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Bosco di abeti

Da oltre 50 giorni non piove sul Piemonte e la situazione si fa sempre più critica per il rischio incendi boschivi. A farne le spese, anche le foreste di abeti come questa, vittime dei fenomeni climatici estremi causati dai cambiamenti climatici che mettono a dura prova questi ecosistemi. 

  • Testo e foto di Filippo Cravero*
  • Gennaio 2022
  • Giovedì, 3 Febbraio 2022
Bosco di abeti

Inverno 2020. Dopo una forte nevicata durata tutta la notte, la mattina esco per fare qualche scatto. L'atmosfera è silenziosa e il bosco di abeti del versante di fronte, a essere precisi si tratta di una pecceta, ovvero un bosco di Picea abies, è totalmente imbiancato.
In montagna, oltre una certa quota le foreste di latifoglie a cui siamo abituati in pianura e collina lasciano il posto a boschi di conifere. Sulle nostre montagne possiamo trovare soprattutto larici - unica conifera che perde gli aghi durante l'inverno -, abeti e pini. Queste piante sono le uniche in grado di raggiungere quote ragguardevoli: le possiamo trovare fino ai 2200 metri di quota, a seconda dei versanti.

In montagna i boschi sono sempre stati di grande importanza per le popolazioni locali: per il legname, la costruzione di baite e per il calore delle stufe ma avevano, e hanno tuttora, un importante ruolo nella prevenzione di frane e valanghe. Le loro radici, infatti, trattengono la terra e impediscono che lungo i pendii la terra frani verso valle, dove spesso ci sono i centri abitati. In inverno, invece, sono i boschi fitti con le loro chiome a trattenere la neve e a prevenire il distacco delle valanghe, rallentando, nel caso, la corsa con i loro fusti.

Purtroppo negli ultimi decenni i fenomeni climatici estremi causati dai cambiamenti climatici hanno messo a dura prova questi ecosistemi. Nel 2018 la tempesta Vaia ha raso letteralmente al suolo 41 milioni di alberi nel nord est del nostro Paese e, proprio in questo periodo, sono più di 50 i giorni che contiamo senza pioggia sul territorio piemontese e che rendono la situazione critica anche per il rischio incendi boschivi. Per scongiurare tutto ciò, occore prendere coscienza dell'emergenza climatica in atto e agire quanto prima.

 

Chi è Filippo Cravero*

Filippo Cravero nasce a Torino nel 1993, fin da piccolo si innamora della natura e delle montagne. Questa passione si concretizza nella scelta di studiare Scienze Naturali all'Università di Torino, dove consegue una magistrale in "Scienze e Gestione Sostenibile dei Sistemi Naturali", anche se come lui stesso dice:"Non si smette mai di essere studenti nell'ambito naturalistico". Già dal periodo universitario collabora con alcuni parchi naturali tra i quali il Parco nazionale Gran Paradiso dove ha svolto un anno di servizio civile.

Si appassiona alla fotografia naturalistica quasi per caso, durante gli anni dell'università e da lì inizia il suo sodalizio con la reflex, dalla quale non si separa mai, tenendola sempre al collo a portata di scatto. Per lui, la fotografia naturalistica è fatta di lunghe attese e innumerevoli uscite a vuoto, e dice che prima di tutto bisogna imparare a conoscere gli ambienti e le abitudini degli animali.
"La soddisfazione più grande è quando ti rendi conto di essere parte della natura, i caprioli accettano la tua presenza e continuano a brucare tranquilli a qualche decina di metri da te, mentre gli uccelli, incuriositi, si posano sui rami più bassi", racconta.

Nell'ottobre 2021 è diventato Guida ambientale Escursionistica e la sua idea è quella di avvicinare le persone al mondo naturale, guidandole attraverso un processo di scoperta di quello che le circonda. Conoscere è infatti il primo passo per proteggere.


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