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Alta Valle Antrona, un nuovo parco per l’Ossola

Appartata e solitaria l'Alta Valle Antrona è l'ultimo nato tra i Parchi naturali regionali. Ottocento ettari di ambiente protetto, ma soprattutto opportunità di sviluppo per la valle

  • Aldo Molino
  • dicembre 2010
Venerdì, 3 Dicembre 2010

Non impervia come la Val Grande, non dolcemente prativa come Veglia-Devero, la Valle Antrona è un mondo a parte: montagna incontaminata, montagna antica o molto più semplicemente montagna. Stretta e angusta, dal fondovalle del Toce, appena prima di Domodossola, si arrampica fino alle conche pascolive prossime alla Svizzera. Il severo Pizzo d'Andolla, 3656 m, è la cima più elevata di tutta l'Ossola e punto d'inizio della catena di montagne che in territorio svizzero culmina nei 4000 metri della Weissmies. Dal Pizzo d'Antigene invece si origina la giogaia di monti che la separa dalla Valle Anzasca e dal Monte Rosa. Emarginata dai grandi flussi turistici e dalle vie di comunicazione, in Valle Antrona il tempo sembra essersi fermato, e non è raro incontrare ancora donne dell'alta valle con il costume tradizionale della festa o del lavoro indossato non a fini folklorici. Dopo l'abbandono delle attività tradizionali e il fortissimo spopolamento, la valle ora sembra puntare a un turismo di qualità e sostenibile. Prima del Sempione e del tunnel ferroviario, i transiti con il Vallese seguivano la via più breve attraverso il passo di Saas: da qui l'interesse strategico della valle e la presenza di strutture monastiche a vigilare affinchè pericolose eresie protestanti non penetrassero in Italia. A Monteschieno, prima della fillossera e della peronospora, esistevano estesi vigneti eredi di una tradizione forse millenaria. Interi versanti nei secoli sono stati terrazzati per adattarli alla cultura della vite: muri megalitici, scale di pietra, ripari sotto roccia, canali drenanti, rimandano a epoche dove la fatica era compagna quotidiana. Viganella, come testimonia l'antico edificio che ne ospita il museo, è stato il centro nevralgico di quella che fu anche chiamata la La valle del ferro. Le miniere già conosciute dai romani, a partire dal 1200 furono sfruttate sistematicamente; la loro presenza è all'origine dell'importante centro siderurgico di Villadossola. La qualità del minerale, l'accessibilità dei filoni, l'abbondanza di legname per i forni fusori che si trovavano in loco hanno determinato lo sviluppo di un'attività che nel XVI secolo impiegava fino a 500 persone per una produzione stimata di 100 tonnellate l'anno. Le miniere si trovavano soprattuto sul Monte Ogaggia in Val Brevettola, dove ancora si possono vedere gli antichi cunicoli e i resti dei villaggi minerari.
Un altro museo, quello dell'oro di Locasca (frazione di Antronapiana), racconta di come a partire dal 1700 la raccolta del ferro e la sua lavorazione vennero abbandonate a favore dei più redditizi minerali auriferi. Nei valloni di Trivera e del Mottone e lungo il torrente Ovesca, furono installati molti molinetti del tipo piemontese per la macinazione e amalgamazione del minerale aurifero, che veniva estratto e trasportato a spalle dalle località Mottone, Mee, Fajot, Trivera, Frisa, Cave del Bosco, Asino, Canna, Colmigia e Salto. Cessate definitivamente per motivi economici nel 1945 le ricerche aurifere, è stato l'oro bianco dell'idroelettrico a tenere banco a partire dagli anni '20 del secolo scorso, sino a che l'automazione degli impianti ha ridotto drasticamente le opportunità di lavoro. Alcune delle migliori aree pascolive furono trasformate in impianti idroelettrici. Antrona, Cavalli, Cinghino, Campliccioli, Camposecco sono i principali invasi artificiali realizzati in quel periodo. L'area protetta vera e propria, istituita nel dicembre 2009 e affidata al nuovo Ente di gestione dei parchi Ossolani (ex Veglia-Devero), interessa il versante destro idrografico della Valle Antrona a monte di Viganella comprendendo un tratto di fondovalle dove sono localizzati gli insediamenti storici di questo comune e la testata di valle con la Val Troncone, la Val Banella e il tratto superiore della Val Loranco. In essa ricade parte della ZPS Alte valli Antrona e Bognanco, facenti parte della "Rete Natura 2000". Dislivelli, substrati geologici, condizioni meteorologiche determinano una pluralità di habitat e quindi di specie presenti. Una quota consistente del territorio è occupata dal bosco (ci sono anche faggete e abetine e piccoli nuclei di pino uncinato), che in alto cede spazio ai pascoli, alle praterie di alta quota e agli arbusteti.
La flora, ancora poco conosciuta, è interessante perché la zona rappresenta il limite di diffusione delle specie endemiche occidentali come Semprevivum grandiflorum e Senecium halleri, ospita specie rare come Androsace vandelli o Drosera rotundifolia, piccola pianta carnivora tipica delle zone umide, o la Tozzia alpina che sulle montagne ossolane è altrimenti presente solo in Val Formazza. 84 sono le specie di uccelli nidificanti, tra cui il francolino di monte, la civetta nana, la civetta capogrosso, mentre tra i mammiferi sono presenti i principali ungulati (camoscio, capriolo, stambecco, cervo) e i mustelidi (ermellino, donnola, martora); alla fine degli anni '90 sono state trovate tracce di un felide attribuite alla lince, la cui presenza non è però stata più confermata. Di eccezionale interesse sono infine i lepidotteri con una cinquantina di specie tra cui la "farfalla più rara d'Europa": l'Erebia christi. Giova qui ricordare come molte farfalle che all'osservazione appaiono assai simili tra loro presentino nei fatti apparati riproduttivi esclusivi propri solamente a maschi e femmine di quella specie. Se l'estate è la stagione per percorrere i sentieri in alta quota alla ricerca degli ambienti tipici dell'alta montagna, d'inverno, quando la neve ridisegna i paesaggi, la valle assume un aspetto severo e al tempo stesso magico. Per ritrovare il sole bisogna quasi sempre salire in alto e per incontrare la natura è indispensabile calzare le ciaspole, se la neve ovviamente lo permette, tenendosi comunque lontano dai pendii e dai canaloni valanghivi. Ad Antronapiana si trova una pista da sci di fondo che si snoda sui pendii dove si è abbattuta la grande frana, e anche una pista di pattinaggio su ghiaccio, mentre a Cheggio una sciovia e un tapis roulant frequentati dai locali costituiscono un bel terreno di gioco per i bambini. Molti e spesso impegnativi sono anche gli itinerari di sci alpinismo.

Per informazioni:
Ente di gestione Parchi Ossolani viale Pieri 27, 28868 Varzo, tel. 0324 72572

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