte delle stagioni. Le conoscenze fitoalimurgiche, inoltre, rendono possibile l'individuazione e la conservazione dell'enorme potenziale genetico (germoplasma) delle specie spontanee. Diversi agronomi del nostro Paese stanno svolgendo accurati studi fitoalimurgici al fine di individuare le commestibili selvatiche da incrociare con le attuali varietà di ortaggi, in modo da poter trarre nuove forme orticole con caratteristiche migliori (maggiore rusticità, maggiore resistenza alle malattie). Veri e propri cibi-medicina, le erbe selvatiche commestibili sono una risorsa importante per un'alimentazione sana, anche perché non sono frutto della selezione umana, ma solo di quella naturale. Durante il periodo primaverile poi, le parti giovani delle piante sono ricche di fitormoni, in particolare le auxine, concentrate negli apici e nelle gemme, con notevole efficacia depurativa. Diverse le ricerche che hanno evidenziato le elevate concentrazioni di sali minerali, proteine, l'alto tasso di vitamine come la A e la C e notevoli percentuali di fibre, che sono anche maggiormente biodisponibili rispetto all'alimento coltivato (anche se biologico). Per questo risultano preziosi integratori per migliorare l'alimentazione, al giorno d'oggi particolarmente ricca di cibi a base di carne e di piatti elaborati che favoriscono l'insorgenza delle cosiddette malattie del benessere (arteriosclerosi, obesità, ecc.). E poi, raccogliere erbe selvatiche, radici, bacche e frutti nel silenzio del bosco o immersi in un prato multicolore, ci regala un'emozione ed un piacere arcani. Per non parlare della soddisfazione di stupire gli ospiti con pietanze assolutamente originali e dai sapori forti. Come l'aglio orsino (Allium ursinum L.), un aglio selvatico che cresce spesso vicino ai corsi d'acqua e nelle zone umide, formando a volte dei veri e propri tappeti. La sua presenza è presto rivelata dallo sprigionarsi di intensi effluvi, simili all'odore dell'aglio coltivato, ma decisamente più aromatico e dal sapore più delicato e decisamente più tollerabile. Oltre ai bulbi, si usano anche solo le foglie fresche tritate per insaporire in modo insuperabile minestre, zuppe e risotti. Le sue proprietà medicinali sono simili a quelle dell'aglio coltivato, come quelle ipotensive e antielmintiche (contro i vermi) nonché disinfettanti intestinali. Sembra che il suo consumo inibisca la formazione delle pericolose nitrosamine, potenzialmente cancerogene, che si formerebbero nell'intestino dopo l'ingestione di nitriti e nitrati, aggiunti spesso come conservanti agli insaccati. Altre specie come i chenopodi, il tarassaco e le ortiche, sono talmente diffuse, che in poco tempo ci permettono di riempire la nostra "borsa della spesa" e rimediare il pranzo. A volte poi, non dobbiamo neppure sforzarci di andar lontano, visto che persino le erbacce dell'orto si rivelano gustose commestibili. Così, se fino al giorno prima abbiamo maledetto quell'erbaccia che seppur estirpata continua a crescere proprio tra le nostre patate, potremmo rimanere piacevolmente stupiti se la raccogliessimo e la impastassimo con i nostri tuberi per farne gustosi gnocchi, oppure se provassimo a farla saltare in padella col burro per mangiarla al posto degli spinaci. Stiamo parlando proprio del farinaccio (Chenopodium album): infestante ma ricca di ferro e vitamina B, è molto nutriente, mentre le foglie pestate e ridotte in poltiglia hanno azione risolutiva su foruncoli e ascessi. Sempre nell'orto spesso facciamo i conti con un'altra infestante, la porcellana o portulaca (Portulaca oleracea L.), erba particolarmente gradita ai maiali che la ricercano avidamente (da ciò l'origine di alcuni termini volgari). Le giovani foglie carnose, ricche di acidi grassi essenziali, si possono consumare crude in insalata o cotte, dalle proprietà antinfiammatorie e ottime per il colesterolo alto. Anche piante più note e comuni come la malva (Malva sylvestris L.) si usano per preprare delicate pietanze: i fiori e le foglie, oltre ad essere un antinfiammatorio per ogni esigenza, si rivelano ottime in risotti e zuppe. Non si può poi non ricordare la borragine (Borrago officinalis L.), ingrediente tradizionale di ogni minestra della nonna che si rispetti. Usata nella medicina popolare nostrana per le malattie da raffreddamento, è ricca in di minerali e acidi grassi essenziali, necessari a una corretta funzione cardiovascolare e a mantenere pelle e unghie sane. I francesi e gli inglesi la coltivavano come un ortaggio e ne ricavavano una bevanda fresca estiva. Più anticamente invece, Plinio il Vecchio, famoso naturalista romano, asseriva che mescolata al vino desse allegria e oblio. Anche i medici della Scuola medica salernitana la consideravano un eccellente rimedio contro la malinconia. Invece, per un aperitivo veloce, insolito e irresistibile, da provare le foglie di salvia dei prati in frittelle (Salvia pratensis L.). E per i più diffidenti, che temono di dover rinunciare al dessert, niente paura! Basta un po' di pastella e fiori di acacia, tarassaco o sambuco per confezionare delle golosissime frittelle. Tuttavia, queste belle emozioni non sono sempre gratis. Confondere l'aglio orsino col mughetto o il colchico ad esempio, potrebbe essere fatale. Meglio evitare quindi di mettere in bocca ciò che non si conosce bene e saper distinguere le specie velenose! Particolare attenzione deve essere rivolta anche alla prima cottura, che deve mantenere i colori, le proprietà organolettiche e di conseguenza i gusti. L'alimentazione con le piante selvatiche è un piacere che va ben oltre il palato. Dedicarsi alla ricerca e alla raccolta di erbe consente non solo di ritrovare sapori speciali, ben lontani da quelli a cui siamo abituati, ma di riavvicinarsi alla natura, di viaggiare a ritroso nel tempo, seguendo le tracce di coloro che prima di noi hanno compiuto gli stessi gesti e provato la stessa soddisfazione nel contemplare questo pregiato raccolto di Madre Natura.
Le ricette della tradizione
Frittelle di salvia dei prati Una trentina di belle foglie grandi di salvia dei prati, due uova, farina e olio extravergine di oliva q.b. Preparazione: sbattete le uova con un pò di sale e immergetevi le foglie di salvia. Passatele nella farina e poi friggetele in abbondante olio di oliva. Quando appariranno dorate scolatele e ponetele ad asciugare su della carta assorbente da cucina.