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Ecco cos'è la redazione diffusa dei parchi piemontesi

La compongono dipendenti dei parchi impegnati da tempo in attività di comunicazione e promozione che hanno completato un percorso giornalistico, assumendo il ruolo di 'professionista' dell'informazione e addetto stampa del parco. Tra loro non mancano naturalisti, biologi, forestali... Un valore aggiunto per la nostra redazione, ma soprattutto uno strumento per mettere in rete chi si occupa di informazione e comunicazione nelle Aree naturali protette del Piemonte e utilissimo per contrastare le fake news. 

  • Emanuela Celona
  • Settembre 2021
Mercoledì, 22 Settembre 2021
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 Foto Pixabay Foto Pixabay

 

Ha generato un certo 'tam tam' sul Web, l'articolo scritto la scorsa settimana da Ermanno Giudici nel suo Blog 'Il patto tradito', che ha raccontato un progetto in cui è coinvolta la nostra rivista: o sarebbe meglio dire, dove Piemonte Parchi è diventato un 'banco di prova'.

Un tam tam tanto gradito quanto opportuno, se ha portato qualcuno a scriverci in redazione, per saperne di più sull'ufficio stampa diffuso dei parchi piemontesi. Ed eccolo, subito accontentato!

Perchè raccontare I parchi?

"I parchi naturali esistono se qualcuno si prende la 'briga' di spiegare a tutti cosa sono, cosa fanno e a cosa servono: per questo la divulgazione naturalistica è fondamentale". Così affermava Gianni Boscolo, storico direttore di Piemonte Parchi, una ventina di anni fa. Anzi, ventuno, per essere esatti.

Qualcuno si deve prendere la 'briga' di raccontarli questi parchi, scrigno di biodiversità ma talvolta (ancora) mal digeriti, perchè visti come limite allo sviluppo locale in virtù degli 'obblighi' o dei 'divieti' che possono imporre sul territorio. E se nessuno ne spiega le motivazioni, ma soprattutto se nessuno racconta quanto vale (anche) economicamente un parco, può essere più difficile il loro radicamento sul territorio.

Un po' di storia

"Nel 1975 la Regione Piemonte cominciò il suo lungo viaggio nella istituzione dei parchi e aree protette: le Alpi Marittime, la Mandria vicino a Torino, il Veglia Devero nell'estremo nord occidentale del Piemonte e l'Orsiera Rocciavrè sono stati i primi tasselli", si legge in un nostro numero speciale, pubblicato per i 30 anni delle aree naturali protette regionali.
Nel 2005, anno di uscita di quel numero speciale (cartcaeo!) si contavano 63 aree protette, per una superficie di 160mila ettari: oggi, un tweet ufficiale della Regione Piemonte annuncia 94 aree protette per oltre 200mila ettari di biodiversità. Con tutta evidenza, numeri in crescita, che è importante saper raccontare, in termini di protezione, ricerca, divulgazione e territorio (quella PRiDiTe di cui scrive Luca Giunti sul sito dei Parchi Alpi Cozie).

Dalla carta al Web, di strada ne è stata fatta, anche nella cultura della biodiversità: basti pensare che, finalmente, parliamo di capitale naturale (di recente è uscito il IV Rapporto su quello italiano) ovvero quello stock di risorse naturali che forniscono alle persone beni e servizi importanti a cui possiamo – o dovremmo imparare – a dare un valore anche economico. Un esempio su tutti? La capacità degli ecosistemi in salute di contrastare la crisi climatica in atto di cui, invece, spesso non siamo consapevoli.

Perchè una Redazione 'diffusa'

E' per raccontare tutto questo che il settore Biodiversità e Aree naturali della Regione Piemonte, insieme con la nostra rivista, ha deciso, nel 2019, di costituire un ufficio stampa 'diffuso' dei parchi: ovvero di cominciare un percorso di professionalizzazione di alcuni dipendenti degli Enti di gestione delle Aree protette, al fine di individuare, sul medio/lungo periodo, almeno un giornalista - addetto stampa in ogni parco.

Generalmente si tratta di personale impegnato da tempo in attività di comunicazione e promozione dell'Ente ma, a seguito di una collaborazione con Piemonte Parchi, quegli stessi colleghi hanno completato un percorso giornalistico (240 articoli scritti in due anni, oltre 200 comunicati stampa) che ha dotato quasi ogni ente di un 'professionista' dell'informazione. Tra loro non mancano naturalisti, biologi, forestali... il che ha avuto il merito di rafforzare la nostra redazione di competenze fondamentali quando ci si occupa di divulgazione naturalistica.

Il percorso è tuttora in corso e, oggi, su 10 Enti di gestione, 5 hanno già un proprio giornalista (Aree protette delle Alpi Cozie, del Po piemontese, dell'Appennino piemontese, Marittime, Monviso) e due sono vicini al traguardo (Aree protette del Ticino e Lago Maggiore e Parco paleontologico astigiano).

Un progetto quindi che, essendo diffuso sul territorio piemontese, non solo rappresenta un vantaggio per il singolo ente che può contare su un professionista dell'informazione, ma diventa un risultato importante per l'intero sistema regionale dei parchi che può avvalersi di veri e propri corrispondenti locali, ovvero sentinelle accreditate e affidabili per capire cosa succede sul territorio, per poi raccontarlo.

Contrastare le fake news

E ha ragione Ermanno Giudici quando scrive che con questo ufficio stampa diffuso la Regione Piemonte si è dotata anche di uno strumento per contrastare le fake news: in un contesto dove l'ecosistema informativo è subissato di notizie false e si fatica a verificare autenticità e autorevolezza delle informazioni, poter contare su fonti autorevoli (e preparate) che si interfacciano con i media locali e non, condividendo contenuti certi, di valore scientifico, tradotti e spiegati, è sicuramente un fiore all'occhiello e uno strumento d'avanguardia per la nostra Regione che potrebbe essere d'esempio anche per le altre realtà. 

Avere un giornalista in ogni parco, significa superare il concetto per cui la natura fa notizia solo quando è cartolina (e quindi bellissima, da visitare) oppure tragedia (e quindi, vittima, delle azioni dell'uomo). Certo, la natura è questo ma è anche molto di più: è un capitale naturale che ha un valore nella nostra quotidianità, tanto da ribaltare l'idea della conservazione che da fastidioso vincolo, può invece diventare una risorsa.

La parola ai neo-addetti stampa

Lorenzo Vay, Appennino piemontese. Sono stato tra i primi a condividere il progetto e ho espresso subito la mia entusiastica approvazione sia per la possibilità di crescita professionale, sia per la costituzione della prima struttura operativa di Sistema per la comunicazione dei Parchi piemontesi. Dopo anni di lavoro nella comunicazione delle Aree protette dell'Appennino piemontese, diventare giornalista è stata un'emozione grandissima. Leggo Piemonte Parchi da quando sono un ragazzino e ho sempre considerato la rivista una fonte di informazioni naturalistiche interessanti e formative. Trovare oggi il mio nome tra quelli della redazione è motivo di grandissimo orgoglio e sicuramente uno stimolo per il mio lavoro ma il progetto di individuare un addetto stampa per ogni parco è fondamentale per mettere in atto una comunicazione regionale che rappresenti e descriva al meglio le caratteristiche, le attività, i progetti, le iniziative delle Aree protette del Piemonte.

Nadia Faure,  Alpi Cozie: "Poter essere accompagnata dal gruppo redazionale che Piemonte Parchi ha creato è un grande aiuto: avere con chi condividere i propri contenuti è una grande sicurezza e poi a ogni articolo, si apre un mondo... e si conoscono nuove persone che arricchiscono! ".

Luca Giunti, Alpi Cozie. Ho sempre pensato che raccontare la natura, le donne e gli uomini che la proteggono, la studiano, la lavorano, sia un dovere non secondario dei parchi e del sistema regionale. Poterlo fare in maniera continuativa, ben diretti e ancor meglio accompagnati da colleghi e critici, lo considero dunque un lavoro come si deve, di quelli che ti danno la soddisfazione di esserti guadagnato lo stipendio. Il mio compagno di pattuglia lo definirebbe "an travajot bin fait".

Raffaella Amelotti, Po piemontese. Una sfida che ho accettato, scrivendo di temi che mi sono più vicini per formazione e interessi personali, poi gli altri sono venuti da sé. Lo scoroso luglio ho concluso il mio percorso con più di 6 mesi di anticipo. Una bella soddisfazione! E una scelta che ha arricchito il mio bagaglio culturale: ho scritto di architettura, di bioedilizia, ho raccontato il mio smart working e poi passeggiate in natura. Mi sono appassionata di flora, migrazioni e nuovi arrivi faunistici, spesso con il contributo di esperti in materia che non smetterò mai di ringraziare. E chissà se un domani, non troppo lontano, questa non diventi la mia occupazione principale!

Laura Succi, Po piemontese. Diventare addetto stampa di un'area protetta significa diventare uno strumento in più per lavorare a salvaguardia della natura. Il che significa mettere le mani in pasta, potersi addentrare tra chi lavora in prima linea per la biodiversità, scavare, scoprire, conoscere nuovi argomenti, mondi e mondi, e riflettere. Inoltre, far parte di un gruppo è un sostegno, anche nei momenti difficili: questo progetto di ufficio stampa diffuso ha rinsaldato i rapporti con i colleghi degli altri enti-parco e questa interazione migliora la comunicazione di tutto il sistema Parchi. In un momento come questo, "l'epoca della transizione ecologica", i parchi dovrebbero far viaggiare la macchina della comunicazione a mille chilometri l'ora!

Alessandra Fassio, Paleontologico astigiano. Credo fermamente nel lavoro di squadra! Condividere problematiche può aiutare a risolverle, e per chi come me è principiante, è utilissimo ascoltare e apprendere dalle modalità di lavoro altrui.

Paola Viviana Trovò, Ticino e Lago Maggiore. Il mio percorso è iniziato per caso, e sempre per caso mi sono ritrovata a lavorare sullo speciale 'Pesci esotici, l'invasione silenziosa'. Mi è piaciuto? Sì!
Mi è piaciuto il lavoro di squadra, di una super- squadra (così come l'ho chiamata io), ognuno con il suo ruolo, il proprio compito. Mi è piaciuto perché è importante raddrizzare il tiro nell'eccessiva semplificazione, sensazionalizzazione o temporaneità di un fatto o di un problema, per dimenticarsene subito dopo. Soprattutto in ambito naturalistico è importante andare 'oltre' la notizia. Ma, più di tutto, è stato umanamente e professionalmente gratificante lavorare con persone che – anche a causa del Covid – non ho ancora incontrato personalmente. E dunque, perché non continuare? Ed eccomi qui pronta (anche se è un percorso molto più impegnativo di quel che pensassi).

 

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