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Quando il pascolo contrasta le piante esotiche

Nel Parco del Po piemontese c'è una attiva collaborazione con la pastorizia locale: portando i loro animali in determinate aree, i pastori offronto un importante contribuito nel controllo e nell'eliminazione di molte specie vegetali invasive che finirebbero, altrimenti, per prendere il sopravvento sulla vegetazione autoctona. 

  • Laura Succi
  • Novembre 2021
Giovedì, 2 Dicembre 2021
Gregge a Palazzolo Vercellese - Foto M. Melis Gregge a Palazzolo Vercellese - Foto M. Melis

Qua e là antichi cascinali abbandonati, a fianco di una strada tortuosa e piena di buchi e un saliscendi di argini dal quale ci si addentra in un'ansa del Po, accessibile da soli due guadi. Da una parte c'è il Sesia, dall'altra parte il Po. "E' un posto lontano da Dio, per quello ci vogliono fare i rave party e qualche volta ci sono anche riusciti: ne abbiamo viste di ogni tipo, compreso un camion che trasportava casse acustiche sui ghiareti", dice Mauro Melis. Questo è un posto che non si può spiegare a nessuno come arrivarci, l'unico modo è dargli le coordinate".

Mauro Melis fa il pastore da quando, saltando con i fratelli su e giù per le rive, cadeva e si sbucciava le ginocchia. E' nato in questa terra, a Mede, ma la sua famiglia è sarda, arrivata in Piemonte negli Anni '70.

"Ero un bambino quando ho iniziato, la storia è lunga. E' una passione che mi hanno trasmesso mio padre e, prima di lui, mio nonno... A un certo punto devo aver picchiato la testa, così mi sono messo in proprio e ho pensato di fare le cose in grande. Sapete perché? Perché sono innamorato di questi posti: aria aperta, natura, poca gente e nessun virus", continua. 

A dirla tutta, Melis in altri tempi ha anche giocato a guardie e ladri con i guardiaparco che vigilano sul Po. In quei tempi l'Ente parco non dialogava coi pastori, c'era la convinzione che gli animali al pascolo disturbassero la fauna selvatica e facessero danni alla vegetazione. Così, per tanti anni, Mauro ha studiato "il nemico", lui che ha visto tante volte i suoi animali passare a fianco dei nidi. "Tanti dicono che li schiacciano e invece no: gli animali passano a fianco dei nidi, perfino di un fagiano acquattato... ma se ci passo io... quello parte ai 200 all'ora! L'anno scorso c'erano le gru e mangiavano tutte insieme: quanto arrivavo io, via tutte! Si vede che non mi sono ancora animalizzato abbastanza!", dice sorridendo. I suoi animali, che lui definisce parte della sua famiglia, sono oltre mille: per la precisione 950 pecore di razza bergamasca e biellese, 30 capre e 120 mucche.

Il pascolo contrasta le specie vegetali esotiche

Se in passato l'idea era che pastori e mandrie non fossero per nulla compatibili con le Aree protette, negli anni ci si è dovuti ricredere: anche perché oggi le aree naturali hanno grandi problemi con la flora esotica che, senza pastori, non è possibile gestire. Così si fa un lavoro di squadra: i tecnici del parco danno le indicazioni, i guardiaparco provvedono a vigilare e a far rispettare le prescrizioni impartite, i pastori dirigono pecore, capre, mucche e cani, a ciascuno la sua parte.

Da ormai quattro anni il signor Melis ha una convenzione con l'odierno Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese: ha in mano una carta semaforo del territorio che indica le zone a disposizione per il pascolo, quelle dove pascolo e sosta sono interdette e le aree di divieto di transito e sosta degli animali, il tutto previo accordo con i proprietari dei terreni. Le limitazioni sono dovute a motivi importanti che riguardano la salute e la cura dell'ambiente: per quanto riguarda l'attività di Melis, ci sono delle regole da seguire per tutelare una specie protetta, l'averla piccola (Lanius collurio) e preservare l'ambiente in cui vive.

Dove si può (o non si deve) pascolare

"L'averla piccola èuna specie di interesse comunitario la cui presenza è in diminuzione un po' ovunque e per la quale sono in atto strategie di tutela" spiega Laura Gola, tecnico faunistico del Po piemontese. "Uno dei grandi problemi di conservazione dell'averla piccola è l'eliminazione di siepi e nuclei di arbusti che ha portato a un impoverimento degli ambienti aperti in cui vive, soprattutto in pianura: per questa specie è infatti fondamentale la presenza di zone arbustive per nidificare e costruire 'dispense' di cibo, in particolare arbusti spinosi in cui infilza topi, arvicole, grossi insetti come i coleotteri e altre prede. Per contrastare questo fenomeno realizziamo rimboschimenti, con particolare attenzione proprio alla presenza di quegli elementi fondamentali per gli ecosistemi che sono gli arbusti. In questo tratto di fiume, uno dei pochi in cui l'averla piccola è tuttora presente come nidificante in ambito planiziale, anche la pastorizia è di grande importanza in quanto offre una notevole disponibilità di cibo a questo uccello che si nutre di piccoli vertebrati e di grossi insetti, numerosi nelle aree pascolate anche per la presenza delle deiezioni degli animali".

"L'averla piccola è una specie migratrice - prosegue Gola - nelle Aree protette del Po piemontese il passo primaverile si concentra soprattutto in aprile. Da maggio alcune coppie si fermano a nidificare: le abbiamo seguite negli anni, con monitoraggi specifici sulle coppie e sul loro successo riproduttivo, anche in questa zona che abbiamo riscontrato essere una delle roccaforti della specie. Per questo motivo abbiamo concordato con il pastore alcune zone in cui non è possibile pascolare proprio durante il periodo riproduttiva, da maggio a luglio."

La zona in oggetto ha una grandezza di circa 400 ettari ed è compresa tra i comuni di Casale Monferrato (AL) e Valmacca (AL), alla confluenza tra Po e Sesia. Fa parte di due aree tutelate dalla Rete Natura 2000, in cui sono presenti piante rare come la sagittaria (Sagittaria sagittifolia), il sedano d'acqua (Apium nodiflorum) e l'erba vescica delle risaie (Utricularia australis), una pianta carnivora che in luglio punteggia le acque coi suoi fiori gialli.

Come ti bruco le piante invasive

C'è anche altro nella convenzione a cui deve attenersi il pastore: indicazioni di buon senso, come porre attenzione ai danni da calpestìo che troppi animali possono causare alla vegetazione in uno spazio limitato, ad esempio.  Gli animali devono sempre essere seguiti da un numero sufficiente di addetti, per evitare sconfinamenti o danni alle coltivazioni agricole. I punti di abbeverata devono essere gestiti con diligenza, in relazione al regime idrologico del Po. Anche i cani vanno tenuti con cura: durante la sosta notturna non devono vagare liberamente e devono essere trattenuti nei pressi del bestiame con tutte le dovute garanzie di benessere e dotati di sistemi di riconoscimento con microchip.

Inevitabilmente non sempre tutto funziona come dovrebbe e, in quel caso, è il pastore che ci deve mettere del suo. Melis anche su questo punto non esita a prendersi le sue responsabilità. "Non è sempre facile ma quando qualcosa va storto bisogna quanto meno avvisare. A me è capitato che mi scappassero le pecore. Sembravano diavoli impazziti, non riuscivo a capire il motivo, ancora non sapevo che era la Reynoutria (pianta esotica invasiva) a solleticarle. Con gli animali succede sempre qualche imprevisto, e se i pastori non sono rispettosi dei pascoli e delle proprietà altrui e permettono ai loro animali di entrare in qualunque campo, si danno la zappa sui piedi da soli ed è spesso per questo motivo che vengono emesse ordinanze di divieto di pascolo".

La Reynoutria japonica, comunemente detta poligono del Giappone, è un arbusto infestante, una vera iattura, insieme ad altre specie come la zucca matta (Sicyos angulatus) e il falso indaco (Amorpha fruticosa), che  rischiano di compromettere definitivamente alcuni ambienti esclusivi delle aree golenali dei grandi fiumi di pianura. La Reynoutria in particolare è un problema enorme: alla confluenza fra Po e Sesia si va avanti per chilometri e chilometri senza letteralmente riuscire a scorgere i corsi d'acqua, schermati come sono da questa infestante che crea vere e proprie barriere alte anche più di tre metri. Il gregge svolge il suo lavoro benefico e, man mano che si addentra nell'intrico verde, riduce la massa di foglie. Restano solo ampie volte, simili a cattedrali in rovina, poi nemmeno più quelle. Gli studi dicono che per indebolire il poligono del Giappone servono cinque o sei sfalci l'anno e che l'intervento degli animali è un'ottima alternativa. Con il loro costante brucare le piante fanno fatica a crescere e i germogli, teneri e succulenti, sono una delizia per le pecore. Ai bovini invece piace molto meno, sono di gusti sofisticati loro. Altra cosa non da poco è che gli animali possono arrivare dove braccia e attrezzi umani non arrivano, sui blocchi di cemento che difendono argini e sponde ad esempio.

La zucca matta quest'anno si è arrampicata fin sul mais e, visto che per la sua presenza non è stato possibile fare il taglio consueto, ancora oggi nel bel mezzo di qualche campo spiccano torri vegetali. Anche la graziosa pianta dei pappagalli (Asclepias syriaca), originaria del Canada meridionale e della parte degli Stati Uniti a est delle Montagne Rocciose, erba invasiva di interesse unionale, è micidiale. Bella davvero, mellifera, attira più di 450 specie di insetti, tra i quali mosche, coleotteri, formiche, api, vespe e farfalle, che prelevano il suo nettare, ma è una pianta tremenda da debellare. Per le pecore è tossica, così deve essere falciata manualmente dal pastore.

Possiamo dire che sono piante infestanti arrivate in "autostrada": il fiume è infatti a tutti gli effetti un mezzo di spostamento super veloce per i semi e anche le alluvioni hanno contribuito alla loro diffusione.  La Sesia, a monte del Parco naturale del Po piemontese, è già invasa dalla Reynoutria, specie introdotta a scopo ornamentale un po' ovunque nel Mondo. 

... E il lupo?

Come tutti i pastori dei nostri tempi anche Melis ha a che fare con il lupo, che in queste zone è solo di passaggio e non ha mai creato grossi problemi. Solo una volta gli ha mangiato un vitello: "Ce n'è sempre stato uno solo ed è parecchio che non lo vedo, quella volta ha fatto davvero un lavoro di fino, non ha sprecato niente, è rimasta proprio solo la carcassa".

La morale è che per costruire un modo integrato di gestire pascoli e infestanti occorre venirsi incontro con rispetto reciproco. E' in questo spirito che anche altri pastori hanno già accordi con il Parco a presidio di molti territori delle Aree protette del Po piemontese, come l'Isola Sant'Antonio, la fascia fluviale del Torrente Scrivia, la Riserva naturale dell'Isolotto del Ritano, la confluenza Po-Orco-Malone, le Lanche di Santa Marta e di San Michele - per citarne alcuni - e altri pastori ancora si uniranno ancora per perpetuare una pratica antica, e utile all'uomo e all'ambiente, adattandola alle esigenze dei nostri tempi.

 

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