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Parco del Po piemontese, un laboratorio per l'ambiente

In occasione della presentazione del progetto di Foresta condivisa del Po piemontese, riproponiamo un articolo dal nostro archivio che racconta una lunga storia di tutela del Grande Fiume e l'evoluzione dell'area naturale che lo accoglie, attraverso le parole di Dario Zocco, da 38 anni alla direzione delle Aree protette del Po, e oggi in pensione. 

Il progetto della Foresta condivisa verrà illustrato in una conferenza stampa giovedì prossimo, 11 novembre, nella sede della Regione Piemonte, in piazza Castello (nel rispetto delle norme anti-Covid). 

  • Laura Succi
  • Novembre 2021
Martedì, 9 Novembre 2021
In bicicletta lungo il Po | Foto T. Farina In bicicletta lungo il Po | Foto T. Farina

"Il fiume è il terminale di una rete: nel bacino idrografico i corsi d'acqua assomigliano alle innervazioni di una foglia e il Po, dove sono convogliati tutti i messaggi che provengono dal territorio, dalle Alpi, dalle colline, dalla pianura, è un po' la colonna vertebrale del Piemonte". Parole espresse da Dario Zocco, una storia lunga 38 anni di direzione delle aree protette del Po - le Aree protette del Po vercellese-alessandrino e torinese, diventate diventate Aree protette del Po piemontese dal 1 gennaio 2021, in pensione da qualche giorno soltanto. Oggi il direttore (ad interim) è Daniele Piazza.

Il sogno di riportare il Fiume Po e i terreni che lo fiancheggiano al loro ruolo originario è nato tanti anni fa (nei primi Anni '80 del secolo scorso) nelle stanze della Regione Piemonte, ma ha avuto fin da subito una spinta altrettanto forte da parte di cittadini, esperti, professionisti e amministratori pubblici del territorio interessato.

Fin da allora era chiaro che un fiume in condizioni ottimali avrebbe rappresentato un vantaggio, sia per i suoi abitanti (umani e non) sia per i suoi fruitori, ma solo da pochi anni si è cominciato a parlare di servizi ecosistemici, intesi come "benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano". Per citarne alcuni: il mantenimento della biodiversità, l'autodepurazione delle acque, la ricarica delle falde, il trasporto dei sedimenti, la mitigazione dei rischi alluvionali, la modellazione del paesaggio. Stanno tutti alla base dell'economia, anche se a volte a nostra insaputa, e spesso non rientrano ancora, a pieno titolo, nel valore monetario del prodotto di mercato che sono in grado di generare.

Ma le parole di Dario Zocco sono anche pure immagini di natura. "La Regione Piemonte è l'unica ad aver tutelato il Fiume Po nel suo insieme ed è la sola ad aver dato una pianificazione all'intero suo tratto, lungo 235 chilometri", spiega. "Nel 1990, quindi più di 30 anni fa, fu istituito un sistema di aree protette fatto di pezzi, di parti, di riserve naturali, collegati tra loro da una zona di salvaguardia avente funzione di raccordo; da qualche anno quella che si chiamava zona di salvaguardia ha preso il nome di area contigua, in sintonia con quanto previsto dalla legislazione nazionale". Poi il 1 gennaio del 2021 è nato il Parco naturale del Po piemontese, asse portante delle Aree protette del Po piemontese; raduna tutte le attuali riserve naturali presenti lungo il corso del fiume Po, con significativi ampliamenti della superficie tutelata, risalendo dal confine con la Lombardia fino a Chivasso senza sostanziale soluzione di continuità, per poi proseguire in modo intermittente fino a quello con la provincia di Cuneo, dove si raccorda con il Parco del Monviso: un corridoio ecologico che si estende per circa 200 km.

La foresta condivisa del Po piemontese

Progetto cardine del Parco naturale del Po piemontese è la costruzione di una foresta condivisa del Po piemontese, un percorso iniziato trent'anni fa e in forte sviluppo, che consiste nella messa a dimora di migliaia di alberi e arbusti locali e nella riqualificazione ambientale di centinaia di ettari di terreni, in gran parte pubblici.

Questa foresta è stata definita "condivisa" proprio perché tutti possono contribuire a costruirla, diventandone partner, a partire dalle Istituzioni sino al semplice cittadino, dalle aziende agricole, alle imprese private, alle associazioni.

Ed è proprio "condivisione" la parola più giusta da usare per arrivare a connettere una realtà così complessa e frammentata: c'è bisogno di tutti, dei Comuni, delle associazioni, ma anche degli operatori economici e dei singoli: solo così si può ricostruire la natura e dare nuova vita a specie animali e vegetali utili all'ecosistema.

Il supporto del territorio è assolutamente fondamentale.

Per Roberto Saini, Presidente dell'Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese: "Le azioni che si intendono porre in essere vedono nel nascente Ente di gestione delle Aree protette del piemontese un attore fondamentale per mettere a sistema quanto viene fatto in materia di tutela ambientale e di sviluppo sostenibile, sia a livello locale, sia in quanto parte integrante della Riserva MAB (Man and Biosphere) CollinaPo, riconosciuta dall'UNESCO, che può facilitare il collegamento con il territorio e con le azioni avviate e realizzate dai Comuni interessati".

Un parco visto dal satellite

Facendo un confronto, pure molto divertente, fra le tante foto satellitari oggi rintracciabili su internet riferite ad anni diversi, si possono facilmente osservare i cambiamenti importanti del Po avvenuti nel tempo. Se poi si osservano le carte storiche, dal confronto, diventa ancora più evidente quanto i corsi d'acqua, in generale, siano stati quasi tutti ristretti e semplificati nel loro percorso. I dati parlano chiaro: in un secolo e mezzo, da metà '800 alla fine del '900, il Po in Piemonte è stato accorciato da interventi antropici di circa 12 chilometri su meno di 250 (attualmente sono 235). È evidente che questo facilita anche il verificarsi di eventi estremi: alluvioni e magre. Per questo: "Restituire al fiume spazi per la laminazione e lo smaltimento delle piene, ricostruendo ove possibile le condizioni per la divagazione fluviale, non solo è doveroso ma è sempre più urgente perché significa anche ridurre i rischi, in particolare oggi che gli eventi che estremi sono diventati sempre più frequenti", spiega Zocco.

Non solo. Il Po, come tutti i corsi d'acqua, è un importante mezzo di trasporto per tante specie: lungo quel corridoio si spostano non solo i pesci ma anche la vegetazione, che è ferma solo in apparenza; in realtà si muove anche di parecchio lungo le sponde, attraverso i semi portati dal vento o dagli animali o dall'acqua fluente, e in occasione delle alluvioni che li trasportano anche molto lontano.

La globalizzazione del commercio, con lo spostamento delle merci, ha agevolato anche la traslocazione (volontaria e involontaria) di specie animali e vegetali, che in alcuni casi sono state classificate come specie aliene invasive. Perciò dobbiamo fare i conti con: tartarughe, scoiattoli e gamberi del nord America, l'Ibis sacro africano, la nutria del sud America, il poligono del Giappone (Reynoutria japonica che, nonostante il nome, nulla ha a che fare con l'animale "nutria"), l'ailanto (che ad Alessandria cresce sui tetti della Cittadella, a testimoniare la sua capacità di colonizzazione ma anche l'amorfa (Amorpha fruticosa), il Sicyos angulatus (detto anche "zucca matta", importato in Italia proprio per il suo elevato potere tappezzante, che in tre mesi arriva a sommergere letteralmente piante ad alto fusto come i salici e i pioppi). Per non parlare dei pesci, a partire da quel formidabile predatore che è il siluro, al persico-trota, al lucioperca, al persico sole, al pesce gatto africano, al carassio, fino alla meno nota pseudorasbora, solo per citarne una piccola parte. Un elenco infinito di specie aliene che hanno invaso la fascia fluviale e un po' tutta la pianura padana. (A tale proposito, si veda il numero speciale: Pesci esotici, l'invasione silenziosa). 

È proprio su questi temi che le aree protette, hanno un ruolo importantissimo da giocare: quello di fare sperimentazione sulla gestione dl specie e habitat, proprio puntando a ricostruire questi ultimi: "Si riduce l'invasività delle specie aliene (alloctone) e si aumentano le possibilità di vita di quelle originarie (autoctone), ricreando le condizione idonee per il loro ritorno, non riportando a forza qualche animale in un territorio che non ha più le caratteristiche per accoglierlo", dice Zocco con slancio.

Da fiume a laboratorio di sperimentazione

Ogni specie, per quanto piccola, ha un'importanza fondamentale nella rete che collega tutti gli esseri viventi, umani compresi e il modo per rendere il territorio in grado di resistere a traumi e imprevisti – oggi è di moda dire "resiliente" – è di dare loro un ambiente accogliente. Dal 2016 il Centro Emys, riconosciuto dalla Regione Piemonte, tutela la testuggine palustre europea "che si trova ad alto rischio di estinzione locale", racconta Riccardo Cavalcante, direttore del Centro che sorge su un appezzamento di terreno di oltre 3.000 m² a Livorno Ferraris, in provincia di Vercelli e ha un laboratorio complementare all'interno della Riserva naturale della Palude di San Genuario. "I pochi habitat che restano, sono alterati e inquinati non solo dalla chimica, ma anche dall'introduzione di specie esotiche e la frammentazione dei territori, impedendo lo scambio delle popolazioni, indebolisce il patrimonio genetico", continua. L'obiettivo è di ripopolare alcune zone delle Aree protette del Po ricostruendo ambienti idonei per il rilascio delle testuggini e favorendo lo scambio tra popolazioni vicine. Ogni piccolo è una nuova speranza per il Centro e quest'anno ne sono nati oltre venti (una trentina nel 2020).

Anche una torretta in cemento in disuso può diventare un'opportunità di studio e di rigenerazione: a Valenza, nel Bosco Musolino, è diventata un rifugio per i pipistrelli. Nei siti della Rete Natura 2000 di Fontana Gigante, di Ghiaia Grande e di Isola Sant'Antonio sono state installate casette in legno sostenute da alti pali, veri e propri condomini per i chirotteri (altro nome dei pipistrelli), che lì possono trovare un luogo idoneo per rifugiarsi in inverno o per riprodursi in estate. L'Ente parco ha avviato una collaborazione con l'Associazione Chirosphera e l'esperto Roberto Toffoli allo scopo di condurre ricerche sulle 15 specie di questi mammiferi volanti segnalate per il territorio di riferimento.

"Con i Comuni del parco ci si deve interfacciare per sensibilizzarli sulla necessità di puntare verso un'economia sostenibile e condivisa, ben sapendo che la sostenibilità si deve coniugare con i limiti dello sviluppo – sottolinea Zocco – a partire da zone come quelle con cui l'Ente parco si confronta quotidianamente, dove i numeri registrano una diminuzione degli occupati in settori tradizionali quali l'agricoltura e l'industria; si tratta dunque di pensare a diverse modalità di gestione delle attività tradizionali e ad altre attività economiche integrative, che siano in sintonia con l'ambiente in cui si svolgono".

La cura dell'ambiente quindi, non è una cosa astratta, ma ha un impatto forte, anche economico, sulla vita di ciascuno di noi ed è "solo grazie al lavoro degli studiosi del clima che possiamo comprendere gli scenari che ci aspettano, i feedback potenziali fra i vari ecosistemi, quantificando i rischi estremi e i costi dell'inazione – come ha mostrato brillantemente l'economista Martin Weitzman – e prevedendo le regioni e i settori produttivi maggiormente esposti, come ad esempio l'agricoltura, che in Italia e in molti Paesi verrà investita da eventi meteorologici sempre più difficili da gestire", disse Mario Draghi in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in Economia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Solo così potremo continuare ad avere negli occhi le fioriture di Monet e le anse azzurre del Po tratteggiate dal pittore sansebastianese Alfonso Birolo.

 

 

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